Venerdì scorso lo scrittore di Mumbay, naturalizzato britannico, Salman Rushie, al Madre, museo di arte contemporanea della fondazione Donnaregina, ha dato il via alla prima volta partenopea del Festival di letteratura internazionale Le Conversazioni ideato da Antonio Monda e Davide Azzolini. Alla sua quattordicesima edizione, la rassegna ha sempre avuto come baricentro l’isola di Capri. Di seguito, Francesca Vitelli racconta come il celebre autore si è svelato al suo pubblico di Napoli e al mondo.
Tutto è cominciato con “I figli della mezzanotte”. Era l’inizio degli anni Ottanta e ancora saccheggiavo a piene mani la libreria di mia sorella maggiore integrando i prelievi dagli scaffali rossi con quelli, più polverosi, della biblioteca scolastica a cui aggiungevo gli acquisti personali in una onnivora ordalia che teneva insieme continenti e generi letterari: Tolstoj, García Márquez, Amado, Stendhal, Balzac, Austen, Allende, Deledda, Neruda, Tagore, Dostoevskij.
Di Salman Rushdie mi conquistò la capacità di ordire una trama con doppio registro narrativo: il reale e il fantastico che si intrecciano, si anticipano e si inseguono per tendersi tranelli in una danza mai prevedibile e in nessun caso noiosa.
Uno stile così variopinto nelle sue pennellate descrittive e così ficcante nel racconto induce dipendenza e così, dopo I Figli della mezzanotte, venne la lettura de La vergogna, I Versi satanici e gli altri.
Rushdie è stato per la mia generazione il creatore di magie che J.K.Rowling, con la saga di Harry Potter, è stata per quelle successive, perciò, ascoltarlo conversare sulla terrazza del museo Madre in un caldo crepuscolo d’estate è una esperienza che annovero tra quelle belle, quelle in cui incontri qualcuno che conosci da lungo tempo.
Cosa ha svelato al mondo lo scrittore indiano seduto tra la sagoma del Vesuvio e quella di una delle tante cupole del centro storico napoletano? Nessuno scoop, niente colpi di scena, solo una assoluta verità: esistono i luoghi dell’anima. Commentando una delle immagini scelte nel percorso visivo-uditivo della conversazione, quella di un drone posizionato sulla sua città natale, ha rivelato che benché vi abbia vissuto solo fino ai sedici anni i suoi libri continuano a nascere e vivere lì perché quello è il luogo che lo fa sentire bene.
Lì le storie, i personaggi, i tramonti, le emozioni e le piccole grandi cose della vita accadono e prendono forma in parole che, una dietro l’altra, si chiamano tra loro fino a prendere posto nelle pagine. Non importa se il suo luogo dell’anima si presenti oggi al mondo con nome falso – Mumbai – non importa se si discuta sull’esatta etimologia del nome da dare a un impasto di ricordi, frutti maturi, fiori profumati, sorrisi, lacrime, odori, sensazioni perché comunque lo si chiami quello è il luogo dove tutto è ancora e sempre possibile.
Questo sentire – così profondamente universale – fa sì che ognuno di noi tra quelli seduti ad ascoltare dalla sua voce le storie che tanto ci piacciono, perché chi ha il dono di raccontare storie lo fa anche se ricorda ad alta voce come ha acquistato il biglietto dell’autobus la mattina del giorno precedente, ci regala la sensazione di far parte di un genere di persone speciale: quelle che hanno la possibilità di esistere in un luogo altro incorruttibile dalle ingiurie del tempo e le intemperie della vita.
Ci sono anche delle novità, delle anticipazioni che fanno fremere i fan: prossimo anno nuovo libro e serie Netflix tratta da “I figli della mezzanotte”.
I film che gli piacciono e quelli pessimi, gli aneddoti segreti del set di Guerre Stellari quando la sua giovane amica Carrie Fisher alla prima prova costume domandò imbarazzata al regista Lucas come mai non trovasse la biancheria intima e lui le rispose: «Perché nello spazio non si usa!», il neo realismo italiano e i quadri che preferisce, gli autori che lo hanno ispirato, la musica che ama e altri pezzetti del suo mondo popolano per un’ora e mezza l’aria torrida di una estate appena esplosa, una estate perfetta per ascoltare storie e abbandonarsi alla lettura, alla frequentazione di mondi paralleli costruiti nel tempo da uomini e donne visionari.
Quando si tratta con le parole bisogna essere competenti poiché esse danno sostanza all’anima, ai pensieri, all’essere, le parole vanno scelte con cura, perciò, c’è da complimentarsi con l’interprete, una donna dalla voce ben calibrata e la perfetta padronanza degli idiomi anglosassone e italico.
Quello della conversazione è un piacere sottile fatto per chi ama ascoltare e provare interesse per le idee e i pensieri altrui, un piacere da esercitare il più spesso possibile. Torni a trovarci M. Rushdie il mondo ha bisogno delle sue storie.
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I PROSSIMI APPUNTAMENTI CON LE CONVERSAZIONI
CAPRI
28 giugno > 7 luglio
Piazzetta Tragara | ore 19:00
venerdì 28/6 | Marisa Silver
sabato 29/6 | Ta-Nehisi Coates
domenica 30/6 | Amitav Ghosh
venerdì 05/7 | Andrew Sean Greer
sabato 06/7 | Leslie Jamison
domenica 07/7 | Howard Jacobson
NEW YORK
2 dicembre | Margo Jefferson
New York Historical Society
5 dicembre | Nicole Krauss & Laurie Anderson
The Morgan Library & Museum
Per saperne di più
http://www.leconversazioni.it/
GILLICK AL MADRE, MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DELLA FONDAZIONE
Venerdì 21 giugno è stata anche inaugurata la mostra “In piedi in cima a un edificio” di Liam Gillick, artista concettuale inglese che vive a New York City. L’esposizione è organizzata con la Galleria Alfonso Artiaco.
La retrospettiva, a cura di Alberto Salvadori e Andrea Viliani, presenta per la prima volta insieme i più importanti video e film realizzati dall’artista dal 2008 a oggi, in un allestimento appositamente concepito per integrare la visione delle opere nell’architettura del museo.
Ogni sala è contrassegnata da interventi differenti ma fra loro rispondenti (manifesti, pitture murali, scansione temporizzata dei suoni rispetto alle immagini), che delineano un vero e proprio percorso conoscitivo. Fino al 14 ottobre.
Per saperne di più
www.madrenapoli.it