La settimana scorsa ho raccontato un libro dedicato alle donne di Puglia, adesso è la volta delle siciliane: «Mi piace pensare che tra i diritti umani fondamentali ci sia anche il diritto alla memoria: Mnemosine, la madre delle Muse che si oppone a Lete, la dimenticanza, l’oblio. E le donne hanno bisogno di memoria perché hanno bisogno di creare una tradizione, altrimenti restano meteore, scie luminose visibili solo per brevissimo tempo».
Come non essere d’accordo con quanto scrive Marinella Fiume in “Strèuse. Strane e straniere in Sicilia” pubblicato da Iacobelli? Per comprendere il criterio operato dall’autrice nella scelta dei trentadue ritratti di donne nate, vissute o legate alla Sicilia presentate nel volume è necessario comprendere il significato della parola strèuse invero assai simile, come spesso accade in merito a diversi aspetti tra le due culture, a quella napoletana strevuze.
Le strèuse sono le donne strane, fuori dai canoni sociali della loro epoca, eccentriche, stravaganti, straniere perché diverse dal comune sentire del luogo in cui sono nate o perché provenienti da un altrove geografico e culturale.
Fiume si sofferma a presentare il suo intento ricordando le sirene e le streghe, tutte creature ricche di sapienza e – per tal motivo – perseguitate dalle società patriarcali poiché pericolose per l’ordine sociale costituito: «Certo, anche al di là delle viaggiatrici e delle straniere, dovettero apparire “strane” nello scenario in cui si trovarono ad agire tutte queste donne di Sicilia di cui qui presentiamo un piccolo campionario, per la loro diversità, il loro coraggio, la loro sfrontata audacia, il loro spirito di sacrificio, la loro pretesa di esistere, il loro volersi prendere la parola, l’esercizio dei diritti, insomma la loro visibilità».
Oltre il parallelismo semantico, tra la cultura siciliana e quella campana, procedendo nella lettura, ne scorgo un altro su cui riflettere, quello riguardante le modalità dialogiche esistenti tra il mondo dei morti e quello dei vivi, una comunicazione tra due dimensioni che nello spiritismo ottocentesco, praticato da alcune/i dei protagonisti presentati, fu molto frequentato. Chi sono, dunque, queste donne stravaganti agli occhi dei siciliani nel tempo in cui vissero?
Tra le pagine incontriamo una scienziata e biologa marina, Jeannette Villepreux Power (1794-1871), che trascorse a Messina quasi un quarto di secolo – dal 1818 al 1843 – selezionando e classificando specie marine. Inventò, per raccogliere esemplari da studiare, delle gabbie denominate “gabbioline Power” o “cages à la Power” e presentò, nel 1842 a Napoli, una innovativa guida turistica per i visitatori dell’isola che, oltre a contenere informazioni utili per chi viaggia, includeva anche un testo dedicato alla storia naturale.
Conclusa la parentesi di vita italiana – e trasferitasi a vivere lontano dal mare – volse l’interesse allo studio dei meteoriti che le valse l’intitolazione di un cratere sul pianeta Venere da parte dell’Unione astronomica internazionale. La sua fu una vita vissuta assecondando la propria curiosità intellettuale e scientifica.
Le viaggiatrici sono donne ricche di interessi e – per nostra fortuna – molte di loro annoveravano tra questi l’odeporica, la letteratura di viaggio, grazie alla quale possiamo conoscere luoghi, usi, costumi, storia politica e sociale, arte e cultura di paesi vicini e lontani.
Oltre la Power l’autrice presenta Florence Trevelyan (1852- 1907), la donna che rese Taormina una città- giardino. Amò la natura e gli animali e soccorse chi si trovava nel bisogno, lo fece con le figlie dei pescatori quando dovevano provvedere alla dote matrimoniale e con gli artisti e i poeti in difficoltà come Oscar Wilde.
L’autrice ci racconta di Tina Di Lorenzo (1872-1930), l’anti Duse, e Alessandra Starrabba Di Rudinì (1876-1931) una delle donne amate da D’Annunzio che fu una grande mistica per la quale è in corso un processo di beatificazione. Tra le protagoniste anche una futurista, Clelia Adele Gloria (1910-1984), la cui carriera fu adombrata dall’ingombrante presenza dell’uomo che sposò.
Ancora una viaggiatrice, intrepida e amante della velocità in automobile, Francesca Mirabile Mancusio di Caronia (1893-1974) che alla guida di una fiammante Isotta Fraschini secondo l’Acais, l’Associazione cultori auto di interesse storico di Messina, fu la prima donna a cui venne rilasciata la patente di guida. Una stranezza mai vista: una donna al volante! I contadini di un piccolo centro in provincia di Messina, al suo passaggio, si peritarono di fare scongiuri e a lei addossarono la responsabilità di una violenta grandinata che danneggiò le colture.
L’autrice racconta Annie Messina, la nipote della più famosa zia, la scrittrice Maria Messina e attraverso – una figura maschile- il medico Gayelord Hauser tratteggia la figura della diva Greta Garbo. Negli anni Quaranta del Novecento Hauser diffondeva uno stile di vita sano basato su un’alimentazione e delle abitudini come quelle che, anni dopo, studierà il biologo e fisiologo Ancel Keys padre della Dieta Mediterranea che per lunghi periodi della sua vita visse in Cilento osservando le abitudini alimentari e di vita della longeva comunità locale.
Gayelord Hauser si divideva tra Hollywood e Taormina dove ospitava attori, attrici e il jet set internazionale. Greta Garbo, legata a lui da un rapporto profondo, frequentò la sua casa siciliana per decenni.
Di Goliarda Sapienza (1924–1996) l’autrice scrive: «È questa la lezione più durevole di Goliarda: che ognuno, sotto qualunque cielo, ha il diritto di aspirare alla libertà di inventarsi la vita apprendendo l’arte della gioia: anche noi, figli di un secolo che non è più il suo Novecento, ma che non è per questo meno crudele».
Giunte alla fine della galleria di donne fuori dall’ordinarietà ne incontriamo due che custodiscono pratiche riconosciute importanti, sono maestre detentrici di saperi del patrimonio immateriale: Nerina (Venera) Chiarenza e Chiara Vigo. La prima, riconosciuta “Tesoro Umano Vivente”, è l’unica pittrice di carretti siciliani mentre, la seconda, è l’ultima donna che si immerge in mare per raccogliere il preziosissimo bisso e lavorarlo, pratica per la quale è in corso la richiesta di inserimento nel patrimonio immateriale dell’Umanità.
Entrambe le donne vivono, ancor oggi, dedicandosi a quello che definire lavoro suona ingiustamente riduttivo, oltre che fuorviante. «Infine, un modo anche per le donne del nostro tempo di intrecciare un dialogo con chi le ha precedute, comprendere le dinamiche del cambiamento, contribuire a creare una genealogia. Ed è per questo che abbiamo voluto concludere il testo con tre donne viventi, solo tre (e avrebbero potuto essere tantissime…), giusto per dare il senso di un filo che non si spezza. Qualcuno potrebbe dire che in realtà di vivente ce n’è anche una quarta: quella che scrive, l’autrice di queste pagine. Ne convengo e lo ammetto, perché è ovvio che raccontando le altre, si racconta anche e sempre se stessi. Strèusa a mia volta».. Anche in questo caso non posso che esser d’accordo con l’autrice, quando si racconta ci si mette dentro molto di sé.
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IL LIBRO
Marinella Fiume,
Strèuse. Strane e straniere in Sicilia,
Iacobelli
Pagine 216,
euro 15,00
L’AUTRICE
Marinella Fiume, nata a Noto (Siracusa) ha insegnato nei Licei ed è stata Sindaca di Fiumefreddo di Sicilia (Catania) per due mandati. Socia fondatrice e presidente dell’associazione antiracket “Carlo Alberto Dalla Chiesa”, responsabile Cultura della Fidapa Distretto Sicilia, presidente del Soroptimist “Val di Noto”. Tra le sue pubblicazioni: il saggio Sibilla arcana Mariannina Coffa 1841-1878 (2000), i romanzi Celeste Aida Una storia siciliana (2008), Feudo del mare. La stagione delle donne (2010), Di madre in figlia. Vita di una guaritrice di campagna (2014), La bolgia delle eretiche (2017). Ha curato il Dizionario biografico Siciliane (2006) e pubblicato i racconti Ammagatrìci (2019) e il libro-inchiesta Le Ciociare di Capizzi (2020).
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