Dalla preistoria ai giorni nostri, dal culto della Dea Madre alla sua cancellazione ad opera delle religioni successive e – in particolare – quella cattolica, Laura Fezia in “Vittime di Eva. Le radici cristiane della discriminazione femminile” per One Books, affronta un argomento di cui in questa rubrica ho, spesso, scritto.
La tesi di fondo riguarda il pensiero, da secoli circolante, in base al quale l’uomo sarebbe una vittima della seduzione e dell’inganno femminile iniziati con la disobbedienza di Eva. Pensiero che viene, ad arte, imposto per sostituire quello prevalente fino a una certa epoca nella quale la donna rappresentava, invece, il punto di equilibrio.
Un equilibrio che garantiva la capacità rigenerativa fondata sull’armonica convivenza avulsa dallo scontro e la prevaricazione. Con l’avvento di modelli sociali sviluppati a partire dalla belligeranza, condotta a fini espansionistici e dominanti, la Dea Madre viene spazzata via e rimpiazzata da divinità maschili caratterizzate da aggressività e desiderio di sopraffazione.
Inizia così – spiega l’autrice – la sottomissione di una metà del genere umano da parte dell’altro: le donne devono essere sottomesse e private di qualsivoglia indipendenza.
Nel testo vengono analizzate diverse fonti come il Vecchio e il Nuovo Testamento, brani di encicliche papali, l’agiografia di alcuni santi tra cui quelle di Paolo di Tarso e del vescovo Cirillo che visse all’epoca in cui Ipazia fu orribilmente assassinata perché rea del libero esercizio dei propri talenti nelle scienze e nella filosofia, colpevole di aver discepoli a cui insegnare, soggetto perfetto per diventare il capro espiatorio di una lotta di potere tra fazioni opposte.
Ma Ipazia non fu, purtroppo, l’unica vittima dopo di lei tante, troppe, furono le donne torturate e uccise nel delirio dell’Inquisizione, donne ritenute pericolose perché non sufficientemente osservanti e ubbidienti furono perseguitate fabbricando false accuse di stregoneria.
L’autrice si sofferma sulla richiesta di pari diritti per le donne avanzata – e non coronata da successo – durante la rivoluzione francese da Olympe de Gouges e Mary Wollstonecraft, sulla reiterata subordinazione di un sesso all’altro sancita dal Codice napoleonico e sul movimento per il suffragio elettorale fino ad arrivare alle battaglie per il divorzio e il diritto all’aborto. Un affresco storico disegnato per mostrare l’immane fatica e le vittime lasciate sul campo per una battaglia ancora non conclusa: il raggiungimento di pari diritti per le donne.
Fezia racconta la vita di alcune sante famose come Teresa d’Avila, Caterina da Siena e Maria Goretti interrogandosi sulle manifestazioni di un misticismo che suscita dubbi e spinge a porsi qualche domanda circa il modo in cui le storie personali sono state – e sono – presentate.
Si è, forse, proposto un modello di ricerca dell’espiazione attraverso l’auto imposizione di castighi e penitenze corporali come espressione di una santità cui tutte e tutti dovrebbero tendere in luogo di un malessere e una patologia psichica che meritavano bene altre cure? Si è manipolata la verità a fini propagandistici e di indottrinamento?
A queste figure femminili, santificate dalla chiesa cattolica, ne affianca altre laiche che, con le loro scelte coraggiose, hanno sfidato le regole sociali della propria epoca pagandone il prezzo.
Giulia Occhini, denominata dai giornalisti la Dama bianca, che ebbe una relazione extra coniugale con il famoso ciclista Fausto Coppi, Franca Viola che rifiutò il matrimonio riparatore con il suo stupratore e Mina, la cantante, che ebbe una relazione e un figlio con Corrado Pani, un uomo sposato.
Le storie di queste donne si legano l’una all’altra, attraverso le pagine, per seguire un lunghissimo cammino orientato all’affrancamento da una tutela, più o meno, autoritaria da parte di padri biologici e spirituali, fratelli, mariti e parenti maschi della propria famiglia o di quella acquisita. I modelli femminili proposti, nel corso dei secoli, sono stati studiati su uno schema binario: vergine, casta e pura oppure meretrice, subdola e ingannatrice. Tertium non datur.
L’intero universo femminile si esauriva – e per taluni ancora dovrebbe – in questa feroce contrapposizione. La figura della santa o quella della peccatrice sono i poli, i pilastri, di uno schema sociale binario, fortemente radicato e faticoso da scardinare, su cui è stata costruita la storia. Una storia costruita dagli uomini.
Gli spunti di riflessione sono diversi e ognuna/o può formarsi una propria opinione soffermandosi ad approfondire un aspetto o un altro. Il pregio del testo è lo stimolo a porsi delle domande e ricercare delle risposte che possano, talvolta, mostrare aspetti inattesi, aspetti in grado di far vacillare radicate convinzioni, credenze e certezze.
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IL LIBRO
Laura Fezia,
Vittime di Eva. Le radici cristiane della discriminazione femminile
One Books
Pagine 261
euro 16
L’AUTRICE
Laura Fezia è nata a Torino, dove vive e lavora. Studiosa di antropologia, psicologia, storia, religioni, criminologia e del “mistero” in tutti i suoi molteplici aspetti, appassionata di animali e della sua città, fa la scrittrice e la ricercatrice. Ama definirsi «una laica a 720°, perché un giro solo non basta» e il suo impegno è volto non già contro la fede, ma a scardinare il perverso binomio che la lega alla Chiesa cattolica, un’istituzione millenaria costruita su falsi documenti che si pone arbitrariamente come unica intermediaria tra l’umano e il divino. Per One Books ha pubblicato “La fabbrica dei santi”, “Il santo plagio”, “Vittime di Eva”, “Apparizioni Mariane”, “Dossier Fatima”, “L’inganno della croce” e “Chiesa criminale”.
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