Le disobbedienti/ “I generi e la storia. Femminile e maschile in rivoluzione” di Giulia Sissa: se ogni persona è libera di scegliere chi essere

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«Se la categoria chiamata “genere” è preziosa, è perché ci apre gli occhi sulle differenze. Ci fa apprezzare la diversità che merita di fiorire. Ci aiuta ad abbattere le discriminazioni ingiuste. Il mondo ha bisogno di lasciar essere la singolarità e, al tempo stesso, di progredire nel progetto incompiuto dei Lumi».
Per comprendere argomenti al centro di un dibattito  vivace e – talvolta – dai toni accesi è bene approfondire la propria conoscenza, un testo di ausilio è “I generi e la storia. Femminile e maschile in rivoluzione”, scritto da Giulia Sissa e pubblicato da Il Mulino. Attraverso un approccio multidisciplinare che considera una lettura del profilo storico, sociologico, normativo e filosofico l’autrice argomenta la nascita del concetto di genere che affranca dal determinismo biologico del sesso aprendo la strada alla possibilità di essere, rappresentarsi, relazionarsi e percepirsi in una gamma di identità comprese tra i due estremi uomo/donna.
 È dal XVII secolo che si avverte la necessità di sancire il diritto naturale all’uguaglianza ma, affinché questo ricomprenda – veramente- tutte le persone, ci vorrà tempo e siamo ancora a scriverne. Olympe de Gouges, Mary Wallstonecraft, Nicolas de Condorcet e John Stuart Mill sono alcune delle menti che hanno affrontato il tema della parità dei diritti tra uomini e donne scontrandosi con un modello sociale patriarcale che rifiutava in blocco tale affermazione bollandola come assurda pretesa, una convinzione ancora oggi presente e ben radicata nella mentalità di molti.
La nascita del termine genere risale agli anni Cinquanta del secolo scorso quando un medico, John Money, affermò che oltre il sesso anatomico esiste il genere e non è detto che questi debbano coincidere. Negli anni successivi il linguaggio si è andato affinando considerando le variabili che intervengono a definire il genere dalla medicina alla sociologia.
L’autrice si sofferma sulla disuguaglianza, sancita dall’ordinamento giuridico quale interprete di un presunto ordine naturale, tra uomini e donne. I primi decidono, le seconde devono adeguarsi. Ma quali sono i meccanismi attraverso cui questo avviene? Il saggio analizza le posizioni della chiesa cattolica e dei giusnaturalisti americani che fondano la propria costruzione ideologica sulle posizioni di Aristotele e san Tommaso d’Aquino: all’uomo sono connaturate doti morali che alla donna difettano.
Gli uomini sono valorosi, coraggiosi e capaci di istruire la prole trasferendo loro i precetti su cui si regge il modello sociale da perpetrare, alle donne – in ragione delle loro mancanze – spettano ruoli ancillari di nutrimento e cura. Alla capacità decisionale maschile si oppone il consilium invalidum delle donne.
Per Tommaso d’Aquino, poi, le donne sono guidate dalle passioni non intese come dedizione a una causa ma come volubile instabilità emotiva, retaggio ancora oggi in voga nel doppiopesismo sempre in agguato: gli uomini sono determinati le donne testarde, gli uomini sono tenaci le donne ostinate, l’ambizione per un uomo è sinonimo di impegno nella crescita personale, quindi, ha una valenza positiva per le donne – al contrario – questa si connota con la valenza negativa dell’arrivismo a scapito della costruzione di un nucleo familiare, struttura fondante del modello sociale con ruoli prescrittivi da non scardinare .
Da millenni assistiamo alla costruzione di strumenti volti a giustificare e mantenere una asimmetria di ruoli in cui i soggetti moralmente e fisicamente dotati pongono sotto tutela quelli che ne sono sprovvisti, strumenti che sottoposti a una valutazione basata su una razionale e circostanziata disamina mostrano tutta la loro fallacia.
Sganciare il ragionamento dalla Natura significherebbe decostruire secoli di patriarcato e affrontare fenomeni come la violenza sulle donne a proposito della quale Sissa scrive: «Il sesso aggancia i comportamenti maschili a muscoli e ormoni che sarebbero responsabili di un’impetuosità innata. Il genere sgancia l’uso etico ed estetico del proprio corpo da una fatalità endocrina. Il sesso fa del maschio un automa. Il genere separa il corpo vissuta dal corpo macchina. Denaturalizzare significa smettere di assolvere. Il sesso del maschio deve cessare di offrire un alibi alla violenza del genere maschile».
Il genere è il modo di costruire la propria identità svincolata dagli imperativi sociali dominanti, ogni persona è libera di essere chi sente di voler essere. Il cambiamento sociale, per essere assimilato, deve passare attraverso una codifica normativa ed è quanto accaduto con le modifiche intervenute negli anni Settanta al Codice Civile in materia di diritto di famiglia: non più posizione sovraordinata del marito alla moglie ma pari grado in un progetto di vita e di educazione dei figli in collaborazione.
Gli esempi citati sono quelli dell’ordinamento italiano e francese in cui si supera la concezione della donna affetta da mancanze e tare morali, emotive e fisiche riconoscendone la piena capacità mentale e – quindi- decisionale. Ma la posizione della chiesa cattolica continua ad attestarsi sul principio della “complementarietà” tra uomo e donna intesa non come confronto arricchente tra soggetti posti su un piano paritario ma come argomentazione a supporto della sovra ordinazione dell’uno sull’altra in posizione di imperium, potere.
La bibbia fornisce innumerevoli appigli per corroborare la tesi ma, anche qui, può soccorrere lo studio di chi argomenta per esaminare i testi e fornire letture alternative. Nel confronto tra la costruzione del pensiero greco classico e quello contemporaneo si evince la frattura sul concetto di uguaglianza democratica.
Nel primo caso essa esiste tra soggetti che già sono eguali e in virtù delle caratteristiche possedute vengono ammessi al circolo democratico che esercita il potere, l’élite è esente da deviazioni rispetto al modello considerato dominante e chi non risulta conforme allo standard viene scartato e posto in posizione subordinata quando non soppresso per non pesare sulla comunità.
Nel secondo caso, quello della società contemporanea, il concetto di uguaglianza, al contrario, include e non esclude, tutti sono uguali in quanto persone a prescindere dalle caratteristiche individuali. Da questa idea discende la necessità del reciproco riconoscimento tra soggetti attraverso lo sviluppo di una dinamica di uguaglianza, se questa viene solo enunciata ma non anche praticata rimane principio cartaceo ma non diritto quotidiano. Sembrano concetti scontati, superati che non necessitano di menzione o approfondimento ma, di fatto, non è così.
La materia di studio di Sissa – per cui questa rubrica è nata – è tutt’altro che acquisita e metabolizzata nella società contemporanea. Le donne, pur rappresentando un gruppo di maggioranza numerica, sono trattate alla stregua di una minoranza che lotta per far sentire la propria voce e affermare i propri diritti. La parità di genere è questo: riconoscimento di pari opportunità per tutte le persone a prescindere dal genere che hanno scelto.
Il processo di cambiamento culturale è lento ma procede, pochi giorni fa Yvette Cooper, ministra degli Interni del governo britannico, ha annunciato di aver dato il via a una revisione delle misure previste dalla strategia antiterrorismo ricomprendendo in esso la misoginia come forma di estremismo: è il caso del fenomeno denominato “incel”, o “celibato involontario”, una sottocultura sviluppatasi online in cui una visione del mondo misogina è promossa da uomini che incolpano le donne per la loro mancanza di opportunità sessuali. Il web è un brodo di coltura che regala adepti.
Il termine misoginia, dal greco antico μισέω misèō “odiare” e γυνή gynḕ “donna” si riferisce a tutti coloro che odiano le donne senza far differenza di genere ma, come sappiamo, la violenza fisica si scatena negli uomini perché lo abbiamo riportato in virgolettato poche righe sopra: “Il sesso aggancia i comportamenti maschili a muscoli e ormoni che sarebbero responsabili di un’impetuosità innata”. Molta strada ancora da fare per la quale i saggi come questo sono importanti, c’è bisogno di strumenti che supportino il ragionamento e l’analisi per la decostruzione di modelli accreditati – per millenni – come giusti e “naturali”.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Giulia Sissa,
I generi e la storia. Femminile e maschile in rivoluzione,
Il Mulino
Pagine 271
euro 17

L’AUTRICE
Giulia Sissa è Distinguished Professor of Political Science, Classics and Comparative Literature alla University of California, Los Angeles (UCLA). Tra i suoi libri: «Il piacere e il male» (Feltrinelli, 1999), «L’errore di Aristotele» (Carocci, 2023); per Laterza «Eros tiranno» (2003) e «La gelosia» (2015).

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