Daniel Buren
Presenta “Come un gioco da bambini” al Madre di Napoli. E’ il primo progetto che sar commissionato nel
corso di quest’anno all’artista francese, uno tra i massimi fra i contemporanei. «Sono venuto a Napoli per
la prima volta circa quarantacinque anni fa invitato da Lucio Amelio. Sono ritornato spesso in questa citt
che ha un fascino particolare unico al mondo. E’ una citt vivace piena di colori e di gioia di vivere».
La vivace e singolare installazione è nella sala Re_ PUBBLICA MADRE ( vernissage ieri sera, venerd 24 aprile). Nella grande sala illuminata con luci
chiare e forti schermate poste sul soffitto accolgono il visitatore nella prima parte bianche cabine in legno prive
di aperture ad altezza naturale per poi incontrare altre disposte su quattro percorsi colorate con vivaci
colori separate da una fila centrale di strutture su cui sono superiormente enormi rosoni forati simili
a degli oblò che nell’insieme appaiono come un gigantesco cannocchiale che attraversa tutto lo spazio nel
verso longitudinale. Appare subito nell’insieme una gioiosa visione ludica.
E’ un parco gioco fiabesco in cui
ogni adulto torna all’istante bambino. Si vivono due sensazioni diverse e opposte. All’ingresso bianche casette
immerse nella luce forte spaziale provano il vuoto della solitudine e senso di smarrimento ma subito dopo
alcuni passi si è avvolti dai tanti colori da sentirsi appesi ad un aquilone o di fluttuare nell’arcobaleno. La vita,
la luce in sala è la stessa, priva di memoria crea il vuoto della solitudine ma nell’ insieme dei ricordi ognuno
con un suo proprio colore stimola alla vitale azione, agli incontri, al dialogo, a ideare, progettare, realizzare.
Una calcolata ingenuit , cos può sembrare, ci pone dinanzi a due momenti vissuti in contemporanea. Sono
strutture di legno come fiori senza stelo collocati in una aiuola progettata tra quattro pareti di un Museo.
Ricordano versi di una filastrocca di Gianni Rodari ” Ci sono delle cose/ che fanno finta/ di essere altre cose”.
Buren passa dal sogno alla realt creando momenti lirici e facendo poesia con un giochino da ragazzi. La sua
testimonianza al Museo di arte contemporanea di via Settembrini 79 ci allontana per alcuni attimi dai crudeli accadimenti che avviliscono e offendono il
vivere civile e la convivenza con uomini di etnie diverse protagonisti di grandi tragedie giorno dopo giorno.
E di Totò viene in mente “Ricunuscenza” “Amico mio, serpente i’ songo nato!/Chi nasce serpe è nfamo e senza
core!/ Perciò t’aggia mangi ! Ma t’hè scurdato/ ca ll’ommo, spisso, fa cchiù peggio ancora?!”.
L’opera di Buren è architettura fiabesca fatta di archi, torri, timpani, realizzata con l’architetto Patrick Bouchain.
Dopo gli studi all’Ecole des Metiers d’Art di Parigi, Buren, mettendo in discussione i limiti della pittura, ha usato
materiali diversi creando installazioni nei musei, gallerie e spazi urbani. A Napoli è intervenuto al Palazzo
dell’ARIN, ora ABC, a Ponticelli, alla Reggia di Capodimonte. Ha partecipato alle edizioni Documenta (1972-82),
personali nei più prestigiosi musei del mondo e nel 1986 ha vinto il Leone d’oro alla Biennale di Venezia.
La mostra, a cura di Andrea Viliani ed Eugenio Viola, è visitabile fino al 31 agosto 2015.
Orari dal luned al sabato ore 10-19,30. Domenica 10-20. Mar
ted chiuso
La biglietteria chiude un’ora prima.
Per saperne di più
www.madrenapoli.it
Nelle foto, Buren presenta la sua architettura fiabesca al Madre