Le disobbedienti/ “La signora di Bhatia House” di Sujata Massey: ecco Perveen Mistry, prima avvocata indiana agli inizi del Novecento. Vive a Bombay dopo aver studiato a Oxford

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Uno dei pregi dell’amare la lettura è la possibilità di viaggiare attraversando culture, continenti ed epoche rimanendo comodamente seduti sulla propria poltrona preferita, Emilio Salgari ha dimostrato che si può anche scrivere senza allontanarsi dal proprio angolo prediletto, il racconto – orale, scritto, per immagini e in musica – è il più potente strumento che abbiamo per saziare la curiosità, accrescere la conoscenza e decidere chi essere e diventare.
Ho scoperto la letteratura angloindiana nell’adolescenza rimanendo folgorata dalla scrittura di Salman Rushdie e con lui mi sono avvicinata a parole, nomi propri di persone, pietanze, fiori e festività a me sconosciute. Dopo di lui, incuriosita e affascinata da qualcosa di così lontano dal grande romanzo dell’Ottocento europeo e dalla narrativa latino americana di cui fino ad allora mi ero nutrita, ho cercato – e apprezzato – diversi autori e autrici che raccontano di un luogo esotico, lontano, caldo e ricco di sfumature: l’India.
In “La signora di Bhatia House” di Sujata Massey da poco pubblicato da Neri Pozza Perveen Mistry, la protagonista, vive a Bombay negli anni Venti del Novecento ed esercita la professione di avvocata dopo aver studiato ad Oxford.
Peccato, però, che non possa patrocinare in tribunale perché manchevole di un requisito fondamentale: essere un uomo. Giunta alla sua quarta indagine, dopo “Le vedove di Malabar Hille”, “La pietra lunare di Satapur” e “Il principe di Bombay” la prima avvocata indiana si cimenta con un nuovo caso: una bambinaia accusata di aver tentato di abortire.
Una trama avvincente per rappresentare la società indiana con le sue caratteristiche, le caste, le diverse religioni, la sudditanza all’impero britannico e quella delle donne agli uomini. Massey costruisce i personaggi – e le relazioni tra loro- facendo emergere le sfumature e i sentimenti come la frustrazione della protagonista nello scontrarsi con i limiti che la società impone a lei e alle altre donne: “Scusa, non posso continuare a ballare, sapendo che tutti continueranno a giudicarmi per il mio aspetto senza mai ascoltare quello che ho da dire”.
La sua tenacia e determinazione la spingeranno a trovare il modo di raggiungere il risultato esercitando l’intelligenza e la sottile arte della diplomazia impiegando forze e creatività per ottenere cose che per un uomo sarebbero state a portata di mano. Nella narrazione c’è spazio per approfondire i rapporti e le dinamiche familiari insieme con quelle che legano i datori di lavoro e le persone che svolgono lavori domestici prendendosi cura di più di una generazione.
  Il tema della maternità, della depressione post partum e del controllo delle nascite serpeggiano lungo la trama affiorando a più riprese nel lavoro di investigazione ma, anche, all’interno del nucleo familiare scosso dall’inaspettata piega presa dal rapporto tra la cognata e la neonata figlia.
È interessante notare come la conoscenza delle donne sugli strumenti di pianificazione delle nascite sia un tabù in tutte le culture, in questa rubrica è un tema ricorrente in romanzi, saggi e biografie scritti e ambientati in epoche diverse e differenti contesti geografici così come ricorrente è la caccia alle donne dotate di strumenti di conoscenza in materia perché ritenute una minaccia per l’ordine costituito.
La trama si sviluppa intorno al progetto di costruzione di un ospedale per le donne in cui il personale possa essere femminile adottando un approccio diverso che rifugga da quello giudicante optando per quello di cura e informazione.
L’attesa dell’arrivo del monsone dispiega tutta la sua tensione facendo comprendere quanto, prima dell’avvento della tecnologia e per quanti ancora non ne possano beneficiare, la temperatura influisce sulla vita e l’umore condizionando la vita, le abitudini e la cultura.
Bella la tenerezza con cui Massey costruisce il rapporto tra la protagonista e il padre, complici nel lavoro e nella vita comunicano con il codice proprio di chi condivide la stessa sensibilità verso le cose del mondo. Il padre sostiene la figlia nel percorso professionale spronandola nei momenti di difficoltà e riconoscendone la competenza. L’India è un vasto mondo e presentarlo attraverso una scrittura fluida e coinvolgente per chi non ne abbia dimestichezza è cosa che richiede abilità, l’autrice è brava nell’immaginare storie che risultano comprensibili e interessanti per chi non abbia sufficienti strumenti di decodifica culturale senza apparire banali.
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IL LIBRO
Sujata Massey
La signora di Bhatia House
Neri Pozza
Traduzione di Laura Prandino
Pagine 408
euro 20

L’AUTRICE
Sujata Massey nasce in Inghilterra da madre tedesca e padre indiano. Cresce negli Stati Uniti dove studia scrittura alla John Hopkins University e diventa reporter per il Baltimore Evening Sun. Nel 1997 esce il The Salaryman’s wife, il suo primo romanzo mistery. Tra gli altri ricordiamo Lo zen e l’arte dell’omicidio (Mondadori, 2005) e Fiori neri (Mondadori, 2006). Nel 2014 esce L’amante di Calcutta (Neri Pozza). Nel 2018 pubblica Le vedove di Malabar Hill (Neri Pozza), primo libro sulle inchieste di Perveen Mistry, la prima donna avvocato nell’India degli anni Venti. Il secondo libro viene pubblicato nel 2019 sempre da Neri Pozza col titolo: La pietra lunare di Satapur.

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