Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione sullo spazio urbano all’epoca del Covid 19 dalla sedicenne Valeria Marchese che fa parte dell’associazione culturale no profit Poesie Metropolitane nata a Napoli nel 2016 per offrire spazio a giovani talenti. Un movimento poetico e culturale che opera per il sociale e per la cura dell’ambiente con l’idea di attivare un processo di contaminazione artistica e urbanistica nei luoghi in cui opera attraverso la parola in versi.
di VALERIA MARCHESE
In questo periodo la mancanza della partecipazione alla vita pubblica sta toccando gran parte della popolazione italiana, e forse prima non avremmo mai pensato potesse mancarci stare con gli altri (anzi, quante volte abbiamo desiderato momenti per dedicarci sono ed esclusivamente a noi?).
In realtà la mancanza non riguarda prettamente il contatto con gli altri, possibile durante la quarantena grazie a Internet e ai social media, ma tocca invece l’annullamento degli spazi urbani (o pubblici).
Gli spazi urbani sono estremamente importanti e quando vengono a mancare, sembrano essere crollati anche i legami, gli incontri e le relazioni che permettevano.
Con l’espressione spazio pubblico si intende in prima istanza quell’insieme di strade, piazze, piazzali, slarghi, parchi, giardini, parcheggi che separano edifici o gruppi di edifici nel momento stesso in cui li mettono in relazione tra di loro.
Lo spazio urbano dunque lo ritroviamo in ogni epoca storica, ciascuna individuava in esso finalità e scopi che col tempo si accomunavano, o andavano a differire tra loro.
Le prime forme di spazio urbano le ritroviamo nell’agorà della polis greca, dalle molteplici finalità.
Innanzitutto svolgeva un ruolo fondamentale all’interno dell’economia della città: era infatti qui che si trovavano i principali mercati e i rispettivi commercianti; ma era anche luogo dove ‘fare politica’. Non era insolito quindi imbattersi in cittadini alle prese con abili oratori politici che discutevano in merito ad affari pubblici o processi.
Socrate stesso ha trovato la sua nascita da filosofo e la sua morte nell’agorà: intratteneva spesso conversazioni con uomini mai conosciuti prima nell’agorà, con la sua arte della maieutica, e fu proprio questo atteggiamento a renderlo celebre ad Atene.
Nella medesima città però, molto probabilmente in una della agorà principali, si è tenuto anche il processo che lo ha condannato a morte, sentenza alla quale non rifuggirà mai.
Lo spazio urbano assumerà ancora più importanza nella civiltà dei Romani, la cui arte proseguiva forti fini propagandistici. Lo spazio urbano romano può essere racchiuso nel Foro romano,attualmente sito archeologico visitabile, situato tra il Campidoglio e il Colosseo.
Il Foro romano acquista carattere non solo politico, giuridico ed economico, già presenti nell’antica Grecia, ma abbraccia anche la religiosità romana, prestandosi come luogo adibito a manifestazioni religiose.
Sul modello del foro romano verranno poi edificate anche le piazze medioevali che, nei primi decenni dell’anno mille, si apprestavano a farsi portavoce della ripresa sociale del tempo. La struttura delle piazze medioevali si modifica e distacca leggermente da quella romana, da cui però erediterà funzionalità e scopi.
La struttura infatti consisteva in una forma ‘a raggiera’, con strade
che partivano da un punto e si irradiavano verso l’esterno. Abbattuti i templi pagani e le terme, nei nuovi spazi urbani medioevali si ergevano chiese e strade strette, frequente era la costruzione di torri.
Una delle piazze più rappresentative è piazza del Campo, locata a Siena. Città altrettanto ricca di centri urbani è Napoli. La piazza più famosa è piazza Plebiscito, situata
non molto distante dal lungomare, al termine di via Toledo e di fronte al Palazzo Reale. Accanto alla medesima piazza troviamo il Teatro San Carlo mentre nella stessa è presente la Basilica Reale Pontificia di San Francesco di Paola. Importante spazio urbano è poi Piazza Mercato, attualmente in riqualificazione.
Lo spazio urbano, nel tempo e nella storia, ci racconta e si presenta come luogo di ritrovo, punto centrale della città. Ma che visione ci è data dal cinema o dalla musica?
Scrive l’architetto Ugo Soragni: «Il rapporto tra città, architettura e cinema è stato oggetto di innumerevoli tentativi di ripercorrerne l’evoluzione storica e approfondirne i nessi e le intersezioni reciproche. Da questa congerie interpretativa è derivata una prevalenza di ricerche ascrivibili agli ambiti antropologico e sociologico, orientate in massima parte – a partire dagli anni Settanta del secolo scorso – verso la decodificazione dei linguaggi impiegati dalla cinematografia per descrivere gli agglomerati e i paesaggi urbani, gli spazi e le architetture, le strade e le reti di trasporto pubblico».
Quali sono dunque i film che ci forniscono una visione antropologica nella società a partire dal loro spazio urbano? Citiamo il primo tra tutti Metropolis con la regia firmata Fritz Lang.
La musica invece, arriva a toccare l’intimità di chi lo spazio urbano lo vive. ‘Piazza Grande’ di Lucio Dalla è entrata nel cuore di molti amanti della musica, e ci illustra uno spazio urbano sensibile, umano.
Dalla ci racconta degli innamorati in Piazza Grande e dei loro guai, del senso di
appartenenza allo spazio urbano, la mia casa è Piazza Grande, tanto da sentirsi lieto al pensiero di morire proprio lì.
La Piazza Grande di Dalla si suppone essere Piazza Maggiore o Piazza Cavour,
situate a Bologna, ma qualsiasi sia, in questo testo musicale ma soprattutto poetico, Dalla racconta dell’umanità e del sentimento che ci lega ai nostri spazi urbani.
Cosa succede dunque, quando veniamo privati di questi? Attualmente il mondo intero sta vivendo una situazione molto particolare dove, a causa dell’epidemia, tutta la popolazione mondiale è costretta in quarantena, a eccezione di coloro che forniscono beni primari.
Quanto è difficile per noi adattarci a questo nuovo stile di vita che non sappiamo per quanto tempo durerà?Il Covid-19 ci ha costretti a casa con i nostri pochi affetti e sembra averci trasportato in un quadro di Edward Hopper, in una stanza e con noi stessi.
Sono tempi duri per chi, come Dalla,ritrova i suoi affetti in Piazza Grande. Ritengo che ogni giovane, soprattutto gli anziani, si sentano molto legati al proprio territorio e al loro spazio urbano e proprio per questo motivo si mostrano restii all’invito di non frequentare più posti che sono parte della nostra quotidianità e vita.
Ma l’essere umano è sempre stato in grado di adattarsi al cambiamento, nascono quindi nuovi spazi urbani, ma dove?
Lo spazio urbano, per la prima volta, sembra non aver luogo in un posto fisico, ma si appresta a costruirsi e diramarsi su Internet. L’associazione di Poesie Metropolitane ad esempio, di cui faccio parte, dalla sede appena inaugurata a Galleria Principe di Napoli si sposta in un gruppo Whatsapp, in una videochiamata via Zoom e in progetti home-made con l’hashtag #iorestoacasa.
La scuola passa dall’essere luogo di dibattiti, ritrovi e amicizie a ‘rimpicciolirsi’ all’interno dello schermo del nostro Pc o del nostro cellulare, grazie a WeSchool, GoogleClassroom e videolezioni via Skype.
Lo spazio urbano quindi, ora come non mai, non è più un luogo fisico ma un luogo virtuale dove tutto, incluso il lavoro, è a casa, semplicemente grazie ad una connessione WiFi.
Eppure, sebbene questo nuovo approccio tecnologico sembri facilitare le nostre vite (d’altronde, non è comodo poter fare tutto semplicemente stando seduti sul divano di casa?), le persone sono desiderose, ora più che mai, di ritrovare un contatto fisico e umano.
Nascono così i Flashmob, dove il balcone diventa il luogo dove, residenti dello stesso quartiere, si riuniscono in un momento di musica e di canti popolari, forse per abbracciare il brigante di Dalla che con la musica ci ha urlato che lui, da Piazza Grande, non aveva intenzione di andarsene.
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In foto, un’opera di Edward Hopper “Morning sun”