Le disobbedienti/Constance Lloyd, moglie di Oscar Wilde: una biografia di Laura Guglielmi rende giustizia all’audacia del suo pensiero

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Ci sono diversi modi per scrivere una biografia ed entrare nella vita di una persona. C’è chi lo fa sbirciando dal buco della serratura, chi si approccia con la perizia dell’entomologo e chi con coinvolgente passione. Le biografie che mi piacciono sono quelle in cui qualcuno – con rispetto e sensibilità – si è avvicinato ai pensieri, i luoghi e le cose di un altro essere umano imparando a conoscerne gli stati d’animo, il modo di pensare, i sentimenti, le passioni, i desideri, le paure e le delusioni.
Le biografie in cui si percepisce una sintonia, un legame profondo sostanziato dalla lealtà: chi scrive si assume la responsabilità di non mentire né travisare ma circostanziare, argomentare e sviluppare i pensieri con la stessa cifra stilistica e impronta intellettuale della persona che sta raccontando.  
È un lavoro che richiede tempo, empatia, devozione e senso del limite. È quel che trovato, pulsante, nelle pagine in cui Laura Guglielmi restituisce la voce a una donna che fu nota in vita per esser, poi, per lungo tempo ospite delle lande desolate dell’oblio. Una donna il cui nome è legato a quello di un uomo famoso e conosciuto – dai contemporanei e dai posteri – che se non conobbe oblio fu anche grazie a lei e al suo coraggio.
La donna di cui l’autrice ha ripercorso, con grazia, la vita è Constance Lloyd, l’uomo famoso a cui fu legata indissolubilmente è Oscar Wilde. Di lui conosciamo l’arguzia, le poesie, i racconti, le commedie, gli aforismi, l’originalità, il suo essere dandy e la prigionia con lavori forzati cui fu condannato per omosessualità e di lei che lo amò, lo sposò, mai lo abbandonò e con cui ebbe due figli cosa sappiamo? Poco o niente, molti neanche sanno che Wilde si sposò.
 A colmare questa lacuna interviene Guglielmi attraverso il racconto di una persona brillante, intelligente, bella e indipendente, una scrittrice dalla curiosa vivacità che frequentò artisti e intellettuali dovendo far i conti con le regole di una società vittoriana che non ammetteva scelte diverse da quelle dei ristretti canoni imposti, una società per la quale fu costretta a cambiare cognome per sottrarsi all’infamia di non aver abbandonato e rinnegato un marito che amava gli uomini. Uno scandalo che la travolse con la furia di un uragano, un uragano nel quale navigò con le sue forze.
Constance Lloyd fu una donna ricca di interessi che non si lasciò limitare dal suo sesso,  si avvicinò alle rivendicazioni delle suffragette e interpretò la moda come un terreno sul quale proporre e affermare un cambiamento da avviare, una emancipazione femminile da proporre e sostenere: niente più corsetti e abiti “prigione” ma vestiti in cui sentirsi libere, non gabbie ma indumenti in grado di esprimere la femminilità come percepita e vissuta dalle donne e non come affermato dall’idea maschile. Amò viaggiare e conoscere culture diverse, crebbe i figli mettendoli al riparo dagli strali che colpirono il loro sciagurato padre e si innamorò di un uomo sposato senza mai far venire meno l’appoggio al marito.
L’autrice fa emergere, dalle riflessioni in prima persona di Constance e di Oscar, diversi temi interessanti, uno tra questi è la coerenza delle scelte e della responsabilità che da esse discende, Wilde scelse di rendere pubblica la sua relazione con Bosie (Lord Alfred Bruce Douglas) per non negare sé stesso, la sua natura e il suo essere – e anche probabilmente per l’egocentrismo e la voglia di stupire che glie erano proprie- ma ciò comportò il marchio di infamia per la moglie e i figli che ne pagarono le conseguenze.
Constance ammirava il genio del marito e se ne innamorò ricercando una intesa e una complicità intellettuale unite alla possibilità di essere libera di perseguire i propri interessi, quando comprese che le inclinazioni sessuali non erano più convergenti mantenne intatto l’affetto ma non si negò alla vita.
Non si considerò né agì da vittima anche se gli altri la vedevano tale: «Mi chiamo Constance Mary Lloyd. Avevo ventidue anni quando ho incontrato Oscar Wilde, ma lui non è l’unica cosa importante della mia vita, anche se il nostro è stato un grande amore. Non mi sono mai sentita vittima di mio marito».
La dichiarazione d’apertura del libro segna il percorso: la vita di Constance non si sviluppa entro i limiti del suo rapporto con un uomo famoso, la rivendicazione di autonomia intellettiva fornisce le coordinate per inquadrare la persona che scopriremo. Non fu neanche mai una moglie di “facciata” precisa l’autrice, l’omosessualità di Wilde fu una scelta successiva al loro innamoramento e matrimonio, il loro fu legame autentico che, nel tempo, mutò.
Andando avanti nella lettura non mi ha stupito apprendere che fu una ammiratrice di Mary Shelley, altra donna legata a un uomo famoso dotata di vivacissima curiosità intellettuale affiancata da coraggio, indipendenza di pensiero e innovatività letteraria, di lei Constance apprezza la temerarietà nell’infrangere gli schemi sociali fuggendo con un uomo sposato – il poeta romantico Percy Bysshe Shelly –  e la visionarietà del talento.
Come Mary Shelley anche lei pagò il dazio dei limiti imposti alle donne che sapevano scrivere: il loro lavoro veniva pubblicato con un nome diverso da quello proprio.
Per Mary Shelley fu vero per la prima apparizione di “Frankenstein o il novello Prometeo” che uscì, anonimo, nel 1818 poiché l’editore temeva che qualora si fosse saputo che a scriverlo era stata una donna nessuno lo avrebbe acquistato.
Di fatto in molti ne attribuirono la paternità a Percy Bysshe Shelly ma le edizioni successive – di quella che fu la prima opera del genere fantascientifico da lei inventato – e gli altri scritti furono pubblicati a sua firma mentre per Constance Lloyd la scelta di non far comparire il proprio nome non fu assunta dall’editore ma da lei e Oscar Wilde per scommettere su un sicuro successo di vendite che avrebbe generato guadagni.
È il caso riportato dall’autrice della favola “Il gigante egoista” del 1888: «Mi pentì di non aver firmato molte favole da me scritte e inventate, con Il gigante egoista. Oscar corresse qualcosa qua e là, ma decidemmo che comparisse solo il suo nome perché lo avrebbero pagato molto di più e noi avevamo bisogno di soldi. Non era ancora giunto il momento delle donne, anche se qualcuna era riuscita a sfondare la barriera invisibile che si frapponeva tra noi e la creatività».
Constance Lloyd soffrì per il pessimo rapporto con la madre, fu sempre profondamente legata al fratello e strinse amicizie sincere con cui condivise i momenti allegri e quelli bui, soggiornò a lungo in Italia dove morì e fu sepolta, del nostro Paese amava il clima, la vegetazione mediterranea, il mare e le belle ville della Riviera ligure.
Wilde dell’Italia amò un altro mare dove soggiornò con Bosie, il mio, quello che lambisce il Vesuvio nella languida e liquida rotondità del Golfo di Napoli. Anche dal mare che scelsero Constance e Oscar si percepiscono suggestioni.
Constance si ammalò e morì giovane a quarant’anni appena compiuti, la sua fu una triste vicenda medica, colpita da una malattia vera ignorata a beneficio di un’altra confezionata ad hoc per le donne non remissive e poco mansuete le cui idee e comportamenti deviavano da quanto loro la famiglia e la società prescrive: l’isteria femminile.
Diagnosi che si ritrova, fin troppo spesso, nel corso dell’Ottocento e all’inizio del Novecento nella storia clinica di donne “ammalate” di indipendenza di pensiero. La cultura non deve essere rassicurante, ma aiutare a pensare, una riflessione appuntata in un quaderno e riportata nella biografia riassume il modo in cui la protagonista decise di vivere.
Guglielmi racconta e ci fa conoscere una donna dal pensiero audace, scevra da tabù e ipocrisie sociali, che tenne testa alle difficoltà, i dispiaceri e lo scandalo anticipando i tempi in cui una donna potesse essere libera dai condizionamenti sociali e i giudizi morali.
È bello leggere una biografia come questa, è bello che sia parte di una collana che la casa editrice Morellini ha chiamato Femminile Singolare. Abbiamo bisogno di libri così, abbiamo bisogno di trarre dall’oblio donne – persone – con idee, pensieri e vite interessanti.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Laura Guglielmi
Lady Constance Lloyd
L’importanza di chiamarsi Wilde

Morellini
pagine 243
euro 17,90
L’AUTRICE
Laura Guglielmi è nata a Sanremo ma vive a Genova dopo aver trascorso alcuni anni a Roma e Londra. Ha lavorato per le pagine culturali de “Il Secolo XIX” e ha diretto il web magazine www.mentelocale.it Si è specializzata sul rapporto tra letteratura e paesaggio e ha curato una mostra fotografica su Italo Calvino. Nel 2019 ha pubblicato per Newton Compton “Le incredibili curiosità di Genova”. Ha scritto diversi racconti. Esperta di giornalismo culturale e di media digitali insegna all’Università di Genova.

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