Le disobbedienti/ “Gaslighting”: Hélène Frappat racconta come il mondo mette a tacere le donne che si ribellano al potere maschile

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Ci sono libri che, anche se non ne hanno la veste e l’intento, possono rivelarsi ottimi manuali di auto aiuto, strumenti preziosi per acquisire consapevolezza, Gaslighting scritto da Hélène Frappat e da poco in libreria per Neri Pozza è uno di questi.
Gaslighting è stata parola dell’anno 2022 scelta dal vocabolario Merriam-Webster, questa rimanda alla manipolazione psicologica posta in essere per isolare e far estraniare qualcuno dalla realtà al fine di conseguire un proprio vantaggio.
Il fenomeno è mirabilmente descritto in un’opera teatrale nel 1938 da Patrick Hamilton, drammaturgo e romanziere inglese, intitolata “Gas Light” e portata sul grande schermo da George Cukor nel 1944 con Charles Boyer e Ingrid Bergman. Da allora ad oggi il termine ha assunto un significato esteso applicandosi oltre che al contesto individuale anche a quello collettivo.
L’autrice affronta il tema articolando una argomentazione in cui si ritrovano molte delle tesi e degli studi su cui #ledisobbedienti concentra l’attenzione. Come sempre accade quando si vuol andare all’origine dei fenomeni, e Frappat lo conferma, si guarda al passato. L’autrice si sofferma sulla mitologia, il pensiero filosofico, l’organizzazione della polis greca e la costruzione socio-giuridica romana.
Ed è nel passato che affondano le radici del patriarcato. Come appare ormai chiaro a un crescente numero di persone è ad Aristotele che si deve l’idea di una inferiorità femminile discendente da una conformazione anatomica opposta a quella virile che contraddistinguendosi per razionalità, equilibrio e capacità di pensiero assurge alle doti etiche che necessitano per il buon governo della res publica, é dalla perfezione anatomica che discendono le virtù e la donna – che tutto è tranne che perfetta con i suoi umori freddi e umidi – è scarto, ella risulta manchevole di tutti gli attributi buoni e sani di cui l’uomo è portatore.
«Quindi questo libro si propone di risolvere un enigma: chi ha tentato di commettere questo crimine, che non consiste nel descrivere le donne come un branco di scervellate ma, puramente e semplicemente, nel cercare di farle sparire? Un crimine che può ben sembrare sgrammaticato – svaporare qualcuno è un neologismo- ma non per questo è meno letterale. Puff! È il rumore appena percettibile che fanno le donne quando svaporano. Quasi in silenzio. Questo saggio sotto forma di indagine vuole alzare il volume».
Ebbene alziamolo il volume. Come si riduce qualcuno al silenzio? Una buona e collaudata strategia prevede l’isolamento, lo screditamento e il conseguente senso di straniamento e alienazione che rendono un soggetto inerme consegnandolo a un/una carceriere, sia questo una persona, un gruppo o un regime.
Si annienta l’identità spezzando il legame con la dimensione dell’alterità che passa attraverso la comunicazione, il linguaggio. La nostra identità si costruisce all’interno di un contesto relazionale, noi siamo perché in relazione con altri individui, in assenza di scambi con la dimensione dell’alterità la personalità viene privata della possibilità di avere le necessarie conferme allo sviluppo della coscienza e del pensiero.
Se nessuno crede a quel che diciamo e se il dirlo ci espone al rischio del biasimo, della punizione o della diagnosi di follia che spalanca le porte del manicomio, dunque, non resta che tacere. Quante donne sono state ridotte al silenzio, spezzate e condannate alla reclusione in: convento, manicomio, matrimonio forzato? L’elenco è lungo, molto lungo, troppo.
L’autrice conduce un’analisi sulle donne la cui voce è stata depotenziata e tacitata tracciando una lunga linea temporale che va da Cassandra e Antigone fino ai giorni nostri passando per le casalinghe anestetizzate americane degli anni Cinquanta e Martha Mitchell che denunciò i protagonisti – suo marito in primis – dello scandalo Watergate.
Tutte donne marchiate come folli, tutte donne da ridurre al silenzio. A loro vorrei aggiungere un caso esemplare: Giovanna di Castiglia, figlia della regina Isabella I di Castiglia e del re Ferdinando II d’Aragona andata in sposa a Filippo il Bello e passata alla storia come Giovanna la pazza, al fine di impedirle di esercitare il potere fu tenuta prigioniera e sepolta viva per oltre quarant’anni, prima dal padre e poi dal figlio Carlo V.
La cronaca di questi giorni ne aggiunge un’altra alla lista, Ahoo Daryaei è il nome riportato dai media, una studentessa che, ripresa dai rappresentanti dell’ordine perché non indossava correttamente il velo islamico, si è svestita rimanendo in biancheria intima nel cortile del dipartimento di Scienza e Ricerca dell’università Azad di Teheran. Di lei il potere ha detto che, poiché pazza, è stata portata in manicomio.
Come far tacere un coraggiosissimo gesto di ribellione? Riducendo al silenzio e facendo sparire la donna.  L’autrice costruisce un filo rosso tra tutte le donne presenti tra le pagine ricorrendo alla voce, la parola, il linguaggio.
La voce femminile – sostengono i fautori del patriarcato – è acuta, sgraziata, sgradevole, orrida. È un tema questo che ho approfondito nel mio studio sulle sirene la cui voce è canto melodioso inteso a ingannare, sedurre e indurre l’uomo al peccato per Omero, verso terribile d’uccello come quelle delle Furie, le Erinni, per altri mentre c’è chi teorizza che esse siano mute, afone, prive di parola.
È tanto vero che la voce femminile sia da eliminare che Margareth Tatcher – e altre donne che come lei hanno rivestito, o rivestono, ruoli preminenti sulla scena pubblica- prendono lezioni per imparare a modulare la voce smussandone i toni acuti per avvicinarsi a quello grave.
La voce femminile è stridula e sgradevole oppure tentatrice e libidinosa quindi essa, in ogni caso, va resa inoffensiva per le orecchie e le menti. La parola gaslighting ha significati in fieri che l’autrice vuol contribuire a definire arricchendola di connotazioni europee soffermandosi sulla mortifera capacità di trasformare la censura in autocensura nelle persone che, perdendo fiducia, autostima e connessione con la realtà, si inabissano nel gorgo dello straniamento e l’alienazione: «Il diario è un archivio e una prova; la scrittura è un mezzo di salvezza, quando la voce della vittima si è talmente indebolita da sprofondare nel mutismo».
Non è la prima volta che ci soffermiamo sul potere salvifico della scrittura e del suo essere strumento di emancipazione per le donne costrette in gabbia dalle regole sociali, alla pagina si affidano quei pensieri che non si possono esprimere pena l’esser sanzionate o rinchiuse.
La scrittura è strumento di emancipazione alla stregua dell’ironia, è con questa che Ingrid Bergman sbeffeggia il suo aguzzino smascherato da un poliziotto. L’ironia è l’espressione di una intelligenza acuta che ben conosce il potere della parola padroneggiandone i registri, è lo strumento con il quale si svela il vero volto del gaslighter, è il modo per mostrare al mondo la pochezza delle persone piccine che, ingannando e incutendo timore, tengono in scacco chi si trovi in situazione di vulnerabilità,
In “Così parlò Zarathustra” Nietzsche scrive: «Non con l’ira ma col riso s’uccide».. L’autrice si sofferma, inoltre, sulla medicina di genere per ricordare che gli studi condotti sull’anatomia maschile mal si attagliano a quella femminile che ne rimane esclusa con la conseguenza di ricevere meno attenzione e possibilità di terapie mirate. La battaglia sull’argomento è condotta da diversi anni, alcune mediche si impegnano quotidianamente affinché i trial clinici siano condotti differenziando i campioni tra maschi e femmine.
 ©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Hèlène Frappat,
Gaslighting. Contro la manipolazione
Neri Pozza
Traduzione di Marina Visentin
Pagine 255
euro 19

L’AUTRICE
Hélène Frappat è scrittrice, saggista, traduttrice e critica cinematografica. Per France Culture ha curato il mensile di cinema Rien à voir dal 2004 al 2009, oltre a numerosi documentari. È autrice di diversi romanzi pubblicati da Éditions Allia e Actes Sud, tra cui Par effraction, che nel 2009 ha ricevuto una menzione speciale al Prix Wepler-Fondation La Poste.

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