Le disobbedienti/ Manuela D’Agostino racconta Jessie Tarbox Beals, la prima fotoreporter americana. Che s’interrogò sulla convivenza tra bianchi e neri

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Le esposizioni universali nate alla metà dell’Ottocento erano – e sono – una anteprima del futuro in cui i vari paesi partecipanti gareggiano nella realizzazione del padiglione più bello, stupefacente, originale e interessante. Un modo per impressionare e impressionarsi cullandosi nell’idea di progresso, sviluppo, crescita e prosperità.
Il lavoro di Manuela D’Agostino permette di guardare al modo in cui una esposizione in particolare venne vissuta, quella di St Louis del 1904. L’autrice introduce e fornisce strumenti interpretativi per comprendere le scelte operate da una fotografa che restituisce uno spaccato degli inizi del ventesimo secolo.
Una donna ne racconta un’altra: Manuela D’Agostino racconta Jessie Tarbox Beals, la prima fotoreporter americana. Il libro propone 231 immagini realizzate in occasione dell’esposizione del 1904 contenute in due album oggetto di studio e catalogazione, da parte dell’autrice, in occasione di una mostra tenutasi nel 2015 presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli.
La maggior parte di queste è stata attribuita alla fotografa Jessie Tarbox Beals e non si può escludere che siano tutte da ricondurre al suo lavoro. Il libro si presta a una interessante lettura multidisciplinare: economia, antropologia, sociologia, storia e studi relativi alla fotografia e la visual culture sono tutti punti di vista da cui considerare e studiare le immagini.
L’autrice dichiara l’intento che l’ha guidata nella ricerca e la scrittura: non decodificare e fornire una lettura da una specifica angolazione, no, la sua proposta mira a condividere materiali di grande interesse che ritiene vadano valorizzati perché ricchi di informazioni per la lettura critica di un periodo storico in cui il rapporto tra culture diverse andava acquistando consapevolezza.
La convivenza e il processo di integrazione tra bianchi e neri è la questione sollevata attraverso l’obiettivo: «Queste fotografie, che ci restituiscono autentici frammenti di storia, sono indubbiamente nate per essere un potente strumento ideologico e per contribuire, con un racconto in forma visiva, a rafforzare l’immagine trionfale della società industrializzata, a enfatizzare le differenze culturali ed economiche tra bianchi colonizzatori e “primitivi” e, attraverso le logiche e le dinamiche della comunicazione, a spettacolizzare i progressi tecnici e scientifici dell’Occidente».
Gli album realizzati in occasione delle esposizioni universali avevano lo scopo di celebrare, enfatizzare, promuovere e alimentare un’idea di progresso che preludeva alla produzione e il consumo che mette in moto i sistemi economici.
“Nulla di impossibile” era il motto dell’esposizione universale di St Louis a cui lavorarono un numero considerevole di operai e artigiani guidati da architetti che si prefiggevano lo scopo di creare qualcosa di mai visto prima, qualcosa che suscitasse stupore e convincimento che il futuro fosse l’eldorado in attesa di coloro che si mostravano – e agivano da- intraprendenti.
Nel testo leggiamo i numeri sbalorditivi di questa esposizione faraonica che chiuse i battenti facendo registrare un deficit pauroso. I fotografi che ricevettero l’incarico di documentare l’esposizione furono diversi e tra loro vi erano quattro donne.
D’Agostino spiega come la scelta della fotografia, intesa e praticata in senso professionale, comportasse all’epoca conoscenze chimiche e l’utilizzo di attrezzature molto pesanti che rendevano le cose ancor più difficili per donne che non disponessero di risorse economiche per procurarsi dei collaboratori.
«Il contributo delle donne ha lasciato l’impronta indelebile della sensibilità femminile: paradossalmente, l’esigenza di rispondere alle richieste dei clienti finì con lo standardizzare i lavori delle grandi professioniste, mentre la libertà di espressione di cui godettero le fotografe dilettanti fece di queste ultime le vere eroine della fotografia».
Jessie Tarbox Beals inizia la sua carriera nel 1888 dedicandosi ai ritratti, nel 1893 è all’esposizione mondiale di Chicago dove incontra e conosce alcune colleghe e nel 1904 convince gli organizzatori dell’esposizione di St Luis a farla accedere ai padiglioni prima dell’inaugurazione.
Supera ogni limite, per le riprese dall’alto usa una mongolfiera, non si cura di divieti e restrizioni, diventa la fotografa più richiesta. L’autrice ripercorre i momenti salienti della vita e della carriera soffermandosi sul significato e l’aspetto avanguardistico del lavoro fotografico: «Jessie è una donna emancipata, non si lascia condizionare dai luoghi comuni della società maschilista e patriarcale otto-novecentesca e afferma se stessa su tutto e tutti. Le fotografie della Tarbox sono lontane dagli stereotipi»..
L’autrice ritiene che il lavoro della fotografa sia orientato a veicolare il messaggio dell’integrazione culturale volto al superamento delle discriminazioni razziali ma, nel testo, riporta anche il pensiero di critici che ne danno un’interpretazione diversa.
Un apprezzabile esempio di onestà intellettuale in un tempo, come il nostro, in cui digitando su un qualsiasi motore di ricerca on line ci si imbatte in ciò che si cerca dimenticando – troppo spesso – che la rete è uno strumento e non una fonte di verità assolute e che affinché l’informazione diventi conoscenza è necessaria un’attitudine allo studio, l’approfondimento e lo sviluppo di un pensiero critico.
In una società dominata dall’immagine, i libri che offrono insegnamenti e chiavi interpretative risultano preziose chiavi di decodifica, la differenza tra la banalità e la ricchezza di contenuti, suggestioni, valori e messaggi è nella capacità di coglierla da parte di chi guarda. Attrezzarsi per capire cosa le immagini trasmettano è parte imprescindibile dell’alfabetizzazione del Ventunesimo secolo e D’Agostino lo ricorda a tutte/i noi con un interessante lavoro.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
L’esperienza universale di St. Louis. Un racconto attraverso le fotografie di Jessie Tarbox Beals, Manuela D’Agostino,
Carocci editore
pagine 103
euro 19

L’AUTRICE
Manuela D’Agostino, storica specializzata in biblioteconomia e archivistica è bibliotecaria presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Curatrice de Le cattedrali dell’effimero (con B. Costantino, 2015) e Le cenerentole dell’arte (2017)

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