Oggi, 16 settembre alle ore 16, a Palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio 15- Napoli.- si terr una riunione dell’associazione "Fare per Napoli" presieduta da Umberto Ranieri per dibattere su Bagnoli e sulla citt metropolitana. Interverr l’architetto Gerardo Mazziotti, che suggerir di fissare una successiva riunione per discutere sulla iniziativa in fieri riguardante la Mostra d’ Oltremare. Di seguito pubblichiamo la sua opinione.
Io penso che la tutela del patrimonio architettonico napoletano sia una questione nazionale della quale dovrebbero preoccuparsi e occuparsi stampa e televisione.
Historia magistra vitae. Bisogna conoscere la storia della Mostra d’Oltremare per capire l’assurdit di certi restauri che si ha intenzione di eseguire. Ne do pochissimi cenni, tratti dal mio libro ” Diario napoletano- da Bassolino a deMagistris”.
In occasione della Mostra del Lavoro Italiano nel Mondo del ’52 furono cambiati i nomi di quasi tutti i padiglioni degli anni ’40 per cui il padiglione dell’Impero fu ribattezzato Cubo d’Oro e la Torre del PNF divenne Torre delle Nazioni (con la stessa statua della Vittoria misteriosamente scomparsa come i mosaici dell’Arena flegrea ) e al posto del disastrato padiglione della Banca d’Italia venne costruito da Michele Capobianco, Arrigo Marsiglia e Alfredo Sbriziolo il padiglione dell’America Latina e al posto del degradato padiglione dell’Espansione Italiana in Oriente , con la bella Torre di Marco Polo, venne realizzato dagli architetti Massimo Nunziata e Marcello Sfogli il padiglione della Fisica e al posto del padiglione Libia Carlo Cocchia ed io costruimmo il padiglione del NordAmerica. Però il piazzale cittadino antistante venne intitolato a Vincenzo Tecchio, “costruttore” della Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare del ’40 ma nel ’43 gerarca della repubblica di Salò, dove venne nominato presidente dell’IRI (misteri dell’antifascismo trinariciuto );
Mi riesce, perciò,difficile capire perch mai si continua a parlare del padiglione dell’America Latina e non della Banca d’Italia, del padiglione della Fisica e non dell’Espansione Italiana in Oriente mentre si continua a parlare del padiglione Libia e non del padiglione del NordAmerica ( “Il più riuscito e antiretorico della Mostra d’ Oltremare” lo giudicò Renato DeFusco). Una discriminazione che considero stupidamente offensiva.
Il bellissimo padiglione Libia, che ci venne consegnato nel 1951, non aveva più la moschea nè l’alto minareto e nè il marabutto (una sala coperta con una cupola in cui erano esposti oggetti sacri dell’Islam) ed era ridotto in condizioni pietose. Dopo averlo consolidato staticamente operammo una serie di demolizioni e di aggiunte per rispondere alle esigenze della nuova destinazione d’uso. Delle modifiche realizzate nel ’52, molte provvisorie data la temporaneit dell’evento, sono rimasti il cinema all’aperto e la biblioteca realizzata in una delle corti del vecchio padiglione. Adesso è un insieme murario degradato e di nessun interesse n storico n architettonico (come autore di apprezzati saggi sull’architettura ho qualche titolo per affermarlo).
Talch solamente chi ignora la storia della Mostra d’Oltremare può definirlo monumentale (ma mi faccia il piacere, direbbe Totò e lo dico anch’io ) e può pensare di ricostruire il padiglione Libia ( non si restaura un edificio che non c’è), dedicato a una colonia che non possediamo più e ad un paese, oggi dilaniato da una sanguinosa guerra civile, col quale non abbiamo affinit di alcun tipo. Diciamolo più chiaramente è scandaloso che si pensi di spendere alcuni milioni di euro per ricostruire un padiglione con una moschea, un minareto e un marabutto (e per farne cosa?) trascurando altre esigenze (costruzione del Polo artigianale, ricostruzione delle serre botaniche, inserimento della Mostra nel patrimonio Unesco dell’ umanit , demolizione dei due scatoloni nei pressi del teatro Mediterraneo ). Rebus sic stantibus, bisogna annullare il Decreto Dirigenziale n. 11 del 18 agosto 2014 che stanzia 65,5 milioni di euro per un insensato piano di “restauri”.
E bisogna organizzare un civile confronto col mondo culturale cittadino e nazionale sugli interventi necessari per riportare la Mostra allo splendore del suo primo giorno. Peraltro auspicato anche dall’attuale assessore comunale alla Cultura, Nino Daniele, quand’era capo gruppo diessino nel consiglio regionale. Convinto anche lui, come me e tantissimi altri, che la Mostra deve cessare finalmente di essere una “enclave”.
in foto, il palacongressi della Mostra d’Oltremare