Le disobbedienti/ “Biglietto di terza classe”: Silvia Pattarini fa riemergere dalla memoria la storia della propria bisnonna, Lina. Una donna coraggiosa, con destino da emigrante

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Le ondate migratorie italiane, del passato e del presente, hanno in sé tante storie da raccontare. Il coraggio, la disperazione, la ricerca di un futuro, il ricongiungimento familiare, la nostalgia, la sofferenza, la speranza, i sacrifici e il duro lavoro.
Nelle storie dell’emigrazione c’è tutto questo e molto di più. C’è la separazione tra chi parte e chi resta, lo sradicamento dai luoghi dove si è nati e cresciuti e la difficoltà di apprendere una lingua e delle abitudini diverse dalle proprie. Molto spesso a raccontare le storie di chi lasciò l’Italia, alla fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, sono le/i discendenti che ricostruiscono con amore e pazienza un viaggio di cui hanno ascoltato i ricordi tramandati oralmente da nonne, prozie e zie. Si ricostruiscono le vite dei propri avi per conoscerli meglio, per comprenderne i sentimenti, le scelte, si ripercorrono i passi di chi ci ha preceduto per interrogarci su noi stessi e la nostra identità e per tramandarne la memoria a figli e nipoti.
È un percorso a me noto, i miei nonni emigrarono da Napoli per raggiungere New York agli inizi del Novecento, nella mia infanzia ci sono stati racconti, fotografie, cartoline e l’opportunità di crescere nutrendomi di due diverse culture.
Biglietto di terza classeè il romanzo scritto da Silvia Pattarini e pubblicato da Gli scrittori della porta accanto per raccontare la storia della propria bisnonna, Lina, che lasciò l’Emilia per raggiungere la sorella a New York. Nel passaggio dalla realtà rurale di un piccolo paese a quella di una metropoli un gruppo di ragazze si sostiene a vicenda in un viaggio verso un ignoto carico di aspettative.
Desolina, questo il nome di battesimo della protagonista, ha iniziato a far i conti con le difficoltà fin da piccola rimanendo menomata a una gamba dopo un incidente ma, dotata di temperamento e determinazione, sopravvissuta al peggio lavora in filanda per guadagnare i soldi necessari ad acquistare il biglietto per raggiungere la sorella oltre oceano.
Una volta arrivata vive la dualità di sentimenti di chi rimane affascinata da una realtà tecnologicamente avanzata, rispetto a quella di provenienza, ma frustrata per le condizioni di povertà e sfruttamento cui gli immigrati sono costretti, in bocca l’amara sensazione che il prezzo del progresso sia lo sfruttamento di chi è venuto in cerca di un futuro migliore.
Nelle pagine leggiamo del ricongiungimento dei nuclei familiari che, insieme con la solidarietà della comunità italiana, rendono meno dura la quotidianità ma l’agiatezza e il benessere vagheggiato si rivelano un miraggio.
Lina sopravvive a un incendio in una sartoria in cui muoiono molti dei suoi colleghi, lavoravano chiusi a chiave all’interno dai proprietari, nessun sistema di sicurezza e prevenzione. Vive la sindrome del sopravvissuto, il senso di colpa che, talvolta, insorge in chi non subisce la stessa sorte di chi ha vissuto un evento traumatico. Lavora con turni estenuanti di dodici ore accanto a donne e bambini, con coraggio aderisce agli scioperi del settore tessile senza, però, vedere nessun reale miglioramento. Le donne, i bambini, gli immigrati e le persone di colore sono sfruttate ed emarginate.
L’autrice fa emergere il lato ottimista, altruista e solare della protagonista raccontando dell’inaspettato e felice incontro con un uomo che non si sofferma sulla sua zoppia ma guarda a lei come persona. Lina si sposa e sta per diventare madre quando il marito, un barbiere che ha aperto una attività in proprio, viene ucciso dalla mano nera che lo taglieggia.
Il destino, cinico e baro, rivela che l’assassino è il cognato di Lina arrivato in America dieci anni prima in seguito alla morte della moglie e della figlia. Suo marito è stato ucciso dal marito della sorella che aveva fatto perdere le tracce non dando più notizie alla famiglia.
Rimasta vedova e in procinto di partorire riceve la proposta del suocero di sposare il cognato più giovane, Carlo, che lavorava con il marito. Considerata la difficoltà della posizione in cui lei e il nascituro si trovano valuta la proposta e la accetta. Un’unione che, nata non da un innamoramento ma da un atto di responsabilità, si trasforma in un matrimonio solido con l’arrivo di una seconda figlia.
In Europa è scoppiata la prima guerra mondiale, in America i prezzi salgono e con lo scoppio dell’epidemia di influenza spagnola Carlo, con il lavoro di venditore ambulante di gelati e frutta secca, non guadagna a sufficienza. Lina e Carlo decidono di usare i soldi messi da parte per intraprendere una strada che li vedrà di nuovo in viaggio.
Lo stile scorrevole rende facile “vedere” le descrizioni delle condizioni di viaggio in terza classe dei bastimenti che trasportavano più di mille persone alla volta, il senso di spaesamento una volta arrivati a Ellis Island e il terrore di essere “scartati” e rimandati indietro. Emigrare non è destino toccato in sorte solo ai nostri avi, tanti sono gli italiani che ancor oggi devono, a malincuore, lasciare la terra in cui sono nati, non c’è smart working che tenga e le migrazioni attraverso il mare non sono cosa che riguardino il passato, sono il presente.
Paura, preoccupazione, sofferenza, precarietà, speranza, coraggio e disperazione sono i sentimenti che albergano in chi parte scappando da una situazione in cui non vede prospettive. Testimoniare e tramandare la memoria storica è un atto d’amore ma anche un’operazione culturale imprescindibile.
Le nostre radici ci dicono chi siamo e quali sono gli elementi costitutivi della nostra identità. Dalla tradizione orale a quella scritta le donne raccontano le storie delle proprie famiglie per mantenerne vivo il ricordo e affidarlo alle nuove generazioni.
“Biglietto di terza classe” ne è un esempio, un libro scritto per scongiurare il pericolo dell’oblio per vicende personali che si inseriscono nel grande affresco della Storia. Un filone, questo della memoria femminile dell’emigrazione, molto interessante e scrigno di bellissime storie.
IL LIBRO
Silvia Pattarini,
Biglietto di terza classe,
Gli scrittori della porta accanto
Pagine 384
euro 18,00

L’AUTRICE
Silvia Pattarini è nata a Milano, ma vive da sempre nella splendida cornice della Valtrebbia. Oltre a viaggiare, ama scrivere racconti e poesie. Alcuni dei suoi componimenti iscritti a concorsi letterari, hanno conseguito premi, attestati e targhe di merito. Numerosi racconti e diverse poesie sono presenti in varie antologie. Ha esordito nel maggio del 2013 col romanzo storico Biglietto di terza classe edito da 0111 edizioni, di cui questa è la seconda edizione. Nel 2015 ha pubblicato l’ebook La mitica 500 blu edito da Lettere Animate. Per la collana de Gli Scrittori della Porta Accanto di PubMe nel 2019 ha pubblicato la prima edizione della silloge Il tempo di un caffè, cui è seguita una seconda edizione in formato tascabile per la stessa collana, nel 2020, e nel 2021 la raccolta di racconti Sognando la libertà. È socia fondatrice dell’Associazione di Promozione Sociale Gli Scrittori della Porta Accanto e collabora attivamente al blog letterario omonimo: cura la rubrica Caffè Letterario, un salotto virtuale che si propone di fare conoscere scrittori e autori emergenti del panorama letterario italiano.
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