Le disobbedienti/ Gracia Nasi: la señora che costruì un impero finanziario nel ‘500. Da Lisbona fino a Istanbul, le avventure di una donna ebrea convertita in cerca della propria identità

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Una donna dai molti talenti vissuta nel Cinquecento, ebrea convertita per scappare alla persecuzione, ricca, intelligente e di potere. La sua storia, come quella di molte – troppe – altre donne è stata a lungo sepolta nelle pieghe del tempo mentre quella di suo nipote veniva indagata, scritta e presentata.
Definita una “virago solertissima” e un “vero uomo”, per la straordinarietà dell’essere a capo di una “banca” di famiglia che prestava ducati e scudi ai regnanti e dirigeva un impero commerciale avendone ricevuto investitura, dal marito prima e dal cognato poi, la storia di Gracia Nasi- da convertita nota con il nome di Beatriz de Luna – è una storia dalle molte sfaccettature.
Maria Giuseppina Muzzarelli in “La señora. Vita e avventure di Gracia Nasi” pubblicato da Laterza ne ricostruisce la biografia sollevando i dubbi e le domande a cui le storiche e gli storici, in assenza di documenti attendibili, non azzardano risposte ma suggeriscono possibili scenari. La protagonista visse il dilemma identitario che è fonte di travaglio per coloro che lasciano la propria cultura di formazione per varcare confini perché in fuga o perché desiderosi di una vita migliore.
Il tema, che mi affascina e spinge a ricercare storie che lo affrontino, è proposto dall’autrice attraverso numerosi spunti interessanti da approfondire, il primo tra questi è il concetto dell’erranza cui il popolo ebreo è – dai tempi biblici – associato.
Un tema rivisitato nell’elaborazione antropologica e paesologica nella triplice dimensione della spartenza, andanza e restanza legata alla decisione di partire, andare in luoghi diversi o rimanere che attiene alla dimensione dell’essere e della costruzione identitaria.
Gracia Nasi fu marrana – ebrea convertita – in Portogallo dove nacque dopo che la famiglia scappò dalla Spagna, ad Anversa e a Venezia mentre a Ferrara benché non dichiarò apertamente la sua vera fede venne considerata giudea. Solo quando riuscirà a giungere a Istanbul si professerà decisamente ebrea.
A chi visita alcuni luoghi della Spagna con occhio attento non sfuggono gli echi di un passato nel quale gli ebrei li abitarono, testimonianze del loro passaggio sono disseminate nell’architettura, nella nomenclatura e in taluni dettagli come le iscrizioni riportate sui muri di cinta dei cortili e i battenti dei portoni di palazzi che risalgono a secoli addietro, testimonianze di comunità che dopo periodi di convivenza con fedi diverse vennero cacciate o – peggio – sterminate dall’Inquisizione.
Stesse testimonianze rinvenibili nelle nostre città in cui furono costruiti ghetti come nel caso di Venezia e Roma. Gracia, attraverso la ricchezza proveniente dalla conduzione degli affari di famiglia e il potere che le derivava dalle relazioni internazionali, sostenne e aiutò famiglie e gruppi di marrani che scappavano da un luogo all’altro all’inasprirsi delle regole che presiedevano al loro diritto di soggiorno, il diritto di poter vivere in una città era accompagnato da sostanziose elargizioni che garantivano la sopravvivenza in un clima caratterizzato da una politica papale ondivaga che ora vedeva di buon’occhio la loro presenza e ora li tacciava di ogni nefandezza deferendoli ai tribunali dell’Inquisizione con l’accusa di non essere mai diventati veramente cristiani ma di aver continuato, in segreto, a professare la propria religione.
Diversamente da alcuni pontefici uomini come Ercole II, alla guida del ducato estense, accoglievano nei propri territori le comunità di sefarditi e marrani consapevoli che le loro attività – finanziarie, commerciali e mediche – avrebbero prodotto ricchezza e benessere poiché la presenza di famiglie come quella dei Nasi garantivano non solo prestiti a condizioni vantaggiose e versamenti costanti per il soggiorno ma sviluppavano i rapporti commerciali costruendo fiorenti mercati.
Fu proprio nel periodo trascorso a Ferrara che Gracia investì nella stampa della Bibbia e di opere liturgiche in lingua spagnola affinché i marrani potessero coltivare le radici della religione costretti a negare per sopravvivere, la sua fu una attività di sostegno alla comunità ad ampio spettro dall’aiuto materiale al progetto di ricostruzione identitaria collettiva.
Sul piano della conduzione degli affari fu abile e determinata fino al punto di ingaggiare una violenta e tumultuosa lite giudiziaria con la sorella che pretendeva parte del patrimonio aziendale come quota dell’eredità che le spettava alla morte del marito contestandole il ruolo di amministratrice unica dei beni e delle attività di famiglia.
«Gracia sembra incarnare l’intenzione e la possibilità di difendere interessi economici e valori morali, tenendo insieme l’impersonalità del capitalismo e l’umanissimo e rischioso imperativo morale di non tradire la fede dei padri e di provvedere ai correligionari in difficoltà».
Giunta in Turchia coltivò, da pioniera, un progetto che accarezzò anche il nipote Joseph: creare un luogo dove gli ebrei potessero vivere secondo la propria cultura. Il nipote provò prima a comprare un’isola della laguna veneziana senza raggiungere l’obiettivo, in seguito ricevette dal sultano Solimano il Magnifico la nomina a signore di Tiberiade dopo che la zia aveva avuto la concessione, cosa che fa notare l’autrice riveste carattere di assoluta eccezionalità: «[…]straordinario per una donna residente nell’impero ottomano» dal sultano e dal suo successore Selim II, di riscuotere le tasse dagli ebrei residenti.
Zia e nipote furono accomunati dal ruolo di conduzione dell’azienda di famiglia ma il ritratto della personalità che le testimonianze tramandano li individua come profondamente diversi, la prima fu stimata e rispettata godendo del prestigio sociale che le derivava dalle innegabili doti nell’amministrazione degli affari, nella costruzione di relazioni e nel riconoscimento dell’acume mostrato mantenendo un comportamento lineare mentre il secondo era avversato come persona subdola, spregiudicata e avida.
L’acume e la determinazione di Gracia la si ritrova, tra le tante sue iniziative, anche nell’avviare un embargo nei confronti della città di Ancona dopo che questa mandò al rogo un gruppo di marrani, progetto che raggiunse i risultati voluti solo in parte poiché non tutti vi aderirono convintamente: «[i marrani] finirono con l’essere sempre più malvisti sia dagli ebrei, di cui non erano più correligionari, sia dai cristiani, poco convinti della loro conversione, per non dire poi dei mercanti che li consideravano antagonisti».
Un’importante biografia scritta con uno stile scorrevole che rende facile seguire le intricate trame ponendo riparo all’ingiusto oblio cui una donna talentuosa, determinata, intraprendente e coraggiosa era stata consegnata.
 ©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Maria Giuseppina Muzzarelli
La señora. Vita e avventure di Gracia Nasi
Editori Laterza
Pagine 184
euro 18
L’AUTRICE
Maria Giuseppina Muzzarelli, saggista, studiosa e docente, ha insegnato Storia medievale, Storia delle città e Storia e patrimonio culturale della moda all’Università di Bologna. Si è occupata di storia della mentalità e della società. Tra i suoi ambiti di ricerca si segnalano la storia della predicazione e dei Monti di Pietà e l’evoluzione della moda tra medioevo ed età contemporanea, con attenzione al problema della diffusione del velo in Occidente. Speciale interesse ha dedicato inoltre al ruolo delle donne nell’Europa medievale e moderna, anche grazie all’analisi delle biografie di Christine de Pizan e Gracia Mendes.

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