Il numero 8 sdraiato ha un senso strategico. Quello dell’infinito. Ed è in questa posizione orizzontale che si pone nel titolo della mostra dedicata dal Museo napoletano del contemporaneo Madre al regista Mario Martone delimitata da due date, l’inizio del suo percorso artistico 1977 fino al 2018. L’esposizione è curata da da Gianluca Riccio che ne ha spiegato alla stampa stamattina la strategia estetica accanto non solo ai vertici del museo, il direttore Andrea Viliani e la presidente della Fondazione Donnaregina (di via Settembrini 79) ma anche allo stesso Martone.
L’accoglienza visiva dell’esposizione è già un biglietto da visita: all’ingresso, la gigantografia ph. Mario Spada) di un bosco e pezzi di anfore, oggetti di scenografia. Quella del nuovo film di Martone , che uscirà in ottobre e che sarà dedicato all’artista tedesco Joseph Beuys, ospite frequente della galleria di Piazza dei Martiri (fondata da Lucio Amelio) tra gli anni ’70 e ’80.
Il film s’intitola Capri batterie che prende in prestito il nome dall’installazione di Beuys completata dall’autore sull’isola, nel 1985, un anno prima di morire: una lampadina che si alimenta di vita grazie a un limone, riflessione sulla terra e sul saccheggio delle sue risorse, eco di quel suo credo ecologista basato sulla necessità di riequilibrare il rapporto tra uomo e natura, grazie anche alla piantumazione di nuovi alberi.
Poi si entra nel flusso di Martone (azioni performative, cinema, teatro e opera lirica), flusso che rimanda alla vitalità degli artisti del network sperimentale e anticommerciale Fluxus , da John Cage allo stesso Beuys. Nello spazio, su una pedana trentasei sedie girevoli, ciascuna collegata a una cuffia con quattro canali riconducibili ad altrettanti megaschermi su cui sono trasmesse scene delle sue opere. Girando la poltrona, si cambia la sequenza visiva e si colgono connessioni tra le differenti immagini e tematiche.
Spiega Martone: «Ogni mio lavoro nasce da una tabula rasa, ognuno è diverso dall’altro. Eppure c’è un processo che li collega e li unifica tutti, un fluire dell’esperienza che da mia personale si fa collettiva, che in questa mostra è possibile cogliere per la prima volta nel suo insieme».
L’installazione, prodotta dalla Fondazione Donnaregina, entrerà a far parte della collezione permanente del museo regionale campano, realizzata attraverso il montaggio dei materiali custoditi nell’Archivio Mario Martone, con la produzione esecutiva della Pav e con il supporto della Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia.
«Si contribuisce così- conclude Valente – a ridefinire l’identità e la fruizione stessa del museo: uno spazio fisico in cui si concretizzano i principali spunti estetici che Napoli ha saputo esprimere nel dibattito sul contemporaneo dagli anni Sessanta a oggi».
1977 2018. Mario Martone Museo Madre
Il film-flusso dura circa 9 ore
Opening venerdì 1 giugno, dalle 19 alle 22, fino al 3 settembre 2018
Per saperne di più
www.madrenapoli.it/
Chi è
Mario Martone, classe 1959, matura la sua prima produzione teatrale nel clima di fermento culturale che caratterizza la Napoli degli anni Settanta. Nel 1979 fonda il gruppo Falso Movimento dando vita a spettacoli trasversali: teatro, cinema, musica, artivisive.
Tra i suoi film, Morte di un matematico napoletano (1992, vincitore alla Mostra del cinema di Venezia), L’amore molesto (1995), Il giovane favoloso (2014).
Nel 1993 lancia il documentario dedicato al gallerista Lucio Amelio e alla sua collezione d’arte Terrae Motus.