Le disobbedienti/ “Scandalo alla radio”: giornalista e scrittrice negli anni ’60, Menie Grégoire parlava con le ascoltatrici di aborto e incesto. La sua vita raccontata dalla nipote Adèle Brèau

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Ci sono libri che contengono un messaggio potente e libri che è importante leggere per comprendere come si possa fare la differenza innescando il cambiamento. “Scandalo alla radio” scritto da Adèle Brèau, tradotto da Gaia Cangioli e pubblicato da Piemme è insieme questo e molto altro.
La biografia romanzata di Menie Grégoire, scritta dalla nipote, andrebbe letta a scuola: «Quanto a te, Marie, dovresti smetterla con questi giochi da maschi: non si addicono a una ragazzina. Ormai hai tredici anni. È arrivato il momento di darti un contegno, altrimenti non troverai marito».
Quante di noi hanno sentito queste raccomandazioni proferite da madri, zie, nonne, maestre? Menie Grégoire fu molto diversa da sua madre che ai suoi occhi rappresentò il modello di chi non avrebbe voluto essere e diventare, dalla provincia andò a Parigi, sposò un uomo che amava, ebbe tre figlie e – alla soglia dei cinquant’anni – decise di ascoltare e dare voce alle donne prigioniere dell’ignoranza, del pregiudizio e di un modello sociale che le voleva sottomesse e prive di aspirazioni.
Giornalista e scrittrice negli anni Sessanta creò la trasmissione radiofonica Allô Menie in cui rispondeva alle lettere e le telefonate delle ascoltatrici per affrontare temi considerati tabù come la contraccezione, l’aborto, il piacere femminile, l’incesto: «Eppure, una donna che prova piacere è una poco di buono. Una donna che fa passare il proprio piacere prima del suo dovere di madre non merita il rispetto».
Ebbe il coraggio e l’audacia di parlare di cose delle quali nessuno voleva sentire tranne i milioni di donne che ignoravano come fosse fatto il proprio corpo, come evitare le continue gravidanze e come aspirare a una vita gratificante sessualmente, affettivamente e lavorativamente.
Introdotta nella miglior società parigina pagò lo scotto delle sue scelte da parte di chi ritenne che si fosse spinta troppo oltre senza lasciarsi fermare, i suoi dubbi riguardavano non la giustezza del suo agire quanto, piuttosto, gli effetti: «Contribuendo alla liberalizzazione della sessualità, Menie non sta favorendo questa mercificazione del corpo femminile alla quale assiste impotente? Il seno, la pelle, le gambe, i glutei delle donne fanno vedere qualsiasi cosa, allora perché non se ne è mai parlato? La stampa conservatrice si scatena. Si parla di radio senza mutande».
La sua trasmissione radiofonica andò in onda fino agli inizi degli anni Ottanta, un arco di tempo in cui si svolsero le battaglie per i diritti delle donne in quella che viene definita la seconda ondata femminista, dopo quella per il diritto di voto e all’istruzione e prima di quella degli anni Novanta fino al 2010, e a essa accompagnò la scrittura e la pubblicazione di libri senza mai smettere di interrogarsi su sé stessa e su quel che stava facendo.
Mise su una redazione di donne che selezionava le lettere e le telefonate per organizzare le trasmissioni che andavano in onda alle tre del pomeriggio – quando sapeva che le donne sarebbero state sole in casa e libere di sintonizzarsi – e decise di archiviare tutto il materiale, registrazioni radio comprese.
Brèau, che fa emergere la donna, la moglie e la madre oltre che la giornalista raccontando del suo carattere, della femminilità e l’eleganza, del rapporto con le figlie, il marito e i fratelli, sfiora la differenza con un’altra voce importante del femminismo: Simone de Beauvoir.
Personalmente andando avanti nella lettura mi si è affacciata alla mente Annie Ernaux perché in entrambe ritrovo la schiettezza e la lucidità nello scrivere e parlare di temi ritenuti scabrosi e non socialmente proponibili come il sesso, la maternità e l’aborto, facce differenti di uno stesso problema: il divieto di scelta imposta alle donne.
Entrambe guardate con sospetto e malizia– perché in fondo se una donna parla e scrive di certe cose deve essere perversa e indulgere al peccato – hanno sostenuto con coerenza le proprie idee e a loro – e ad altre – dobbiamo conquiste che non bisogna mai commettere l’errore di pensare siano acquisite, consolidate e scontate: “Quand’è che ci siamo arrese? Perché a un certo punto abbiamo lasciato perdere tutto, senza andare fino in fondo? La pillola era il regalo di cui dovevamo accontentarci?” Per dar maggior forza a queste considerazioni l’autrice intreccia il racconto con la storia di una donna, contemporanea, che vive una storia di amore tossico e violento: «Una donna che parla troppo non è sexy” aveva detto scherzando. Io volevo che mi desiderasse. Allora avevo smesso di parlare. In questo modo non avevo forse rinnegato gli sforzi di tutte le donne che in passato avevano lottato anche per me? […] Le donne avevano ottenuto la contraccezione, il diritto all’aborto, il diritto al lavoro. Avevano avuto quello che volevano, non è che potevano continuare a rompere le palle. Adesso dovevano chiudere il becco». Già il diritto all’aborto…
La storia di Menie Grégoire, come quella di altre donne, è dirompente perché dimostra che le cose possono essere cambiate, che non bisogna demordere, che bisogna lottare per affermare i propri diritti e Brèau ne scrive sottolineando un argomento sempre all’ordine del giorno: la sorellanza. Le donne sono capaci di sostenersi a vicenda senza entrare in competizione, criticarsi e massacrarsi?
La mia risposta è che le donne sono persone, perciò, tra esse ci sono quelle in grado di scegliere la sorellanza e quelle che optano per l’individualismo e la sfrenata competizione ma tale argomentazione non toglie forza al tema della parità di diritti. Se adesso, nella società occidentale, è cosa che non suscita scalpore vedere donne che guidano l’automobile, lavorano, escono da sole, studiano, possono partecipare a concorsi nella pubblica amministrazione e fare carriera ancora discutiamo sulla scelta di non sposarsi, di non avere figli o di decidere di abortire.
Un solo neo: «Era bravo negli affari e con le parole. Lo doveva alle sue origini italiane» voglio interpretare questa frase come un commento positivo tenendo lontano dal pensiero le ricorrenti affermazioni presenti nelle sceneggiature di telefilm francesi in cui gli italiani sono dipinti come furbetti, chiacchieroni e poco seri. Vale quanto sostenuto per la sorellanza, ci saranno pure degli italiani – come dei francesi – così ma io non mi ci riconosco, il mio essere brava con le parole ha un valore assai lontano dal raggiro, l’inganno e la truffa. Un libro da leggere, un libro da far leggere.
 ©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Adèle Brèau
Scandalo alla radio
Piemme
Pagine 381
euro 19,90

L’AUTRICE
Adèle Bréau è un’autrice bestseller in Francia. Con questo romanzo, che racconta la straordinaria vicenda di sua nonna Menie Grégoire, ha vinto il Prix Maison de Presse.

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