Le disobbedienti/ Humoursex: Maria Vittoria Vittori racconta l’ironia delle scrittrici tra Ottocento e Novecento. Quando il sorriso mette in discussione le regole sociali di un’epoca

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Scegliere il registro dell’ironia nella scrittura è atto di coraggio, ci si addentra in una strada sdrucciolevole dove risulta facile scivolare ma, per nostra fortuna, ci sono autori e autrici che tale registro la padroneggiano con maestria.
Uno spaccato delle autrici italiane di fine Ottocento e inizio Novecento, che con l’ironia hanno condito il loro scrivere, lo presenta Maria Vittoria Vittori in “Humoursex. Pratiche di umorismo nelle scrittrici di fine Ottocento” pubblicato da 8tto edizioni. Regina di Luanto, anagramma di Guendalina Roti, Marchesa Colombi al secolo Maria Antonietta Torriani, Contessa Lara ovvero Evelina Cattermole Mancini, Annie Vivanti, Matilde Serao, Térésah pseudonimo di Corinna Tersa Ubertis e Amalia Guglielminetti sono le scrittrici i cui racconti si susseguono tra le pagine accompagnando il lettore/trice in una passeggiata attraverso i diversi modi di trattare l’amore romantico con umorismo.
Donne votate al matrimonio come punto di arrivo dell’esistenza che su di esso fantasticando investono tempo – nell’apprendimento di virtù coniugali – risorse, della famiglia che punta a trovare il miglior partito presentando al meglio le figlie, ed energie nell’esercizio del governo domestico e nel generare ed allevare eredi sono dalle autrici presentate con giocosa introspezione.
Comportamenti ridicoli, formalismi esasperati e situazioni comiche concorrono a creare racconti per sfatare i luoghi comuni sulla svenevolezza femminile e la natura dei rapporti uomo-donna.
L’adulterio, nel racconto di Matilde Serao, diventa per Checchina affare irrealizzabile per colpa di un ombrello e del mancato tempismo mentre per Maria Antonietta Torriani, in arte Marchesa Colombi, è il gioco degli equivoci a far emergere la futilità del protagonista in cerca di una moglie che possa propiziare la buona digestione.
«Occorre ricordare che nella struttura patriarcale del tempo l’umorismo non era certo moneta corrente per le scrittrici: nell’educazione delle donne, interamente votata al rispetto delle regole sociali e di modelli comportamentali precostituiti, non poteva esservi spazio alcuno né per l’osservazione critica né per l’ironia, considerate pericolosi indizi di ribellione, quando non veri e propri oltraggi. È chiaro che per poter praticare l’umorismo, come fanno queste scrittrici, occorreva aver combattuto alcune battaglie fondamentali, per l’indipendenza propria e altrui» scrive Maria Vittoria Vittori.
L’ironia è un’intelligenza che si diverte e – come tale – spaventa perché sintomo di acutezza, sagacia e indipendenza di pensiero, alle donne non è richiesto esprimere pareri in ambiti di appannaggio maschile, ovvero tutti tranne quelli che regolano le minuzie quotidiane.
Le autrici scelte dalla curatrice usano la scrittura per sovvertire, mettere in discussione e disapprovare le regole sociali della propria epoca mostrandone i limiti angusti che queste impongono alle donne, quel che le unisce è il carattere di #disobbedienti che mal si attaglia alla sottomissione, tutte loro rivendicano spazi di pensiero e di scelta.
L’ironia è un’arma potente che disvela, mettendo a nudo, i comportamenti delle persone e ne smaschera gli intenti perché essa, lungi dall’essere facezia, è critica caustica. I riti del corteggiamento, il matrimonio, la vita coniugale, l’adulterio e la gelosia vengono – nei racconti proposti – rivisitati alla luce di un sentire diverso da quello dettato dalle regole sociali, un sentire improntato alla ribellione nei confronti di un modo di vivere che costringe le donne a subire le scelte fatte da uomini e loro imposte. La scrittura, molto spesso, è atto sovversivo e quando accompagnata dall’ironia risulta molto gustosa.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
A cura di Maria Vittoria Vittori,
Humoursex. Pratiche di umorismo nelle scrittrici di fine Ottocento
8tto edizioni
Pagine 224
euro 17

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