“Ambizione diventa una brutta parola se a usarla è una donna; è decisamente poco femminile, in effetti. Ecco perché ho dovuto eliminare anche quella parte”.
La presenza massiccia delle donne nel mercato del lavoro si registra in concomitanza di eventi che portano gli uomini altrove, come nel caso delle guerre e di consistenti fenomeni di emigrazione.
Le donne sopperiscono alla penuria di forza lavoro maschile entrando in fabbriche e ospedali per sostenere lo sforzo bellico e – quando le ostilità sono finite – la società si aspetta che ritornino nei ranghi: quelli del focolare domestico.
Così non fu per Agatha Christie donna intelligente dotata di talento per la scrittura. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio come infermiera, si sposò e tornata la pace si dedicò alla sua passione: scrivere di assassini e complotti costruiti in modo impeccabile e difficilmente intuibili caratterizzando in dettaglio i personaggi per i quali traeva spunto dalla realtà.
Hercule Poirot, l’investigatore belga protagonista di racconti e romanzi, nasce dalla conoscenza di diversi belgi arrivati in Inghilterra durante gli anni del conflitto, così come l’ambientazione delle storie che si svolgono nella familiare campagna inglese si nutre dell’osservazione dei luoghi e dei costumi sociali mentre i testi ambientati in Egitto e in altri luoghi lontani sono frutto dell’acuta e attenta lettura di persone, atmosfere e suggestioni vissute e catturate durante i viaggi.
Marie Benedict in “Il mistero di Agatha Christie” racconta un episodio della vita della scrittrice che suscitò clamori generando diverse teorie interpretative: la sua sparizione, durata dieci giorni, avvenuta nel 1926.
Cosa successe? Perché? Come? La donna che amava costruire trame investigative ricche di colpi di scena conobbe, nella propria vita, una vicenda degna dei suoi romanzi. Si trattò di un caso o fu sottile strategia mirabilmente architettata?
L’autrice ci accompagna, una pagina dopo l’altra, mantenendo il fiato sospeso sino alla fine quando sarà la protagonista a svelare l’accaduto, lo farà pronunciando parole utili a squarciare il velo sulla propria esistenza e sull’educazione che le donne delle sua generazione ricevevano, su quanto questa potesse farle sentire inadeguate, non all’altezza e sbagliate: “[…] il personaggio non mi è riuscito bene perché sono stata una narratrice infedele della mia stessa vita, senza la consapevolezza di me stessa”.
Dopo questo episodio, che ha dato adito a diverse speculazioni, la vita di Agatha Christie cambiò, decise di non sentirsi più in colpa per il suo talento e il successo che riscuoteva.
Nella prima parte della vita aveva seguito alla lettera gli insegnamenti della madre circa il dovere di anteporre la felicità del marito a qualsiasi cosa, soprattutto a se stessa e alle proprie ambizioni e desideri.
Il benessere del proprio sposo era di gran lunga più importante del rapporto con i figli, a lui andavano tutte le attenzioni al fine di evitare che si concedesse delle distrazioni e -pazienza – se questa dedizione faceva insorgere in lei sensi di colpa per aver trascurato la costruzione di un legame saldo con la figlia.
Agatha Christie amava scrivere, era brava e veniva pagata per farlo, era il suo lavoro e lo svolgeva riscuotendo successo. Il modello sociale in cui era cresciuta le diceva che questo era sbagliato, doveva sentirsi in colpa, minimizzare e tacere quel che faceva per concentrarsi su come far sentir realizzato il consorte, il suo comportamento doveva essere improntato a non fargli ombra né con il proprio talento né in altro modo.
Successivamente alla sua sparizione lo scenario cambiò radicalmente, qualcosa di definitivo, una cesura tra un prima e un dopo, era avvenuta. La consapevolezza si era fatta strada e incise sulle sue scelte di vita. Fu una donna dall’intelligenza vivace, appassionata di archeologia che amava viaggiare, si sposò una seconda volta e continuò a scrivere. Non è da tutti fare della propria vita un capitolo di un giallo scritto magistralmente.
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IL LIBRO
Marie Benedict
Il mistero di Agatha Christie
Piemme
pagine 287
euro 18,50
L’AUTRICE
Marie Benedict ha lavorato come avvocato a New York, ma ha sempre avuto la passione della storia e dell’archeologia. È stata proprio questa passione a farle venire voglia di raccontare nei romanzi lati meno conosciuti della storia reale: è nato così La donna di Einstein. Ha studiato alla Boston University School of Law, e vive a Pittsburgh con la famiglia.
In alto, Agatha Christie nella foto di Giordano Panini da Pixabay.