Le disobbedienti/ Mary Wollstonecraft (1759 – 197), filosofa e scrittrice: madre del femminismo, si ribellò alle regole della propria epoca

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«Mi sono sentita come un uccello che si agita sul terreno senza riuscire a spiccare il volo, restìo a strisciare tranquillamente come un rettile, perché ancora cosciente di avere le ali». Due righe per esprime un sentimento universale e ricorrente per molte donne che, consapevoli del proprio valore, combattono per affermarlo.
A scriverle è stata Mary Wollstonecraft nel 1796, a citarle è Serena Vantin, in “Mary Wollstonecraft” pubblicato da Carrocci editore. L’autrice inglese, identificata come la madre del femminismo è al centro del saggio che affronta l’analisi delle opere per illustrarne il pensiero politico e filosofico.
Wollstonecraft è spesso tra #ledisobbedienti perché visse ribellandosi ai dettami del modello sociale della propria epoca pagandone il prezzo. Per comprendere l’attualità delle sue argomentazioni risulta utile la conoscenza biografica che ne mostra le scelte dirompenti e il dibattito sui diritti delle donne cui partecipavano i contemporanei Olympe de Gouges (Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina 1791) ghigliottinata nel 1793 e Nicolas de Condorcet che affrontò il tema dei diritti delle donne da giurista e da politico contrastando anch’egli, come de Gouges e Wollstonecraft, la visione di Jean Jacques Rousseau.
Una visione di aristotelica discendenza postulante una supposta natura deficitaria delle donne da cui far discendere una loro, necessaria, subordinazione agli uomini: intelletto e fisico deboli e inclini a una parossistica emotività mal si attagliano al governo della cosa pubblica o qualsiasi altro impegno diverso dalle faccende domestiche.  
Le opere di chi avversava tali idee aprirono squarci sulla insostenibilità della disparità di trattamento tra uomini e donne invocando la parità di diritti in quanto esseri umani – de Gouges assunse anche una posizione abolizionista nei confronti della schiavitù – cui riconoscere facoltà di scelta e libertà in quanto persone.
Fin da giovane Wollstonecraft si impegnò mostrando la sua natura di innovatrice attraverso la fondazione di una scuola per ragazze in cui praticare un modello educativo che rendesse possibile una istruzione in grado di esercitare il pensiero su un piano paritario con l’altro sesso. L’impresa fu ardua e accompagnata dal dolore per la morte della persona che con lei aveva creduto e investito nel progetto, Fanny Blood, un’amica cui era unita da una profonda comunanza di sentimenti, un idem sentire nei confronti del mondo.
I suoi legami affettivi furono sempre caratterizzati da una profondità che la spinse a indagare le forme di organizzazione politica al fine di tracciare una strada verso l’equità, la giustizia e la felicità. Vantin, delinea un filo logico e temporale, per condurre chi legge attraverso una disamina di concetti e considerazioni espresse nelle diverse opere.
Pagina dopo pagina l’autrice dipana le argomentazioni costruendo un affresco storico che, intrecciandosi con le vicende personali, mostra la maturazione del pensiero politico. La rivoluzione francese, vissuta da lontano e – in seguito (1793-1795) da vicino – furono una feroce dimostrazione dell’agire umano dalla cui osservazione Wollestonecraft trasse l’ispirazione per scrivere testi fondamentali come: “I diritti degli uomini. Risposta alle Riflessioni sulla Rivoluzione francese di Edmund Burke” del 1790, “I diritti delle donne” pubblicato nel 1792 e “An Historical and Moral View of the Origin and Progress of the French Revolution” pubblicato due anni dopo.
Le vicende rivoluzionarie la convinsero che gli strappi, nella loro violenza, sono la giustificata conseguenza di un bisogno di cambiamento che dovrebbe, però, essere graduale e non così repentino da sospendere la ragione. Di politica dovrebbero occuparsene persone che comprendendone le dinamiche e conoscendone la storia siano in possesso delle necessarie conoscenze per perseguire un modello di governo basato sul riconoscimento dell’uguaglianza e dell’equità.  
Rigettava le posizioni di Burke perché basate sulla reiterazione e il consolidamento delle diseguaglianze argomentando: «il diritto innato dell’uomo [consiste in] un grado di libertà, civile e religiosa, compatibile con la libertà di ogni altro individuo, con il quale si è uniti in un contratto sociale, e con la continuazione dell’esistenza del contratto».
La visione di società che predilige è basata sulle comunità agricole intese come architrave per la definizione di un concetto di evoluzione urbana e del concetto stesso di progresso che trae origine, non soltanto dal modello inglese, ma anche dall’osservazione di quello dei paesi nord europei in cui compì un viaggio con la primogenita Fanny nata da una relazione con un uomo americano, Gilbert Imlay, che saputo della gravidanza l’abbondonò.
Il dolore per l’abbandono la spinse a tentare due volte il suicidio, stessa sorte che toccherà a Fanny preda della disperata solitudine non per l’abbandono di un uomo amato o una inattesa gravidanza ma per il dissolversi del legame con il patrigno William Godwin e la sorellastra Mary Shelley con cui dopo la morte della madre aveva vissuto in armonia fino alle seconde nozze del patrigno.
Nel caso di Fanny non si trattò di solo tentativo ma di morte che spinse Mary Shelley a interrogarsi sul rapporto tra lei, Fanny e Claire la figlia della matrigna che si accodò nella sua fuga con Percy Bysshe Shelley e con loro rimase per lungo tempo. Le impressioni e le considerazioni del viaggio nei paesi scandinavi, pubblicate nel 1796, “Lettere scritte durante un breve soggiorno in Svezia, Norvegia e Danimarca” sono un testo ricco di suggestioni perché insieme odeporica e saggio in cui la vertigine di stampo romantico per la Natura fa da sfondo alle considerazioni politiche in merito a un modello socio economico in cui anche la pena della detenzione deve avere un fine ultimo volto alla reintroduzione nel consesso civile ordinato seguendo i principi di giustizia, equità e pari diritti per i cittadini e le cittadine.
Lavorando per Analytical Review, la rivista di Joseph Jonhson pubblicata tra il 1788 e il 1798, grazie alla quale aveva conosciuto e frequentava scrittori, filosofi e uomini di pensiero, aveva letto molti libri di viaggio che le fecero maturare la convinzione secondo cui “L’arte del viaggio è un ramo dell’arte del pensiero” strumento per esporre visioni compiute utili a far conoscere luoghi, popoli, usi, costumi e regole sociali.
Equità, uguaglianza e accesso all’istruzione sono i concetti che ricorrono nelle sue opere. Con “A Vindication of the Rights of woman” nel 1792 pose le basi per l’elaborazione del pensiero femminista sulle quali ancora oggi si costruiscono i concetti di equità e differenza, con “L’oppressione della donna” pubblicato postumo affronta la mancanza di tutela che le donne trovavano nell’ordinamento giuridico che Vantin ben illustra.
«Le donne appaiono ˂fuorilegge˃ nel duplice significato della parola: si trovano al di fuori di qualunque giurisdizione, perché il diritto non si cura di loro; ma ogni volta che assumono iniziative proprie, appaiono anche come pericolose ribelli». Basti pensare alle donne che, nei secoli, infrangendo le regole sociali sono state mandate al rogo, segregate in conventi o dichiarate pazze e sepolte in manicomio.
Nel secolo precedente a Milano abbondavano le “case per donne traviate e pericolanti” istituite distinguendo la classe sociale di appartenenza e la gravità dei peccati commessi dalle donne obbligate all’osservanza di rigide regole monastiche e sottoposte al controllo della legge attraverso il potere della chiesa, Mario Bendiscioli nel X volume della Storia di Milano, L’Età della Riforma cattolica [1559-1630] della Fondazione Treccani degli Alfieri (Milano, 1957) le elenca conferendo la misura del fenomeno.
La visione del matrimonio di Wollstonecraft si fonda su una comunione intellettuale nella quale due spiriti affini si rispettano, sostengono e dialogano nutrendo l’uno i pensieri e le idee dell’altro, è quello che aveva trovato nell’unione con William Godwin che, purtroppo, non durò a lungo per il sopraggiungere di una setticemia post parto.
Morì undici giorni dopo la nascita di Mary Wollstonecraft Godwin Shelley perché un medico non osservò le regole di igiene che, invece, le levatrici già seguivano… di questa morte la figlia portò con sé un latente senso di colpa.
In vita fu molto apprezzata sia in Europa che negli Stati Uniti ma, dopo la sua morte, la pubblicazione di “Memorie dell’autrice della Rivendicazione dei diritti della donna (1798)” del marito fece discendere su di lei l’oblio, se l’intento di Godwin era quello di rendere omaggio al suo talento l’effetto sortito fu ben diverso, la sua memoria fu colpita dallo stigma e della condanna nei confronti di una donna raccontata come troppo lontana dalla morale corrente, le relazioni extraconiugali intrattenuta, la figlia illegittima e la libertà di comportamento mal si confacevano a una donna per bene.
Lo stesso John Stuart Mill (La servitù delle donne, 1869) scelse di non citarla cosa che, invece, fece Hannah Mather Crocker in “Observations on the real rights of women” (1818).
Mary Wollstonecraft era una donna dotata di una fulgida intelligenza vivace di quelle ricche di sfaccettature, complesse e avvincenti che ci parlano, sconfiggendo il tempo, a distanza di secoli illuminando le menti con sprazzi luminosi e un nuovo libro, come quello di Vantin, che indaga e sviscera il suo pensiero facendo giustizia dell’oblio cui per molto tempo è stata condannata non può che essere benvenuto e consigliato. Grazie Serena Vantin…
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Serena Vantin
Mary Wollstonecraft
Carrocci editore
Pagine 106
euro 13

L’AUTRICE
Serena Vantin è professoressa associata di Filosofia del diritto all’Università di Bologna. È autrice di numerosi studi su Mary Wollstonecraft, sulla storia del femminismo giuridico e sull’evoluzione del paradigma dei diritti umani. Tra le sue pubblicazioni:” Il diritto di pensare con la propria testa. Educazione, cittadinanza e istituzioni in Mary Wollstonecraft (Aracne, 2018).

Mary Wollstonecraft tra #ledisobbedienti:

Mary Shelley tra #ledisobbedienti

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