Le riflessioni che seguono non risentono di nessun rigurgito cattocomunista né volontà anticlericale, ma vogliono rappresentare un piccolo amplificatore dei cambiamenti di questa società, raccontati nell’ottica di “nudo” testimone di fatti ed accadimenti intorno a noi, fedele interprete di ciò che si muove fuori e dentro le nostre vite, tuttavia senza omettere mai il proprio punto di vista e la chiarezza di dove si sta, a favore di chi e contro cosa.
Probabilmente mai nella storia della chiesa sono state contrastate le parole di un Papa come quelle di Francesco, l’ex vescovo ausiliare di Buenos Aires, il gesuita argentino che viveva in un appartamento in comune e si cucinava da solo, lontano dagli agi della sede episcopale.
Proprio a Bologna succede che circa 70 parrocchie su 90 non hanno inteso organizzare un pranzo per i diseredati, peraltro nella “Giornata mondiale dei poveri” decretata proprio dal primo vescovo di Roma (19 novembre di ogni anno), in occasione della lettera apostolica “Misericordia et miseria”, pubblicata all’indomani dell’anno del Giubileo straordinario della misericordia (2016). La maggior parte di quei parroci si interrogava sulla “inutilità” di accogliere un musulmano in chiesa. Per molti di quei prelati le indicazioni di Papa Francesco “non sempre si possono applicare alla lettera”. Il vergato del Papa vale per tutti i cattolici del mondo, ma non per i ministri di Dio del massimo circondario emiliano, che ritengono quelli di Bergoglio “semplici suggerimenti”, per i quali “ogni parrocchia deve fare come crede”.
Così come don Francesco Pieri, docente della Facoltà teologica dell’Emilia Romagna che, guarda caso su Facebook, all’indomani della morte del capo dei capi della mafia, ha usato queste parole:” Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?”
Il prete in questione è memore delle parole proprio dell’ex cardinale ed arcivescovo di Bologna, Giacomo Biffi, che nel 1998 usò queste parole: “La massima vergogna del ‘900, che pure ha conosciuto le più orrende infamie della storia, come i molti e diversi genocidi che sono stati perpetrati, resta senza dubbio la legalizzazione e il finanziamento pubblico dell’aborto”.
Proprio il Papa, al contrario, ha avuto parole di apprezzamento pubblico per la dirigente radicale, per le storiche lotte degli anni ’70 da ella condotte (compreso e non escluso proprio l’aborto), riconoscendo all’ex Ministro degli Esteri il prezioso lavoro di mediatore internazionale, per il quale è ritenuta dal sommo Pontefice la persona che “ha offerto il miglior servizio all’Italia per conoscere l’Africa…E’ la persona che conosce meglio l’Africa” (8 febbraio 2016).
Ancora, qualche settimana fa un parroco di Bologna, don Lorenzo Guidotti, sempre su Facebook, dopo la denuncia di una diciassettenne per aver subito uno stupro, scrive un post da brividi, considerato l’abito talare:” …frequenti Piazza Verdi – che è diventato il buco del c**o di Bologna!…ti ubriachi da far schifo. Ma perché? Se hai la sub cultura dello sballo sono solo c***i tuoi se poi ti risvegli la mattina dopo chissà dove…tesoro… a questo punto, svegliarti seminuda direi che è il minimo che potesse accaderti”. Lo stesso prete che ironizza sui magrebini di Piazza Verdi a Bologna considerandoli “veri gentleman, tutti liberi professionisti, insegnanti, gente di cultura…”. Un vero e proprio “genocidio argomentativo” che contiene razzismo e mette sullo stesso piano la vittima e i suoi carnefici.
Ritornando a più nobili luoghi di pensiero è appena il caso di dire che l’azione riformatrice di Papa Francesco, a mio parere comunque innovatore rispetto alle resistenze dei burocrati ecclesiali, ha in parte destabilizzato lo stesso Vaticano per aver introdotto nella dottrina sociale della chiesa temi scottanti come l’uguaglianza economica, la povertà, l’attenzione (vera) verso gli emarginati, la netta presa di posizione contro ogni tortura e la sfida della urbanizzazione della società, proprio a partire dalle città, dove si incontrano razze, culture, storie.
Nella già citata “Misericordia et miseria” il Papa permette alla chiesa di fare due passi in avanti “rivoluzionari” per la dottrina cattolica: tutti i sacerdoti debbono assolvere chi ha abortito, così quei fedeli che frequentano i preti della Fraternità San Pio X.
Quest’ultimi, seguaci dell’arcivescovo cattolico Marcel Francois Lefebvre, portano avanti il cosiddetto tradizionalismo cattolico, si oppongono all’ecumenismo ed al dialogo interreligioso. Praticano una società di vita apostolica tradizionalista cattolica. Insomma, si sono permessi di mettersi contro il Concilio Vaticano II, che ha “prodotto” 4 Costituzioni, 9 Decreti e 3 Dichiarazioni; paragonato, per importanza, al Concilio di Trento, ovvero a quella riflessione della chiesa cattolica mondiale che ha fatto nascere, dopo una lunga gestazione durata 18 anni, la Riforma protestante 1545-1563). Ebbene proprio questi erano esclusi dalla confessione.
Ma nella ex regione “rossa” si è sbiadito addirittura ogni colore, tranne quello opaco, che produce indifferenza, lontananza, che non include, che non avvicina le distanze, che è sordo rispetto al messaggio di una società escludente.
Eppure penso a quei preti di frontiera della città di Napoli, nel centralissimo Rione Sanità, a Scampia, a Secondigliano, dove i servitori di Dio si sporcano le mani. Il gesuita Padre Valletti, il padre comboniano Alex Zanotelli (foto), don Antonio Loffredo. A don Giacomo Panizza, cui hanno sparato contro più volte per aver creato il Progetto Sud a Lamezia Terme, perché ha voluto includere disabili ed immigrati in un bene confiscato alla criminalità; ai martiri don Peppino Diana e don Pino Puglisi, a don Luigi Ciotti. A padre Alvaro Ulcué, ucciso dai latifondisti colombiani perché chiedeva di restituire le terre sottratte da questi agli indigeni. A chi, insomma, ha dedicato la sua vita agli altri ed a chi ha smesso di vivere per gli altri.
Quei preti di Bologna sono portatori di messaggi sbagliati. Non possono rappresentare la chiesa cattolica, non sono al passo con chi, come Papa Francesco, sta faticosamente tentando di svecchiare un “corpo” non più generatore di spiritualità, che ha perso il rapporto con la società, anzi, ne eredita i mali peggiori: si chiude, difende i privilegi, non rinuncia allo sfarzo e chi lo interpreta non conduce una vita “per gli altri”.