Che nei programmi scolastici non ci sia posto per l’epoca contemporanea è cosa risaputa, studiamo il mecenatismo di secoli addietro ma nulla che riguardi la storia recente. Peccato. Studiamo di committenze maschili illuminate e di qualche donna che fece la differenza nelle corti europee come Caterina la Grande che creò l’Hermitage ma di Peggy Guggenheim non leggiamo neanche una riga.
Una mancanza da colmare. La Guggenheim ha vissuto intensamente, amando l’arte e quanto di nuovo gli artisti avessero da raccontare. Cercava il talento, lo sosteneva, valorizzava e incitava non per goderne in maniera esclusiva ma affinché anche i contemporanei e le future generazioni potessero scoprirlo e apprezzarlo aprendo la mente a nuove visioni espresse con codici altri, mai visti prima.
Fu una collezionista ma non egoista, il suo era un mecenatismo di stampo novecentesco. Operò una “rottura” tra il passato e il futuro affermando una sua visione.
La biografia romanzata “Miss Guggenheim” di Leah Hayden si focalizza su un periodo preciso della vita della protagonista: gli anni dal 1941 al 1958. Dopo aver vissuto a Parigi frequentando Constantin Brancusi, Djuna Barnes e Marcel Duchamp aprì una galleria d’arte a Londra, conosceva Cocteau, Joyce e Kandinsky, menti brillanti e innovatrici che le aprirono gli occhi su quel che diventò il suo progetto di vita: l’arte.
Progetto costretto a cambiar direzione per l’avvento del conflitto mondiale, scappò dall’Europa al divampare delle fiamme per tornare nella sua patria natia, l’America, escogitando il modo di salvare dipinti e sculture dall’avanzata delle tenebre che travolsero l’Umanità spedendole oltre oceano.
Un viaggio che si connota di apprensione per l’uomo amato, Max Ernst, che diventerà il suo secondo marito. In una anticonvenzionale interpretazione di famiglia allargata partì assieme ai figli e Laurence Vail, suo primo marito accompagnato dalla seconda moglie e i loro figli.
Rientrata in America dette vita a una nuova concezione di museo avvalendosi della visionarietà dell’amico Howard Putzel, fece conoscere le avanguardie e creò uno spazio per artisti non solo europei, realizzò un luogo dove esporne le opere per far conoscere i talenti che si ispiravano alla loro realtà, ai propri scenari diversi e lontani da quelli del vecchio continente dove infuriava la guerra.
Allestì una mostra personale per Jackson Pollock, esponente dell’espressionismo astratto americano e frequentatore del surrealismo aprendo la porta a un cambiamento radicale. L’arte contemporanea diventa interessante e acquista dignità.
La Hayden dà voce alla protagonista, con una scrittura fluida e intima, attraverso i suoi ricordi personali, non solo l’arte ma anche gli amori, gli affetti e le relazioni d’amicizia.
Il ritratto che ci consegna è quello di una donna dall’apparenza forte e determinata ma non immune da umane debolezze, una donna tenace impegnata a godere la vita attraverso le sfide che questa pone senza rinunciare alla propria personalità.
«Ho sempre fatto ciò che volevo, e non c’è bisogno di professarsi femministe per riuscirci. Dovrebbe essere normale. Del resto, per gli uomini non esiste una parola corrispondente che definisca l’idea di vivere come ritengono giusto».
Considerata da molti dei suoi contemporanei eccentrica e originale, non rinnegò il proprio modo di essere per omologarsi alle aspettative sociali e usò il patrimonio familiare per dedicarsi alla passione per l’arte, con lei nasce una diversa concezione della fruizione museale intesa come condivisione della bellezza e del talento.
Il museo non è più tempio distante e distaccato ma spazio aperto al nuovo e l’immaginifico. Amò l’Italia vivendo l’ultima parte della vita a Venezia dove passeggiava tra le calli con i suoi cani, dopo il museo di New York e quello italiano di Venezia vennero anche i musei Guggenheim di Bilbao, Berlino e Abu Dhabi.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Leah Hayden
Miss Guggenheim,
Beat edizioni
pagine 384
euro 19
L’AUTRICE
Leah Hayden ha studiato tedesco, scienze politiche e filosofia a Heidelberg e negli Stati Uniti, dove ha vissuto a lungo vicino a New York. Oggi vive con il marito a Salerno e lavora come giornalista freelance.
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