Dalla giornalista e scrittrice Anna Maria Siena Chianese riceviamo e volentieri pubblichiamo
…e ci accingiamo a inoltrarci sulle sue tracce, ma la porta è chiusa. Al suo battente una gomena attorcigliata sembra avvertire che “la sicurezza è altrove, lontana dall’onda”…ma, guardando meglio, quel nodo sembra fatto dalle spire di un serpente, immerso nel suo altrove incantato.
Accanto, la strada a pietre disgiunte dall’erba può portarci oltre la soglia del qui e ora, a una città lontana mille e mille anni… o a un vicino borgo campestre. Ci vorrebbe forse la chiave del Paradiso per aprire la gigantesca serratura, o forse è un arco aperto nel muro? e inoltrarci nella densità verde del giardino che vi sta oltre, ma la sconnessa macchia nera che segue, pur essendo sicuramente una serratura, non offre promesse di giardini segreti…e, a ben guardare, potrebbe anche essere una silhouette di signora in godet.
Comignoli improbabili su un improbabile tetto spiovente sembrano a loro agio, piccole sentinelle montanare sulla lastra di un mare da deserto, ferma nel meriggio ardente senza tramonto refrigerante. Smemoriamoci nel verde che gronda da un albero a braccia protese verso un altrove alla ricerca di libertà, di grazia o di perdono…Le due strade, una lucente di verde, l’altra ombreggiata di buio, al bivio. la vecchia sedia impagliata: allegoria di tutti i dualismi del mondo, anche di queste due figure avvinte in un interno, tessute di polvere d’oro e di porpora.
Ecco le canne verdi di un organo per pastori e ninfe, le arcate di luce e d’ombra di una cattedrale senza memoria di riti e di voti, ecco le forme diverse dello stesso invito a oltrepassare la soglia e affrontare il mistero. E se non ci tenta quello millenario della sfinge di San Michele, simbolo delle terre del sole per il giovane medico svedese innamorato del Sole, ci affascina quello del ciuffo verde che prorompe, o penetra, tra la grata e il tufo, foglie brillanti di vita nate da poco e imprigionate che vogliono vivere, sia pure altrove: e sembrano lanciarci un allarme, e le ascoltiamo e in loro ci riconosciamo perchè, come loro, godiamo solo per brevi istanti il fiore della giovinezza.
Suggerimenti, suggestioni, allusioni: e la memoria lavora per conto suo e tesse la sua rete per noi, riportandoci le cose che credevamo perdute. Ma cercare risposte significherebbe riscrivere la storia e trovare che la ricerca dell’altrove, da millenni mezzo privilegiato per uscire da noi stessi, è la via dove ogni uomo si è inoltrato e s’inoltra, anche se inconsciamente, nell’utopico desiderio di ritrovarsi con la propria anima nel non tempo e nel non luogo: nel deserto in attesa dei Tartari o nel salotto di Nonna Speranza, nei castelli delle favole e nei tre regni che forse ci attendono… infinite vie di fuga, per superare l’inverno del nostro scontento.
Tutto già detto, tutto già scritto, tutto mai risolto. L’altrove è il non luogo dove ‘non servon navi, ma speranze, non curatori, ma fantasia’. Le cose, trasfigurate, diventano utopie; la realtà ci si offre sotto gli occhi, ma tiene nascosta la verità, la sola capace di risalire da un luogo e un tempo a un’altra realtà spazio-temporale: nell’altrove, appunto, e rendersi visibile, credibile, vivibile: scenario senza spazio e senza tempo, limite tra i confini nei quali l’uomo può vagare, indagare, vivere, sostare sulla soglia e poi varcarla…Più che riflessioni, sembrano tentazioni e Sant’Agostino, che di queste cose se ne intendeva, esorta a non porsi tanti interrogativi e dubbi ricordando che non esiste che il presente, e il resto o è memoria o è speranza: e se è memoria è Dio e se è speranza è ancora Dio che ci fece per lui, rendendo inquieto il nostro cuore finchè non riposi in lui.
Sarebbe bello acquietarsi in questa verità, ma eccoci al pontile, terra ferma e mare, immancabile il cocciuto ciuffo verde della speranza per il quale ogni terreno è patria. Una porta chiude il percorso dell’artista e interdice il passaggio a noi, a nostra volta interdetti perché, per una volta, non abbiamo chiesto di passare: ci basta il lungo divagare lungo i percorsi incrociati del tempo e dello spazio per i quali ci siamo inoltrati.
L’altrove di un artista deve essere così: misterioso, oscuro anche a se stesso, uno nessuno centomila secondo i momenti e il tempo che si vive, secondo l’umore, il cammino già fatto e quello da percorrere. Scrittori e poeti, musicisti e filosofi palesano la loro inquietudine influenzandone il mondo, ma l’altrove può essere anche una scappatoia, una scusa…o forse non esiste. perché la memoria ce lo riporta di continuo al presente, quell’hic et nunc che tutti vorremmo, almeno una volta, scavalcare come la finestra di Peter Pan.
Vorremmo fare gli esperimenti sull’amore dei cristalli’ con Gozzano, oltre la materia, nella pura essenza dello spirito; trovarci nella campagna toscana con la ‘bionda Maria’ che forse, era meglio sposare; ancor meglio, stare con Pierre Loti oltre il confine del continente, nella sua sala da tè affacciata sul Bosforo e sul Corno d’oro. O nell’hortus conclusus di D’Annunzio, lungo le antiche vie del Mediterraneo con Borges, ritrovare l’infanzia in una maddalena, o sostare nella Notte silente di Goethe, in attesa di Dio…e su questa messe di plausibilità sognate, vibra incantevolmente la trasfigurazione della realtà: la sua verità che si palesa per simboli, analogie, metafore, inviti a proporre, a pensare, a indagare su un albero, una serratura, una sedia, un paesaggio e un ciuffo di verde per ricostruire l’universo. Privilegio dell’Altrove è la facilità di raggiungerlo in linea retta, trasversale, in avanti verso ciò che forse avverrà e all’indietro verso quanto è già avvenuto.
Ci si può giungere a balzi, passando da una ‘città invisibile’ al Gran Khan e poi al Vecchio della Montagna rimanendo in famiglia; alle isole del mari del Sud per fissarne sulle tele colori e mare o perdersi tra roteanti astri lucenti… Parte da lontano la storia alla quale ci riportano quadri e poesie esposti su queste pareti, in questo Palazzo che è stato ed è l’espressione più alta, meno vaga, meno fugace, più intensa e fattiva e utile e costruttiva, reale e vera dell’Altrove nel suo significato etimologico: un “altro dove”che ha dato l’esempio di come contribuire, dedicandovi un’intera vita, alla speranza di ricomporre il mondo, secondo il dettato del motto che ci sovrasta e che rappresenta la sintesi di quanto si dispiega sulle pareti: perché la ricerca dell’altrove è anche conoscenza accumulata nel passato da consegnare, arricchita e non deviata, alle generazioni future.
Rosy Rubulotta, nella sua mostra, ha reso frammenti di spazio e di tempi attimi di eternità. Ma il lampo verde di giardini chiusi, il verde che supera ogni spiazzamento e si offre tenero, fragile, testardo come l’amore, simbolo del giardino e della sua complessità allegorica, ci inducono a pensare, e le date ce lo confermano, che “arriva la primavera con i suoi fiori. Versateci subito una tazza di vino dolce.”: siamo in Grecia nell’epoca d’oro della sua cultura con Alceo, non a caso considerato antesignano del “carpe diem”oraziano: si può desiderare un Altrove più affascinante?
Anna Maria Siena Chianese
In foto, uno degli scatti in mostra