Pubblichiamo una riflessione di Francesco Divenuto sulle recenti scoperte a Pompei.
Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Divenuto è autore, tra l’altro, di numerosi saggi su riviste specializzate e di due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane).
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, Variazioni Goldberg, Il bar di zio Peppe, Carmen e il professore, Il flacone verde (o Pietà per George), Lido d’Amore, Frinire, Primo novembre, Due di noi, Il trio, Quattro camere e servizi, Mai di domenica, Cirù e Ritù, Una notte in corsia, Gennaro cerca lavoro (il peccato originale), Fine stagione, Assemblea straordinaria al College, Quando le chiacchiere diventano troppe, La deriva della ragione, Si vendono poesie, Lei e lui (dialogo semiserio fra due ex coniugi).
È una calda giornata d’agosto; su quasi tutti i principali quotidiani è riportata la tua immagine appena ritrovata su un muro dell’antica Pompei. Circondata da un serto di foglie, il clipeo, guardi verso la tua destra. Non sapremo mai chi stai guardando ma nel tuo sguardo non scorgiamo una luce severa o di rimprovero; i tuoi occhi sembrano, piuttosto, esprimere un sentimento di sicurezza, tranquillità che vuoi trasmettere a quanti ti passano accanto.
L’anonimo artista ti ha dipinta con i bei capelli ramati raccolti sulla nuca; ai lati del viso due ciocche, forse sfuggite ad un fermaglio, solleticano le tue spalle scoperte. Senza trucco, il giovane viso dimostra che sei nel pieno della tua maturità. Nonostante le tue spalle scoperte il ritratto non lascia dubbi sul tuo comportamento irreprensibile, sulla tua serietà di donna appagata nei suoi sentimenti. Tutto esprime la maturità di una matrona, padrona della casa e del suo destino. Del resto la parete scelta dall’anonimo artista non è immediatamente visibile da chi passa per la strada come, invece, avviene per il Priapo. Chi arriva davanti alla tua immagine è, ormai, già entrato nella casa. È un familiare? Un ospite atteso? E, certo, sarà un ospite ben accetto, un ospite che tu conosci ed al quale dai il benvenuto prima che arrivi al tuo cospetto.
Trattieni un sorriso, appena accennato, sembra non ancora giunto alle tue labbra. Certo il Priapo, dipinto all’ingresso, testimonia la ricchezza e il benessere della tua famiglia ma con il dito indice della mano destra sul labbro chiedi un rispettoso silenzio ai tuoi ospiti? Temevi forse che qualcuno potesse sospettare guadagni illeciti? È possibile ed è probabile, allora, che con quel gesto tu volessi rassicurare i tuoi ospiti sulla onestà e correttezza dei traffici economici di cui si occupava la tua famiglia. Se questa era la tua intenzione allora il pittore doveva conoscerti, certo frequentarti per capire il tuo stato d’animo, i tuoi sentimenti per poterli tradurre nella tua immagine. Ora sei lì, per sempre, in quel ritratto che ha fermato il tempo e la tua storia della quale noi ignoriamo molte cose.
Quale sarà stata, ad esempio, la tua quotidiana realtà, vissuta per anni, pochi, molti? Essa è stata distrutta da un fuoco venuto giù da quel monte che avrai, tante volte, ammirato dal tuo giardino o nelle notti di luna quando la luce dell’astro si rifletteva sul mare vicino.
Poi, improvviso, il buio, il fuoco, la distruzione. Il terrore nei tuoi occhi o le tue grida disperate, urlate in quei momenti invocando gli dei, nessuno potrà mai raccontarli mentre solo la serenità della tua immagine resterà, immobile su quel muro, in attesa di essere riportato alla luce.
Ma sarà stato proprio così? Ancora troppe cose non sappiamo di te. Non sappiamo, ad esempio, quanti anni erano già passati rispetto a quel tuo ritratto in quel terribile giorno che cambierà, per sempre, la tua vita e quella dell’intera comunità. E soprattutto non sappiamo nemmeno chi eri. Eri la padrona di casa? Eri una cittadina pompeiana o vi eri giunta per seguire un uomo al quale avevi legato il tuo destino? Avevi o avevi avuto un marito? Dei figli? Quanti servi ubbidivano ai tuoi comandi?
Ma sono tante le domande che vorremmo ancora rivolgerti. Quel terribile giorno, ad esempio, vivevi ancora in quella casa o il tuo ritratto era lì rimasto a ricordare, soprattutto alla tua famiglia, la tua esistenza ormai trascorsa? E se eri viva, eri giovane? Eri ancora quella donna che l’anonimo artista aveva rappresentato? Era il tuo viso ancora sereno e consapevole della propria bellezza? Oppure il tempo aveva già oltraggiato quei lineamenti segnandoli con rughe e pieghe amare?
Aspetta: ora sono tante ancora le cose che vorremmo chiederti. Quel maledetto giorno eri in città oppure in viaggio? Eri, anche tu, fra gli abitanti che atterriti tentarono invano di fuggire? Ed avevi abbandonato tutto per scappare o avevi cercato di raccogliere almeno qualche ricordo dei tuoi cari e della tua stessa vita? Avrà la spiaggia accolto il tuo corpo o, folle di terrore, avrai vagato per le campagne incendiate cercando i tuoi cari? E dopo che il vulcano aveva placato la sua violenza, sarai ritornata su quella crosta ormai raffreddata? Ti sarai disperata, insieme ai pochi superstiti, davanti all’enorme deserto, delle ceneri ancora fumanti, spazzato dal vento? Ti sarai guardata intorno nella speranza di trovare una qualche traccia della tua casa distrutta o di individuarne almeno il sito? E avrai cercato di scavare, con la disperata speranza di recuperare un qualsiasi piccolo resto della tua esistenza ormai annullata per sempre? Se eri fra i pochi sopravvissuti dove avrai poi trovato una nuova, sia pure meno fastosa, abitazione?
Ora, dopo secoli vedi quante domande ci suggeriscono quel tuo bel ritratto anche se dubito che avremo mai risposte. Della tua abitazione conosciamo ancora troppo poco. Quando avranno portato alla luce l’intera casa, avremo maggiori informazioni della tua famiglia e della tua vita; è possibile che troveremo altre testimonianze se, sotto il fuoco distruttore, il tempo avrà conservato altri oggetti che ti sono appartenuti. Potremo anche darti un nome? Non possiamo escluderlo; e se poi arredi o monili torneranno alla luce, allora altri veli saranno strappati; la tua vita non sarà trascorsa invano e per noi non avrà più segreti. Ed allora quelle terribili ore dell’agosto del 79 d.C. avranno distrutto la tua vita e quella dei tuoi cari, ma non avranno cancellato la tua esistenza.
Poi, improvviso, un telegiornale, in edizione speciale, dà la terribile notizia del crollo del ponte a Genova. Improvvisamente anche la tua vita sprofonda nel tempo ritornando in quei giorni lontani. Ora sei solo un volto ignoto del quale non abbiamo nessuna notizia. Il dramma di tante vite distrutte in un assurdo disastro, ti obbliga a tacere di nuovo.