a mia nonna e ai cioccolatini rubati
Quanti di voi si sono persi durante il lockdown? In quanti avete lasciato che il tempo passasse senza fare niente semplicemente aspettando che tutto andasse bene? Vi siete sentiti smarriti e soli, una volta fuori dalla gabbia che ci è stata imposta, solo per trovarvi ancora più stretti nelle vostre gabbie personali?
Julia Krahn non si è persa, addirittura sento di poter dire che si è ritrovata. Lo ha fatto guardandosi allo specchio, rifugiandosi dentro se stessa attraverso la voce e i pensieri e le parole della sua famiglia. E ha lavorato, sudato, pianto. Ha scritto. Ha modellato l’argilla e scattato fotografie, ha creato un video.
Tutto questo adesso ci viene restituito grazie a Cynthia Penna che ha voluto fortemente l’artista di origine tedesca in mostra per la prima volta a Napoli. Fino al 20 giugno infatti sarà possibile visitare l’esposizione ”L’eterno ritorno di Julia Krahn” negli spazi della galleria Art1307.
Questa è una mostra particolare che ci insegna come in una situazione di difficoltà possiamo provare a resistere per andare avanti, parla di resistenza culturale e di amore, quello di un uomo verso una donna, quello di Lutz per Hilde, alla quale per cinque anni ha scritto e mandato cartoline dai gulag sovietici in cui era stato imprigionato sul finire della seconda guerra mondiale. Parla di connessioni, di legami, di famiglia. Parla del nonno dell’artista, dei suoi più intimi pensieri. Parla di noi.
Ho avuto la fortuna di essere presente all’inaugurazione e conoscere così Julia, confrontarmi con lei. Ha una forza immensa dentro e così tanta passione che ti viene voglia di abbracciarla e cercare di catturare un po’ della sua energia. E’ una donna generosa. Ha avuto dalla vita un grande insegnamento, una preziosa eredità e vuole condividerla con noi tutti. Come anni prima ha fatto suo nonno scrivendo alla sua amata.
La mostra si divide in tre parti e un video.Tre momenti ben distinti eppure totalmente collegati tra loro, mi piace pensare che siano un ponte tra passato e futuro, scivolando su un presente complicato dal quale stiamo uscendo, qualcuno più forte di prima, come Julia.
Qualcuno magari dopo aver visitato la galleria, potrebbe provare a rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Che il tempo non è una linea orizzontale, abbiamo bisogno di picchi, abbiamo bisogno di sobbalzi, di una linea verticale sulla quale muoverci che altrimenti non siamo niente.
Risonanze, ecco il nome che dà il senso alla prima parte di questo percorso. Ci sono dei corpi lavorati in argilla bianca, come organi interni, vertebre, sezioni di ossa e cuori, polmoni e vagine, come se l’artista avesse scavato a fondo dentro di se, attraverso la storia della sua famiglia per arrivare all’essenza, al particolare più intimo di ognuno di noi.
Quell’organo non è più il suo, il mio o quello di un uomo richiuso. È l’origine di tutto, opere universali dalle quali tutti discendiamo, Julia ha catturato l’essenza dell’inizio.
Tra le parole scavate, tra le righe nascoste, nei silenzi, nelle pause tra una lettera e l’altra come un’archeologa ha ritrovato il segreto dell’uomo. Corpi senza una forma precisa che richiamano tutto perché non sono più un oggetto in particolare, sono l’idea stessa di quell’oggetto. Partire dal particolare, dai racconti di famiglia per arrivare a parlare dell’umanità intera, della nostra forza di volontà, della nostra capacità di adattamento per resistere alle intemperie custodendo il nostro cuore, pronti a tornare alla vita cercando di portare con noi tutto il bello che siamo. Vi ricorda per caso i nostri ultimi due anni?
E come scrigni segreti, le opere di Julia portano con sé una lacrima, che ci riporta al secondo momento della mostra, quando l’artista fa pace con tutto quello che è stato il suo passato e lo cristallizza in una lacrima, quella della madre. Opere dal forte contrasto e dall’equilibro precario. Come la vita, come l’amore. Che viene dal passato a volte ingombrante e pesante come la base di questi lavori e che tende al futuro librandosi nell’aria, gocce che vanno verso l’infinito, senza però dimenticare da dove vengono, che forse è un nuovo segreto che ci regala Krahn, un nuovo insegnamento.
Ci sono poi le incisioni su vetro che riprendono le lettere originali del nonno e le serigrafie, sovrapposizioni che l’artista ha creato tra le parole del nonno e le foto che ha scattato lei stessa in Siberia sulle tracce delle sue origini, lettere che diventano immagini e segni e decori. Opere, queste ultime, dal forte impatto cromatico, quasi a volersi distaccare dalle prime silenziose e monocrome.
Forse perché dopo tanta sofferenza e caparbietà Julia ha imparato la lezione e così, forte dell’insegnamento del nonno può tornare alla vita, pensare un futuro che sia a colori, dove non ci sono più ostacoli e “un’ulteriore attesa è solo il rinvio della nostra felicità e i nostri sentimenti non diventeranno certo per questo stanchi o disinteressati.”
Vi invito a visitare questa mostra, a ripensare ai vostri ultimi anni come ho provato a fare io una volta a casa e a trovare il coraggio di lasciare andare tutto alle spalle, le lacrime versate e le gioie mancate. La vita non è trascorrere il tempo nell’attesa che tutto passi. Chiudiamo questo viaggio nel nostro intimo più profondo con le parole di Lutz per Hilde, parole che non sono solo d’amore.
“Sappiamo che il fiume trova il suo mare, il flusso di persone il suo obiettivo, il nostro desiderio il suo adempimento, l’acqua scorre le nostre sensazioni, la corrente adopera i nostri sentimenti e porta saluti e baci numerosi come granelli di sabbia a voi dal tuo impaziente Lutz”.
Julia Krahn ci ha fatto un grande regalo, suo nonno adesso è anche un po’ il nostro. E avere un nonno è la fortuna più grande che possiamo avere. Grazie ancora Julia.
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In pagina, scatti della mostra