L’odeporica, la letteratura di viaggio, è un argomento interessante perché ricco di spunti che investono una pluralità di discipline come la filosofia, la letteratura, l’arte, la storia, la sociologia, l’antropologia o la psicanalisi ma ciò su cui, spesso, mi soffermo in questa rubrica è la differenza di approccio, lettura e interpretazione con cui del viaggio in Italia, all’epoca del Grand Tour, scrissero le donne rispetto agli uomini.
L’eterogeneità degli scritti femminili nel periodo preso in considerazione, dal Seicento alla fine dell’Ottocento, si sostanzia nella natura degli argomenti scelti, nel carattere di pionerismo che li contraddistingue e nella varietà dei testi.
La definizione del Grand Tour, come viaggio di formazione intrapreso da giovani aristocratici, artisti, scrittori e poeti prima di far il loro ingresso nella vita adulta, sarebbe da rintracciare nel testo “The voyage of Italy” di Richard Lassels pubblicato nel 1670.
Il tour si apriva in Francia per poi proseguire alla volta dell’Italia verso le città di Genova, Milano, Torino, Firenze, Napoli e Venezia mentre chi si tratteneva più a lungo includeva anche la Sicilia. Fino a un certo punto l’esperienza fu esclusivo appannaggio maschile riservato alla classe sociale più elevata ma, con il passare del tempo, a intraprendere il viaggio furono anche donne e borghesi.
Dalle esperienze vissute molti trassero idee e suggestioni per scrivere romanzi, corrispondenze, racconti, epistolari e le prime guide turistiche. Romina Angelici in “Viaggi letterari in Italia” edito da flower-ed introduce chi legge ai racconti di diversi autori e autrici famosi il cui ricordo dei viaggi in Italia affiora e permea le opere sottolineandone il merito per aver testimoniato la bellezza del nostro Paese: «I pregiudizi e i preconcetti di cui si è nutrita la comunità straniera sono stati smentiti dai fatti e sul campo, e deve darsi atto a quella speciale categoria di anime elette rappresentate dagli scrittori, dei quali qui si è cercato di portare un seppur esiguo esempio, di aver degnamente celebrato l’Italia e la sua grande bellezza».
Tra le pagine incontriamo David Herbert Lawrence, Virginia Woolf, W. Somerset Maugham, Charles Dickens, George Byron, Mary Shelley e Percy Bysshe Shelley,John Keats, Madame de Staël, Goethe, George Eliot, Elizabeth Gaskell, Elizabeth Barrett Browning, Louisa May Alcott, Frances Milton Trollope, Oscar Wilde, Elizabeth von Arnim, Katherine Mansfield, Edward Morgan Forster, Henry James, Edith Wharton e Jean Webster.
Ognuno/a ha vissuto l’Italia a proprio modo, alcuni per puro diletto, altri scegliendola come meta salvifica nella speranza di sconfiggere uno dei mali che all’epoca mieteva vittime -la tubercolosi – qualcun’altro in fuga dalla propria terra per il biasimo sociale in cui era incorso e/o per problemi economici come nel caso di Mary Shelley e Percy Shelley ma tutti, nessuno escluso, furono colpiti e impressionati dall’Italia al punto da eternarla nei loro scritti scegliendola come ambientazione, citazione o rimembranza che affiora e connota, colora, enfatizza e accompagna memorie, personaggi, racconti, dialoghi e storie.
L’autrice ne riporta brani che fanno emergere diversi spunti interessanti, Edward Forster in Monteriano pubblicato nel 1905 scrive: «L’Italia è un posto tanto gradevole per viverci, se si ha la fortuna di essere uomini. Vi si può godere la squisita voluttà del socialismo, quello vero, che non si basa sull’eguaglianza dei redditi o delle qualità morali, bensì sull’eguaglianza dei modi. Nella democrazia del caffè o della strada il grande problema della nostra vita è risolto, e la fratellanza degli uomini è una realtà. Ma tutto questo è accaduto a spese della fratellanza delle donne».
Diversamente scriveva, alla metà del secolo precedente, Mary Shelley affermando di trovare in Italia una condizione migliore per le donne di quanto non vi fosse in Inghilterra questo perché lo scenario politico, economico e sociale muta così come muta il punto di osservazione degli stranieri nel nostro Paese.
Il cambiamento è ben rappresentato da Edith Wharton che lo definisce in maniera plastica: «Quello che vale per lo studio dei dipinti italiani vale anche per l’Italia. Il paese è diviso non in partes tres ma in due: un primo piano e uno sfondo. Il primo piano è materia delle guide turistiche e del loro prodotto, il turista meccanico; lo sfondo invece appartiene al perdigiorno, al sognatore e a chi studia davvero l’Italia. La distinzione non implica alcun disprezzo per il primo piano. Lo si deve conoscere a fondo prima di poter apprezzare ciò che appare dietro ad esso: non c’è nessuna scorciatoia per giungere alla parte più nascosta dell’Italia».
L’autrice si sofferma sulle ragioni che portarono al diffondersi del Grand Tour, al suo persistere durante l’epoca del razionalismo illuministico fino al Romanticismo e analizza la composita natura delle forme espressive che ne furono strumento come il vedutismo e la ritrattistica a cui si può aggiungere la glittica, l’incisione a cammeo su pietre dure che aveva a Roma i suoi maggiori artisti e il cammeo inciso su conchiglia che ancora oggi, come allora, viene realizzato a mano solo in una cittadina ai piedi del Vesuvio, Torre del Greco. Il merchandising che fiorì e accompagnò i viaggiatori fu vario e ricco di creatività, tecnica e competenza artigianale e artistica.
L’Italia fu meta anche di viaggiatori non europei, in diversi partirono da oltre oceano per il vecchio continente inserendo nel tour l’Italia con sentimenti contrastanti che Angelici così descrive: «Il loro destino diveniva allora quello di equilibristi perennemente in bilico tra attrazione e repulsione, tra ammirazione e diffidenza; di questi moti alterni e contraddittori sono pervasi, in verità, tutti gli scritti della letteratura americana dell’Ottocento che hanno per soggetto o per sfondo il Vecchio Continente».
A proposito di Henry James l’autrice scrive: «Le città italiane aiutano James a esemplificare il suo tema dominante e cioè quello di rappresentare il conflitto tra l’ingenuità americana e l’inganno europeo, ambientando i suoi romanzi sullo sfondo di paesaggi bellissimi, affascinanti, ma proprio per questo possibili fonti di rovina perché confondono i sensi e ottundono la mente».
L’inganno europeo sembra incarnare il Romanticismo con la sua ricerca della capacità di “sentire” la Natura, quella fusione tra umano e potenza della Natura preannunciato da Mary Wollstonecraft in “Letters Written During a Short Residence in Sweden, Norway, and Denmark”del 1796 e ripreso anni dopo dalla figlia, Mary Wollstonecraft Godwin che sposò Percy Shelley, nei suoi romanzi a cominciare dalla suo opera più famosa “Frankenstein o il novello Prometeo”. La letteratura di viaggio è una passione per chi ama ascoltare il racconto di luoghi ed esperienze scoprendoli attraverso gli occhi di altre persone.
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IL LIBRO
Romina Angelici,
Viaggi letterari in Italia,
flower-ed
Pagine 164
euro 13,91
L’AUTRICE
Romina Angelici è laureata in Giurisprudenza. Vive nelle Marche, su una collina sul mare. Accanita lettrice, gestisce il blog letterario I piaceri della lettura. Ha pubblicato Poesie per un anno, Intrighi d’amore a Villa Roseburn, Equinozio d’autunno (ispirato a Sanditon di Jane Austen), Solstizio d’inverno. I Watson, ideale seguito dell’omonimo incompiuto di Jane Austen, la trilogia La debuttante dell’Essex, Graystone Manor, Fiori d’arancio nell’Essex e il libro-game Un Natale con Emma. Con flower-ed ha pubblicato i saggi Jane Austen. Donna e scrittrice (2017), Non ho paura delle tempeste. Vita e opere di Louisa May Alcott (2018) e Vorrei che dal cielo piovessero rose. Vita e opere di George Eliot (2019).
Le recensioni de #ledisobbedienti dedicate alle donne presenti nel libro:
Le recensioni de #ledisobbedienti dedicate alla letteratura di viaggio