Le disobbedienti/”La porta semichiusa” di Nunzia Caricchio: quel coraggio di raccontare la spirale della violenza in famiglia

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Ci sono libri che sono pugni nello stomaco, La porta semichiusa è uno di questi. Violenze subite e inflitte, vittime e carnefici. La realtà supera ogni finzione e chi scrive, per mia esperienza, consciamente o inconsciamente parte sempre da quel che conosce, osserva, ascolta e percepisce.
«Sentirsi di più, ma essere di meno per poter sopravvivere» è la strategia elaborata per mimetizzarsi e sperare di sottrarsi a scatti d’ira e furia cieca che troviamo tra le pagine che fanno aggrovigliare le viscere in una morsa di paura e senso di impotenza. Magari se non parlo, se non mi faccio vedere in giro, se non respiro, forse oggi la l’orrore rimarrà assopito e guadagnerò un giorno di vita in più. Magari, chissà.
L’autrice, che ha trent’anni ed è madre di un bambino, da qualche parte avrà preso spunto… Lo stile narrativo è sincopato, spezzato, come le vite dei protagonisti. Paura, terrore, sconcerto, incredulità, inadeguatezza e senso di colpa animano la storia in cui si srotola la vicenda di un nucleo familiare prigioniero della violenza domestica.
Le voci narranti si alternano intrecciando ricordi, sensazioni e sentimenti che, inesorabili, corrono verso un finale da interpretare, un finale volutamente non lineare. Se leggessimo confortati dalla consapevolezza di essere di fronte a una finzione letteraria, l’esperienza sarebbe forte ma ci consoleremmo poiché le vite sotto i nostri occhi non appartengono a persone reali, è solo una storia, niente di più. Ma così non è.
Le parole che, dirette, ci colpiscono si riferiscono ad accadimenti e chi ne scrive non ha scelto il genere della fantascienza, il suo racconto scava dentro perché è cosa vera, vissuta.
«Io non so cosa voglio fare da grande, ma so chi voglio essere» in alcune circostanze, determinati ambienti socio – culturali, che una ragazzina possa aver maturato tale consapevolezza non è accettabile, pronunciare parole che hanno il sapore dell’indipendenza equivale a procurarsi una condanna.
Si può spezzare la spirale della violenza, interrompere il mortifero processo che trasforma le vittime in carnefici? E se si può come senza pagare il prezzo di dover riscattare chi perpetua la violenza attraverso una dolorosa, quanto infruttuosa, crociata per salvare un’anima da sé stessa? Quanto fortunati sono coloro che mai hanno dovuto nascondersi dietro porte semichiuse a spiare i movimenti dei mostri, quale paura e dolore tocca in sorte a chi vive avendo come unico baluardo per fronteggiare il male acquattato negli esseri umani una porta sottile. 
La storia che Nunzia Caricchio propone è tosta assai: abbandoni, violenza, abusi, bambini senza infanzia né certezze, adulti che discendono verso gli inferi. I rapporti tra i personaggi fanno emergere la complessità e le sfaccettature dei legami affettivi che avvolgendoci condizionano la percezione della realtà.
Mettere ordine nelle vite degli altri è cosa facile, farlo nella propria molto meno. Giudicare è semplice, comprendere quando e come offrire aiuto non lo è per niente. Arrivati all’epilogo del testo viene da domandarsi se in tante tenebre si scorga un barlume di speranza. Sì, ci sono persone che scelgono di aiutare e proteggere, di assistere nella fuga dai mostri per offrire un rifugio sicuro e accompagnare verso una nuova vita.
Il confine tra l’oscurità e la luce è sottile e ogni essere umano ha un punto di rottura, di non ritorno, in cui si scivola verso l’abisso. Nascondere l’esistenza di storie drammatiche non aiuta nessuno, scriverne, leggerne e parlarne sì.
Ci vuole coraggio – tanto – e Nunzia di coraggio ne ha. Ne ha tanto e lo accompagna alla coerenza dell’agire: dalla parola scritta alla realtà quotidiana del lavoro in  una associazione che tra le diverse attività ha scelto anche quella di assistere le donne vittime di violenza.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Nunzia Caricchio
La porta semichiusa
Alcheringa Edizioni
Pag 232 euro 13,50
L’AUTRICE
Nunzia Caricchio nasce a Napoli nel novembre del 1991. Figlia di uno dei quartieri più antichi, il Rione Sanità, sfida la società che la voleva rilegata in cucina con indosso un grembiule d’ordinanza, e nel settembre 2018 frequenta un corso di scrittura creativa diretto da Franco Forte, alla fine del quale vede la pubblicazione del suo primo romanzo intitolato “L’Ammazzafavole”. Promotrice di una verità che cerca di far emergere attraverso la potenza della parola scritta, è autrice di quattro racconti a sfondo sociale divenuti monito contro la violenza di genere.Ha collaborato con alcune riviste e con testate giornalistiche. Attualmente scrive per la rivista “dodici magazine”, e dal gennaio 2021 è stata adottata dalla Sicilia, dove lavora come Ufficio Stampa presso la Cooperativa Sociale Etnos.

1 COMMENTO

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