L’uomo di Cro Magnon non acciuffava la donna per i capelli e chissà forse nelle pitture rupestri della grotta di Lascaux c’ è la mano femminile. Il papà dell’ homo sapiens che ha lasciato copiose tracce in Francia appare adesso nelle sue sembianze umane (ricostruite partendo dal cranio) insieme alla compagna che non sembra assolutamente sottomessa, ma ha aspetto curato, impreziosito da gioielli. E’ la grande sorpresa dell’esposizione nella sala del cielo stellato e in quelle attigue del Museo archeologico nazionale di Napoli (Mann) che propone un suggestivo itinerario attraverso la Cappella Sistina del Paleolitico, nella valle della Vézère, in Dordogna.
Da oggi fino al 31 maggio, i visitatori potranno immergersi nel magico cortocircuito 3.0 che unisce il passato remoto alla tecnologia. Una nuova sfida del direttore Paolo Giulierini che ha osato immergersi in un’avventura cui si sono sottratti invece tutti gli altri dirigenti dei musei italiani (perché richiedeva un impegno eccessivo). E ha ospitato la magnifica mostra itinerante (già approdata anche in Giappone) svelando al pubblico quel patrimonio dichiarato bene collettivo dall’Unesco nel 1979.
Inaccessibile da anni, eppure museo aperto, la grotta di Lascaux, grazie a un viaggio sensoriale sulle orme dei nostri antenati, oltre 20.000 anni fa…
Ma facciamo un passo in avanti e arriviamo all’8 settembre del 1940. Marcel Ravidat è un ragazzo che come ogni giorno porta a spasso il suo cane chiamato Robot, a Montignac, nella regione francese della Nuova Aquitania.
Robot sfugge al controllo del padrone e s’infila in una buca, provocando una frana e rivelando la grotta fino a quel momento nascosta. Marcel ci ritorna con 3 amici pensando che si tratti del sotterraneo segreto del castello di Montignac. E, invece, si ritrova di fronte a una antichissima testimonianza artistica davanti alla quale il grande Picasso ebbe a dire che i nostri avi avevano capito tutto molto prima degli artisti contemporanei.
Una scoperta che attira l’attenzione dell’abate Henri Breuil, esperto in materia che si batterà per la tutela del luogo da eventuali incursioni militari durante la seconda guerra mondiale.
Le numerose visite fanno degenerare rapidamente le condizioni di conservazione del luogo, tanto che nel 1963 il ministro degli affari culturale André Malraux decide di chiudere il monumento preistorico avviando così un percorso di ricerca che porterà a creare una riproduzione della grotta in una cava abbandonata poco distante. E poi, pian piano, si arriverà a un modello digitale del terzo millennio da far conoscere in tutto il globo.
Lascaux 3.0 al Mann è un percorso emozionale dove, tra le tante meraviglie, si può ammirare la sala dei tori in cui domina “l’unicorno”, la navata con la straordinaria vache noire, il pozzo profondo 5 metri e la galleria dei felini, parte finale della grotta con incisioni di oltre 50 animali.
L’evento anticipa la riapertura della sezione Preistoria e protostoria del Museo archeologico di Napoli prevista per il 28 febbraio. Saranno, così, restituiti agli spettatori circa 3mila reperti, anche esposti per la prima volta dai depositi e presentati, nelle sale adiacenti alla Meridiana, in un percorso diacronico e contestuale. Dal Paleolitico inferiore all’Età del Ferro.
Tra 12 mesi – annuncia Giulierini- il Mann sarà visibile in tutti i suoi 20mila metri quadri. Come negli anni ’30. Ma il contemporaneo sarà un meraviglioso protagonista aggiunto. C’è da crederci…
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Per saperne di più
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Ecco il video che promuove la mostra