Le disobbedienti/ “Come donna, zero” di Luisella Fiumi: la società italiana vista da un interno di famiglia

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«Non lo disturbava l’eventuale presenza di doti intellettuali. Anzi, era orgoglioso di me. Delle volte mi diceva. “Sei la donna più intelligente che io abbia mai conosciuto”. Ma voleva che questa donna molto intelligente fosse sempre in casa, quando c’era lui e anche quando non c’era perché avrebbe potuto telefonarmi da fuori, da un momento all’altro».
Neri Pozza ripropone un gustoso testo, “Come donna, zero”, scritto da Luisella Fiumi e pubblicato per la prima volta nel 1974 in cui l’autrice, con sottile ironia, tratteggia la società italiana vista da un interno di famiglia. In una Milano grigia un marito giornalista, il Bosi, due figlie gemelle e una madre che rappresenta gli antipodi sono il micro cosmo di cui l’autrice dipinge scene quotidiane nelle quali gli stereotipi trovano una logica collocazione per la definizione dei ruoli di genere: l’uomo bread winner che lavora e provvede allo stipendio, la moglie che si occupa della casa e della cura delle figlie e una madre che bolla come femminista qualsiasi accenno alla parità: “Chi li fa? La madre perdiana” “E i figli di chi sono?” dissi io. “Della madre rispose lei. ”Infatti” dissi io “portano tutti il cognome della madre, la madre esercita la matria potestà”. “No” disse lei “portano il cognome del padre, che scoperta. E la patria potestà potrebbero esercitarla tutti e due”. “Perché tutti e due” dissi io” se dici che i figli sono della madre?” “Oddio, come sei noiosa, come sei suffragetta, non so dove vuoi parare!” esclamò lei. “E va bene. I figli sono di tutti e due. Però li fa la madre”. “Ci risiamo” dissi “Li fa da sola questa madre?” “Ma no, uffa, li fa in collaborazione con il padre”. “Brava, hai detto in collaborazione col padre. Il quale, mi sembra naturale che, di conseguenza, collabori a occuparsene. “Ma cosa vuoi che capisca un uomo?” disse mia madre.
Fiumi torna più volte sul tema del cognome paterno e materno
così come, con stile arguto, piacevolissimo e scorrevole, si sofferma su diversi aspetti della distinzione dei ruoli sociali tra uomini e donne. I dialoghi tra marito e moglie e tra figlia e madre evidenziano i limiti angusti entro i quali le donne potevano muoversi senza mettere in discussione il modello sociale e il granitico imperare di dogmatici luoghi comuni che, oltre quelli di genere, investono ogni ambito esistenziale: salute, genti meridionali etc.
Il marito incarna la perfezione che, dall’alto della sua magnanimità, sceglie tra tante candidate possibili proprio lei, una moglie imperfetta di cui mostrare le virtù a patto che queste non lo sminuiscano, perciò va bene che ella lavori ma, beninteso, che la sua sia una occupazione non paragonabile alla propria per importanza.
«L’unica differenza rispetto alle donne fu che mi riuscì di licenziarlo, sia pure con molte circonlocuzioni, ma senza patemi d’animo, perché di domestici, se proprio ne volevo altri, ne avrei trovati. E poi non ne volevo più. Ma il Bosi, quando lo seppe, disse scandalizzato: “Come si fa a licenziare un uomo?!” (perché un uomo vale di più)».
La protagonista convive con un senso di inadeguatezza perenne continuando ad alimentare sensi di colpa instillati nell’infanzia da una madre che ha elevato l’incoerenza a suprema virtù: quel che fa lei è sempre giusto ma se altri pongono in essere comportamenti simili ai suoi allora no, questi sono insensati e scellerati. Il senso di inadeguatezza, che genera stress e malessere, arriva al punto da renderla felice per l’anaffettività provata nei confronti di un cane verso il quale non prova nessun sentimento, anestetizzare la sfera emotiva appare come il migliore dei risultati possibili.
Fiumi traccia per sé un percorso di emancipazione costellato di trappole e ripensamenti, alle figlie decide di non raccontare favole che alimentino traumatici messaggi fondati su lupi che sbranano inermi e allettate nonnine o streghe che ingrassano bambini da divorare per sentirci rinfacciare di aver allevato figlie incapaci di affrontare la realtà quotidiana fatta di violenza e morti. Come sempre un registro ironico, usato con maestria, rende efficace e godibile il racconto delle vicende umane, anche le più misere.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Luisella Fiumi,
Come donna, zero
Neri Pozza
Pagine 155
euro 15

L’AUTRICE
Luisella Fiumi è nata a Milano nel 1924 ed è vissuta a lungo a Trieste, dove si è laureata e ha iniziato la sua carriera giornalistica al Piccolo. Tornata a Milano, ha affiancato l’attività di giornalista a quella di scrittrice di romanzi di successo. Come donna, zero (1974) l’ha resa una delle più note umoriste italiane. Sono seguiti: Cambia che ti passa (1975), Madri e figlie (1978) e Tutte femmine e un maschio (1981), piccoli trattati di vita quotidiana di una donna divisa tra la scrittura e la famiglia.

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