Erano passati circa due mesi da quando aveva trovato quello strano oggetto, se lo ricordava bene. Quella mattina era andato un po’ in giro per il giardino, stava arrivando la primavera, l’aria aveva quel non so che di frizzantino, si cominciava a sentire il profumo dei fiori, e i colori, oh, erano veramente brillanti, i gialli, i rossi, i bianche e tutti quei verdi… Si era scansato appena da quella strana pianta pelosa che sempre gli pungeva un po’ le zampe e nel farlo, sotto un cespuglio, aveva notato quello strano oggetto, tondo, di metallo, aveva qualcosa dentro che si muoveva. Lo aveva annusato per sicurezza, lo aveva capovolto, ma non sembrava pericoloso. Lo aveva rimesso dritto, aveva continuato a guardarlo, aveva aspettato per vedere se si muoveva, ma niente, nessun movimento. Allora si era nascosto dietro un grosso albero e lo aveva spiato per un po’, niente, non aveva dato segno di vita e nessuno era venuto a cercarlo. Non aveva una idea precisa di cosa poteva essere, però aveva deciso di tenerlo di vista, caso mai potesse servire. Da quella mattina era tornato varie volte a controllare che fosse ancora l, che non fosse andato via, poi per un po’ se ne era scordato.
Due mesi dopo, una mattina, appena sveglio, mentre si stiracchiava e si sciacquava gli occhi, aveva avuto una illuminazione hai visto mai che quella scatolina tonda era magari una bussola da giardino? Sua madre gliela descriveva spesso, e la forma corrispondeva, aveva un vetro sopra, questo se lo ricordava, e anche questo corrispondeva. Aveva dentro una strisciolina come una piccola lingua, e anche questo gli sembrava di ricordare. Come era contento da quando aveva formulato quel pensiero, gli sembrava di avere ritrovato un po’ la madre. Era lei che gli diceva sempre da piccolo quanto sarebbe stato fortunato a trovare una bussola da giardino. E gli raccontava che era un oggetto specialissimo, che permetteva a chi la comprendesse di saper dove era quel fiore e dove quell’altro. E più di tutto trasmetteva i messaggi dei fiori, sentiva i loro sussurri quando erano tristi e spaventati, le risate quando erano allegri e cantavano, o i sospiri quando erano preoccupati per la sorte dei loro amici.
Felicissimo e speranzoso, era uscito dal laghetto, e con quella sua camminata ballonzolante era andato a cercarla di nuovo sotto il cespuglio, sicuro che fosse ancora l. Aveva girato un po’, perch, diciamolo, non riusciva a riconoscere il cespuglio che nel frattempo era cresciuto e con i nuovi rami nascondeva il suolo sottostante. Poi, lo aveva trovato, con il corpo aveva spostato la pianta, si era anche fatto qualche graffio, era l, non si era mossa. L’aveva spostata, ripulita un po’ alla meglio con le sue zampone ed era stato a rimirarla contento di averla ritrovata. A un certo punto aveva deciso che era arrivato il momento di provarla, o meglio, giacch era sicuro di avere trovato una bussola da giardino, si era semplicemente posto ad ascoltare.
Se qualcuno fosse passato di l avrebbe potuto ammirare uno spettacolo inconsueto, di quelli che si vedono una volta nella vita, e talvolta solo nei sogni più dolci. Un grosso ippopotamo, disteso morbidamente su un prato fiorito, stringeva come poteva tra le zampe una piccola scatolina tonda di metallo. E la sorpresa non finiva qui, l’ippopotamo aveva la testa un po’ sollevata come se stesse ascoltando con grande attenzione un discorso segreto sussurrato. Aveva gli occhi sognanti e sorridenti, e forse sognava, sognava davvero. Magari di volare.
* Carla Isernia (napoletana) è professoressa di Chimica generale e inorganica alla Seconda Universit di Napoli. Frequenta il laboratorio di scrittura creativa fondato da Antonella Cilento