La canzone napoletana ha finalmente un suo archivio dopo decenni di progetti privi di idee, volont e capacit di alcuni amministratori. Ora è realt voluta da Regione, Comune e Rai di Napoli, unica depositaria di più di 100.000 oggetti multimediali della musica più bella del mondo ascoltata, cantata da ogni ceto ad ogni latitudine, studiata a scuola in Giappone, interpretata da Caruso, Pavarotti, Carrera, Domingo, Sinatra, Aznavour, Charles, Presley, Cartney, Pontes, Veloso, Mathieu, suonata nei più famosi teatri anche da orchestre militari. La sede è la casina pompeiana sorta nel 1861, data storica, sita nella Villa comunale adiacente alla Cassa armonica in stile liberty e alla baia circondata dalle perle Sorrento Capri Procida Ischia Posillipo Mergellina muse ispiratrici delle più romantiche melodie.
L’archivio storico della canzone napoletana è emeroteca per tutti, studiosi, artisti, turisti. E’ museo in continua evoluzione per aggiornamenti periodici con documenti, spartiti, testi, clip, registrazioni audio e video, immagini, compilation, locandine, opere di poeti musicisti e interpreti di ogni epoca e genere musicale italiani e internazionali. Tra gli italiani Barra, Luce, Arbore, Magnani, Totò, Ferri, Taranto, De Sica, Di Capri, Bennato, Daniele, Murolo, Carosone, Dalla, Mina, Bruni, Sastri, Almanegretta. Si potranno ascoltare brani rari, leggere le classifiche di canzoni e degli autori più interpretati, dei cantanti col più vasto repertorio.
Napoli è l’unica citt al mondo che ha una storia secolare nella musica operistica sinfonica e un repertorio intenso vario dotto pregevole di melodie classiche e popolari dal XIII secolo.In Italia, “patria del bel canto”, solo alcune citt hanno qualche canto o ballata popolare che non superano i confini comunali. “Porta un bacione a Firenze” è una cartolina sdolcinata. A Roma si cantano stornelli gaudenti inneggianti all’amore sotto il Cupolone, al venticello del Ponentino, alla banana, ai tramonti del Pincio e Gianicolo, alle passeggiate lungo il Tevere, alle scampagnate fuori porta. E’ lo stile di vita godereccio che Fellini, attento osservatore, denuncia nei film “La dolce vita”” 8 e mezzo””Roma”. Napoli, con la sua antica storia di invasioni, domini stranieri, eruzioni, pesti, fame, povert , lotte civili per la libert , canta il suo dramma esistenziale; canta i suoi dubbi e le sue incertezze sul futuro. Canta il suo peregrinare per il mondo in cerca di fortuna solo per vivere. I menestrelli cantano ” Roma non fa la stupida stasera” e ” come è bello far l’amore quando è sera con una pupa che è sincera” ed Aurelio Fierro, ironicamente, si strugge per “Lazzarella” e Totò canta, con voce languida, tragicamente il suo inno d’amore per essere stato tradito in “Malafemmina”. La luna romana, specchiandosi nel Cupolone, amoreggia complice con gli amanti, invece, la luna napoletana, rossa, induce a lunghe ed estenuanti attese, a delusioni, ad amori non corrisposti. A Roma si fa festa col vinello a Trastevere ed è veramente festa gioiosa ma, nella nostra citt , alla festa del Patrono, succede una inaspettata tragedia si perde Zaz e con lei l’illusione di aver lottato invano per la Libert nella lotta partigiana del settembre 43. La disperazione dell’amante in”Affacciate alla fenestra” che aspetta, in strada cenno di saluto alla finestra della stanza da letto in cui lei amoreggia col marito. In “fenesta che lucive” il dolore della morte della sua giovanissima “nenna mia” in attesa di sposarla “Addio, fenesta; restate nzerrata”. “Santa Lucia” “Torna a Surriento” “Lacrime napulitane” sono i canti che gli emigranti fischiettano in solitudine. Roma “è bella quando piove” e Napoli quando”chiovve chiovve a zeffune” ed è triste. “Gastone” di Ettore Petrolini ha ironia e sarcasmo partenopeo sulla scena, davanti ad un pubblico di gerarchi, indolente, capelli impomatati, come uso dei maschi fascisti, piega amara sulla bocca, triste in volto, voce marcatamente effeminata e beffarda, con movenze da pigro rammollito, si prende gioco del suo rozzo pubblico che, divertito, privo di cultura stupidamente applaude.
Nella memoria culturale della canzone napoletana vanno ricordate canzoni che sentiamo cantare ancora oggi Jesce sole (1200), Michelemm -1650, Fenesta vascia-1700, Lo guarracino – 1768, Canzone marinara di Donizetti, Santa Lucia, Lu cardillo, Funicul funicula, Era de maggio, Catar, Lil Kangy, Palomma e notte, Core ngrato, Maria Mar, O sole mio, A vucchella di D’Annunzio, Voce e notte, Sona chitarra, O paese d’o sole, Dicitencello vuie, Reginella, I’te vurria vas , Nin Tirabusciò, Torna maggio, Oil oil , A Frangesa, Carmela.
Anche la tradizione della canzone viene dal mito di Partenope e dalla cultura greca nel ricordo di Omero, primo poeta cantore della storia tessuta sulle sponde del Mediterraneo.Napoli, capace sin dalle origini di assemblare le diverse culture dei paesi del Mare nostrum, tende ad andare oltre alle culture greco-latine nel teatro con le Atellane portando in scena personaggi popolari e nel canto non eroi e dei ma la Natura, sole mare fiori frutta paesaggi, e i sentimenti di ogni essere umano sogni amori delusioni sacrifici voglia di Pace e Libert .
La canzone napoletana nasce dalla poesia a cui si aggiunge la musica per renderla più piacevole da ascoltare cantare e accessibile ad ogni ceto sociale anche a chi non sa leggere.Essa non va considerata leggera e popolare per i suoi contenuti essendo opera di musicisti e poeti noti insigniti alcuni del Premio Nobel. Tra i poeti S. Di Giacomo, V. Russo, G. Capurro,Donizetti, G. Turco, S. Rosa, E. Murolo, E. Nicolardi, L. Bovio, R. Galdieri, E.A. Mario, G. Capaldo, S. Palomba. Tra i musicisti V. Bellini, P. M. Costa, S. Bruni, F. P. Tosti, L. Denza.
La Casina ospiter giovani talenti che si esibiranno con le loro nuove proposte musicali. La Villa, sorta nel 1788 su idea di Ferdinando IV e progettata da Carlo Vanvitelli, torner al suo antico splendore permettendo il passeggio tra olmi tigli aiuole fontane statue elleniche ed anche l’ascolto di antiche melodie e di nuove sonorit . Un altro tassello dell’ampio mosaico che si sta costruendo per incrementare il turismo e la rinascita culturale della citt .
Mark Twain, giornalista a Filadelfia, a Napoli nel 1868 scrive ” Alle sei della sera, sulla riviera di Chiaia si svolge la passeggiata in carrozza per due ore si può assistere al passaggio della processione più variopinta e promiscua che occhi umani abbiano mai visto e contemplato”. Sul Vesuvio “Vedere Napoli come noi la vedemmo nella prima alba, significa vedere un quadro eccezionale di straordinaria bellezza. Vedere Napoli e poi morire”.
Per saperne di più
www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/6763
Nelle foto, tre immagini dell’archivio della canzone