Una ragazza cerca la madre che la ha abbandonata, neonata, su una spiaggia dell’Italia meridionale e nel frattempo diventa una spia. Un romanzo d’avventura, un viaggio interiore, una incursione nella storia. Questi sono gli ingredienti di “L’aroma inconfondibile del tè” scritto da Maria Elisabetta Giudici per Morellini.
La protagonista nasce sulla costa pugliese nel 1818 da una donna che, sedicenne, aveva sposato un brigante. Il romanzo si apre al tempo del Regno delle Due Sicilie e si dipana fino alla seconda metà dell’Ottocento. Adottata da uno scozzese la bambina, Ciarli, cresce con tre talenti: cantare, inventare storie su sé stessa e trovare l’acqua.
Insieme con il padre fa la cantastorie attingendo a piene mani da un bagaglio di racconti e ricordi che va costruendo, limando ed elaborando in un processo di costante rielaborazione e quando la realtà non le piace, l’annoia o non le sembra la migliore versione possibile – come tutti i cantastorie che si rispettino- la cambia.
La necessità di incontrare e conoscere la madre biologica e il bisogno di evadere da un luogo che comincia a starle stretto la spingono a imbarcarsi come clandestina, vestendo i panni di un ragazzo, su una nave mercantile diretta in Africa: «Siccome avevo capito che la vita, quella libera, era stata creata per l’uomo e non per la donna, mi liberai dei miei abiti, presi i suoi, benché mi stessero enormi, con la forbice tagliai almeno trenta centimetri di stoffa per ogni gamba, arrotolai le maniche della giacca, afferrai il rasoio e mi tagliai i capelli a grandi ciocche».
Per poter contravvenire alle regole sociali della propria epoca bisogna acquisire il sembiante maschile, è una lezione che molte donne hanno dovuto imparare, tutte quelle che hanno intrapreso una strada diversa da quella tracciata per loro dal modello sociale di riferimento.
In anni non così lontani, fino agli inizi del XXI secolo su per giù, le donne che volevano lavorare in ambiti in cui vi era la netta predominanza di uomini, si comportavano più o meno allo stesso modo: adottavano la mimetizzazione vestendo completi con giacca e pantaloni di taglio maschile di colore neutro – talune arrivavano financo ad abbinare una cravatta – accompagnati da mocassini scuri. È quel che fa la protagonista per muoversi liberamente e prendere il mare.
I pirati, il deserto, i tuareg e una fuga rocambolesca sono il percorso di avvicinamento alla madre che la porteranno a diventare una spia per la corona britannica in un momento in cui Oriente e Occidente sono in gran fermento, in gioco c’è il progetto che potrebbe cambiare le rotte commerciali sovvertendo le posizioni di potere consolidato: l’apertura del canale di Suez. Dopo un anno di addestramento Ciarli è pronta per diventare un agente operativo sul campo.
Un campo affollato da spie di ogni nazionalità e gruppi d’interesse e potere che si tengono d’occhio a vicenda in un pericoloso gioco di agguati e uccisioni incrociate.
Tra le spie spicca, per crudeltà e spietatezza, Stramonio un soggetto che si rivelerà con un colpo di scena finale. La protagonista, cui viene affidato il compito di scoprire i piani per lo sviluppo del canale elaborati da un francese, nel condurre la missione affidatale non demorde dalla ricerca della madre. I piani della narrazione si intrecciano accompagnati dalla voce interiore della protagonista nel suo percorso di crescita da ragazza a donna che vive timori, entusiasmi, imprudenze, avventatezze, sogni e illusioni.
L’intero viaggio compiuto tra i diversi continenti è un viaggio alla ricerca della propria identità, la protagonista avverte la necessità di colmare delle lacune, dei vuoti che non le permettono di raggiungere un equilibrio. Vive l’amore, il sesso, il potere della seduzione, si sposa e ha degli amanti ma il chiodo fisso, l’obiettivo cui tende per l’intera vita, rimane uno: ricomporre la propria storia identitaria per tornare a casa con la consapevolezza di sé stessa.
Ma, dopo tanto vagare, dove è casa? È quella lasciata da adolescente in Italia, le sponde pugliesi che ritroverà profondamente cambiate dal passare del tempo. L’autrice descrive paesaggi, ambientazioni e stati d’animo miscelando azione, introspezione, suspense e colpi di scena.
Quando in un romanzo d’avventura il personaggio principale, l’io narrante, è una donna, la trama si arricchisce di interrogativi, dubbi, incertezze e ricerche. Sono le prerogative femminili nell’affrontare la vita: porsi domande a cui cercare risposte.
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IL LIBRO
Maria Elisabetta Giudici
“L’aroma inconfondibile del te”,
Morellini
Pagine 278
euro 19
L’AUTRICE
Nata all’Aquila, ma vive a Roma fin dall’infanzia. Svolge attivamente la professione di architetto. Il suo primo romanzo, Il re di carta edito da Emersioni ha vinto il Premio Histonium 2019. Con il secondo romanzo La foresta invisibile, edito da Castelvecchi, ha vinto il Premio Acqui Terme 2020, il Premio inediti Etna Book 2020 e il Premio Pegasus Cattolica 2021. Nel 2022 pubblica il terzo romanzo storico dal titolo I guardiani delle aquile, Castelvecchi Editore.
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