Domani, venerd 30 aprile (ore 17), alla Biblioteca centrale della facolt di architettura di Napoli, Palazzo Gravina in via Monteoliveto 3, sar presentato il libro di Antonio Filippetti “La sirena fuorilegge”. Ne parleranno con l’autore Donatella Gallone, Ernesto Paolozzi e Generoso Pignalosa.
Pubblichiamo uno stralcio dall’introduzione.
Sulle origini di Partenope s’intrecciano da sempre miti e leggende: miti e leggende che talvolta risultano perfino più credibili delle stesse testimonianze storiche. La storia ci dice, infatti, che la nostra metropoli risale circa al IX secolo a.c. quando navigatori provenienti dall’isola di Rodi fondarono una colonia commerciale sull’isolotto di Megaride (dove sorge attualmente il Castel dell’Ovo) e sulle propaggini di quella che è oggi la collinetta di Pizzofalcone. All’antica presenza rodia in Campania risale anche il culto della sirena Partenope, propria dei naviganti rodii.
Ma qui la leggenda prende per cos dire il sopravvento. Nel senso che altre versioni più pregnanti resistono nella memoria collettivae sono ritenute,almeno dal punto di vista sentimentale, più solvibili. Una di queste ci racconta che la bellissima sirena dagli occhi azzurri come il mare, si era innamorata, senza essere contraccambiata, del dio Vesuvio mentre un’altra versione fa il nome di Ulisse. Fatto sta che questa delusione fu ragione sufficiente perchè Partenope si desse la morte. Ed è un epilogo davvero drammatico: la sirena, non potendo vivere fuori dall’acqua, si diresse,trascinandosi fuori dal mare, verso il monte Echia e qui andò a porre fine alla propria sventurata esistenza, proprio sotto la collina di Pizzofalcone. Sempre la leggenda narra che gli dei dell’Olimpo, inteneriti e impietositi dal gesto della sirena, decisero che quel luogo sarebbe stato d’allora in poi un posto perennemente sereno,baciato dal clima e dal sole,mai più teatro di storie tragiche e dolorose e dove gli abitanti avrebbero vissuto una vita ricca e felice. Anche per questo probabilmente lo stesso Virgilio definisce Partenopecome il luogo della felicit .
Le vicende recenti della citt rischiano per cos dire di avversare seriamente la leggenda di Partenope nel senso che la metropoli sembra aver perduto per sempre il destino assegnatole di grazia e felicit e contravvenire in questo modo alle narrazioni della mitologia.
Il sogno di Partenope è stato comunque cullato a lungo e lo testimonia tutta una letteratura a partire proprio da alcune descrizioni su Napoli e i suoi dintorni che si possono reperire gi nell’opera di Giovanni Boccaccio. E nemmeno si può ignorare un famoso brano di una novella di Matteo Bandello nella quale un napoletano parla della sua citt e la descrive come il luogo , forse unico in Italia, dove “l’uomo possa quei piaceri e diporti pigliarsi che a Napoli assai agiatamente in ogni stagione dell’anno si pigliano, per la delicatezza del paese come anche per l’amenissimo sito della bella e piacevole citt “. In quella stessa novella il narratore ci parla anche del fiume Sebeto dalle cui sponde, per sfuggire all’aggressione di un seduttore, si getta un giorno una fanciulla e si salva nella sue “chiare e lucide acque”. Cosa ne sia oggi di quel fiume è difficile saperlo. Un altro segno premonitore per ricordarci forse di unfatale destino soggettodavvero a compiersi in maniera drammatica. Lo stesso Pasolini ci ricordava come l’unica forma di citt alla quale Napoli poteva richiamarsi apparteneva unicamente al ricordo dei napoletani e i “napoletani sono una tribù in estinzione”, dando in questo probabilmente anche ragione a Walter Benjamin il quale parlò di Napoli come di “una citt mai pensata per sempre”.
In alto, la copertina del volume