Il cognome Rothschild evoca il potere della finanza, la ricchezza, il privilegio. Hannah Rothschild, nella biografia dedicata alla prozia Kathleen Annie Pannonica Rothschild baronessa de Koenigswarter (1913-88), racconta la storia di famiglia e soprattutto racconta di Nica, una donna fuori dagli schemi.
In “La baronessa. La Rothschild ribelle musa segreta del jazz”, da poco pubblicato da Neri Pozza, l’autrice ripercorre le vicende che portarono la famiglia Rothschild dal ghetto di Francoforte, dove ha inizio la scalata sociale alla metà del Settecento, a diventare una dinastia di banchieri che influenzò le sorti della politica europea attraverso l’appoggio dato ai governi sotto forma di finanziamento, senza soldi non si possono fare le guerre…
Una biografia scritta per rispondere al desiderio di conoscere le proprie radici e ricostruire le memorie familiari. Nica o la baronessa, questi i due nomi con cui veniva chiamata, visse in un clan in cui i ruoli per gli uomini e le donne erano assegnati: i primi lavoravano in banca e le seconde si occupavano del governo delle dimore e dell’organizzazione dell’ospitalità volta a creare e intessere relazioni.
Ci si sposava tra parenti: «Senza indipendenza economica, senza accesso al capitale, vivendo della rendita concessa dai ferrei capricci dei loro padri, le donne Rothschild erano in una comoda condizione di dipendenza e di anonimato».
La scelta di sposarsi tra consanguinei portò con sé il corredo di tare genetiche che Nica fin da piccola imparò a conoscere nel padre prima e nella sorella poi. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza in un mondo chiuso e lontano dai coetanei, distante dai luoghi di socializzazione caratteristici di bambini e ragazze/i, tra una dimora e l’altra in una dimensione altra fatta di case imponenti dotate di parchi popolati di animali in cui alcuni membri della famiglia trovavano la loro passione nell’entomologia, il nome Pannonica le fu dato dal padre pensando a una falena.
Una routine noiosa e senza stimoli fino a quando non arrivò il debutto londinese in società: «Anche se Nica apparteneva alla prima generazione delle donne britanniche emancipate, le giovani signore beneducate come lei dovevano essere sottomesse, umili e modeste come si conveniva al sesso debole e gentile. La società inglese era così chiusa e angusta che tutti conoscevano gli affari di tutti attraverso il Times, le chiacchiere e nei salotti. Senza avere ancora partecipato al primo ballo Nica era già considerata una ribelle».
Nica fu una disobbediente desiderosa di evadere da un mondo angusto e opprimente e appena conobbe un uomo in cui intravide l’innamoramento legato alla possibilità di fuga e di avventura senza pensarci su troppo a lungo si sposò.
Andò a vivere in un castello in Francia e allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo aver portato i figli negli Stati Uniti, decise di seguire il marito in Africa e combattere al suo fianco nell’esercito della Francia Libera: guidò ambulanze, decodificò codici e si occupò di logistica. «La guerra aveva offerto a lei e molte sue coetanee la liberazione personale, nonché la possibilità di dimostrare il loro valore al di fuori della casa e della famiglia».
Superata la fase bellica Nica, come altre donne, non voleva essere ricacciata nell’angusta sfera domestica, le meno fortunate sprovviste di una rendita lottarono per lavorare, nel suo caso una volta raggiunta la consapevolezza di non aver più nulla da condividere con il marito, se non i cinque figli, la decisione intrapresa fu la scelta di un’altra strada di vita.
Dopo aver provato a ricoprire il ruolo di moglie di un diplomatico all’estero senza trovarvi nulla di appagante nel 1948, l’ascolto di un brano jazz la convinse a vivere a New York dedicandosi al genere musicale che l’aveva folgorata e ai musicisti, fra questi uno in particolare divenne il suo protetto: Thelonious Monk.
Procedendo nella lettura si snodano gli anni newyorkesi in cui Nica si dedica a Monk e la sua famiglia facendo da manager, crocerossina, investitrice e amica. Una donna bianca amica di un musicista nero che faceva uso di droghe e spesso era ai ferri corti con la polizia non poteva passare inosservata. Una donna bianca nella cui casa morì un altro musicista nero ancor meno.
Il ritratto che ne fa la pronipote, raccogliendo le testimonianze di familiari, musicisti, registi e quanti la frequentarono restituisce le diverse sfaccettature di una donna dalla personalità complessa: «Sono stata spronata dalla domanda che mi sono posta da giovane: Nica ha forse dimostrato che nessuno può sfuggire al proprio passato? Superficialmente ha cambiato tutto di sé stessa: credo, paese, classe e cultura. Si è creata una vita esterna alla famiglia in un mondo che pochi potevano comprendere. Ha osato essere diversa. Vent’anni dopo capisco che la fuga completa è impossibile. Come disse Miriam, le nostre vite sono determinate molto tempo prima della nostra nascita: il Dna, la storia ancestrale e le caratteristiche comportamentali sono intrinseche a tutto il nostro essere. Nica era legata alla sua famiglia, praticamente con il cordone ombelicale del denaro, emotivamente con l’esperienza condivisa».
Hannah Rothschild ha impiegato anni a mettere insieme i pezzi di un lavoro che è ben di più di una biografia, il/la lettore/trice è condotto/a per mano in un percorso di ricostruzione identitaria intergenerazionale. «Lei mi ha insegnato a cercare le somiglianze anziché le differenze, a privilegiare le scelte rispetto alle convenzioni, e soprattutto a essere coraggiosa. Perché ho impiegato quasi venticinque anni per completare questo progetto? Una parte di me si chiede se mi sarebbe stato possibile prolungarlo ancora un poco. Più e più volte ho chiesto: chi sei, Nica? Un’eroina o un’ubriacona? Una combattente per la libertà oppure una dilettante? Ribelle o vittima?».
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IL LIBRO
Hannah Rothschild
La baronessa. La Rothschild ribelle musa segreta del jazz
Neri Pozza
Pagine 287
euro 19
L’AUTRICE
Hannah Rothschild è una scrittrice e regista. Il suo primo romanzo, The Improbability of Love, ha vinto il Bollinger Everyman Wodehouse Prize per il miglior romanzo comico ed è entrato nella graduatoria finale per il Baileys Women’s Prize for Fiction. Scrive per periodici e quotidiani, inclusi The Times, New York Times, Vogue, Bazaar e Vanity Fair. È vicepresidente dell’Hay Literary Festival, fiduciaria della Tate Gallery e prima donna presidente della National Gallery di Londra. Vive a Londra.
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