Le disobbedienti/ Federica Manzon riflette sulle radici. Partendo dalla storia di “Alma”: lo sfondo è una città di confine come Trieste

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“[…] e la vita è sempre altrove” un romanzo sul nomadismo dell’anima, sulla costruzione identitaria e la lacerante riflessione sulle radici ambientata in una città di confine, Trieste, è lo sfondo di “Alma” di Federica Manzon da poco in libreria per Feltrinelli.
Da quando l’anno scorso ho fondato, insieme con un’amica glottologa in giro per il mondo a diffondere la lingua e la cultura italiana, il premio letterario “La letteratura delle Radici” il tema mi affascina e cattura anche più di prima.
Gli interrogativi Chi siamo? Da dove veniamo? prima o poi, in misura minore o maggiore, sfiorano tutte e tutti. Capire quanto del nostro carattere e le nostre scelte siano dettate dal passato e dal senso di appartenenza a una famiglia, cultura, comunità e quanto siano autonome e non riconducibili a null’altro che al nostro libero arbitrio è un pensiero che può sfiorare, rincorrere o rendere prigionieri.
«Alma pensa che tutte le teorie di suo padre sull’andare liberi nel mondo erano un imbroglio, o forse lui non si era mai sentito straniero nelle terre che attraversava, come invece capita a lei», la protagonista raccontata da Manzon, Alma, vive a cavallo tra culture, lingue e modi di essere diversi che in alcuni momenti storici convivono e – in altri – si armano l’uno contro l’altro per annientarsi: sono i territori della ex Jugoslavia e i Balcani.
Trieste è una città di frontiera, una membrana storica sul mare attraverso la quale si oltrepassano confini spazio temporali in cui Alma cresce accanto a Vili, bambino sradicato da Belgrado perché affidato dai propri genitori a suo padre che lo porterà a vivere con loro. Crescono insieme, si attraggono e respingono rispettando i silenzi e i segreti dell’altro fino a quando la verità non si disvelerà. L’autrice evoca atmosfere in cui si avverte l’equilibrismo di chi è sospeso tra codici comportamentali e linguistici diversi con la sensazione di non appartenere a nessuno di essi fino in fondo, si quanti hanno la sensazione di indossare i panni di un perenne “straniero”.
La Trieste austroungarica dell’alta borghesia vissuta nella casa dei nonni in Via dei Platani, la selvaticità e l’asprezza della casa sul Carso con i suoi genitori e Vili, la frequentazione della Città dei matti dove non ci sono strumenti di contenzione in cui lavora la madre, i ricordi dell’infantile partecipazione alle manifestazioni orchestrate dal potere titino e il misterioso apparire e scomparire del padre tra l’al di qua e l’al di là sono i frammenti che compongono il mosaico identitario: «[…] suo padre l’ha resa allergica ai radicamenti, l’ha messa in guardia dalla retorica che accompagna la lotta al nomadismo, le ha insegnato la superiorità del movimento sullo stato, ma ora non può perdere anche le parole di suo nonno, deve aggrapparsi alle sue certezza autorevoli».
La vita da adulta in una città diversa da quella della propria infanzia, Roma, le fa scorgere tutta la sua “diversità”, parla poco e nulla racconta di sé senza mai fidarsi e affidarsi a nessuno. È passata attraverso l’infanzia e l’adolescenza accompagnata da un rapporto con la madre quasi inesistente e intenso ma a distanza per le lunghe inspiegate assenze con il padre, con Vili si incontrano e rifuggono, cresce libera di pedalare su una vecchia bicicletta e andare in giro a scoprire l’essenza dell’essere esuli attraverso i bauli accatastati in un magazzino del porto dagli istriani cacciati dalle proprie case a partire dal 1944 – e per oltre un decennio – e malamente accolti in Italia.
Attraversa il confine verso un territorio messo insieme sulle carte geografiche – la Jugoslavia – contro la Storia, l’identità, la religione e la cultura di comunità diverse conoscendo le persone che vivono in uno spazio che diventerà terra di violenza.
Trieste è città di confine tra conflitti mai sopiti che, ciclicamente, si riacutizzano è luogo di spartenze. Manzon richiama alla memoria i massacri di Vukovar e Srebrenica e l’assedio di Sarajevo, alcune delle pagine più terribili della guerra che negli anni Novanta del Novecento ha insanguinato il cuore dell’Europa. “La città è ancora un sismografo dell’Est?” domandano ad Alma nella sua veste professionale di giornalista e lei, dalla pagina, rivolge la domanda a chi legge.
Ci sono città di mare che, dalla notte dei tempi, hanno – come le persone – una identità, penso a Trieste, Venezia, Napoli e Palermo. Città-cerniera che accolgono popoli diversi concedendo loro la possibilità di mescolarsi senza rinunciare ad essere sé stessi e senza avvertire il bisogno di distruggere il diverso, l’altro da sé, per affermare la propria esistenza.
Città che fondano la propria essenza sul sincretismo accordando la possibilità di una coesistenza altrove proibita. Napoli e Palermo sede di regno che risuonano e rifulgono di Mediterraneità, Venezia Repubblica autonoma dalla fiera indipendenza lagunare e Trieste avvolta dall’austera bellezza imperiale austroungarica ai miei occhi sono tutte – tutte- unite dalla possibilità che accorda il mare.
Alma è consapevole del richiamo che la distesa salata esercita e annota mentalmente la differenza tra il fluire delle acque di un fiume e l’andanza delle onde marine. Dove finisce l’Italia? Dove comincia l’identità personale? Dove sono le radici? Perché cerchiamo le nostre radici?
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Federica Manzon
Alma
Feltrinelli
Pagine 267
euro 18

L’AUTRICE
Federica Manzon (Pordenone, 1981) ha pubblicato i romanzi Come si dice addio (2008) e Di fama e di sventura (premio Rapallo Carige 2011 e premio Selezione Campiello 2011). Nel 2015 ha curato il volume I mari di Trieste (Bompiani). Con Feltrinelli ha pubblicato La nostalgia degli altri (2017).

2 COMMENTI

  1. […] Le disobbedienti/ Federica Manzon riflette sulle radici. Partendo dalla storia di “Alma”… Le disobbedienti/ “Il profumo dei giorni perduti”: Ondine Khayat racconta l’orrore del genocidio armeno. Attraverso la storia della propria famiglia Le disobbedienti/ Anna Bises Vitale, una vita vissuta sul filo dell’emigrazione. Da Roma a Buenos Aires, fino al ritorno in Italia: l’importanza della memoria Le disobbedienti/ Ruggero Cappuccio racconta la principessa di Lampedusa. Beatrice Tasca Filangieri di Cutò infranse le regole per affermare le proprie idee Le disobbedienti/ “I cancelli del tempo”: storia di Apollonia che infrange le regole sociali e sceglie la strada dell’amore Le disobbedienti/ “Biglietto di terza classe”: Silvia Pattarini fa riemergere dalla memoria la storia della propria bisnonna, Lina. Una donna coraggiosa, con destino da emigrante Le disobbedienti/ “La libertà, e insieme il mio cuore”: memorie familiari di Luisella Dal Pra. Tra queste, la storia di Dora che sfida il pericolo nella Resistenza Le disobbedienti/ “Cuore di donna”: Carla Maria Russo racconta in un romanzo come la solidarietà femminile può salvare la vita Le disobbedienti/ Alfonsina Storni: poeta, giornalista e attivista per i diritti delle donne. Riccardo Campa le dedica una biografia Le disobbedienti/ Elvira Coda Notari, pioniera del cinema. A New York, raccontò Napoli per gli immigrati Le disobbedienti/Madame Vitti, ovvero Maria Caira: la ragazza della Ciociaria che fondò a Parigi un’Accademia per pittrici […]

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