Il cinema d’autore e le sue frasi più belle. il tema del libro dello psichiatra e critico cinematografico napoletano Ignazio Senatore "Perch si danza quando si ha voglia di baci?" (Edizioni Falsopiano, pagg. 204, euro 19), una raccolta di frasi celebri tratte da alcuni dei film più famosi di registi come Alfred Hitchcock, Roman Polanski, Francois Truffaut, Martin Scorsese e molti altri.
Con il passaggio dal cinema muto a quello sonoro furono in molti ad esprimere le loro perplessit , poich l’arte cinematografica era nata come racconto attraverso le immagini. In breve tempo, però, fu evidente che l’introduzione del dialogo parlato nei lungometraggi ne facilitava la fruizione presso il grande pubblico e contribuiva a rendere il cinema un’arte popolare, arricchendone il valore artistico grazie all’equilibrio fra il parlato e il visivo. Il sonoro rappresentò una condanna a morte per il cinema d’avanguardia e le piccole case di produzione, a causa del lievitare dei costi di realizzazione, e si affermò la grande industria cinematografica. Sceneggiatori e dialoghisti acquisirono un ruolo centrale, molti testi letterari e di derivazione teatrale furono oggetto di trasposizioni sul grande schermo e le frasi recitate nei film contribuirono ad accrescere la notoriet degli attori, divenendo un elemento essenziale del fenomeno del divismo.
Si creò una divisione sempre più netta tra un cinema basato su dialoghi e sceneggiature e un altro che privilegiava l’aspetto visivo, in cui la fase del montaggio successiva alla fine delle riprese era determinante per dare corpo e anima all’opera cinematografica.
Alcune delle frasi raccolte nel libro di Ignazio Senatore sono diventate di uso comune, tale è la loro notoriet , a cominciare dal celeberrimo monologo di Rutger Hauer in "Blade runner" citato nella introduzione «Io ne ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi… ». Nel volume le frasi sono suddivise per categorie (acute, categoriche, disarmanti, divertenti, folli, poetici, ribelli, sentimentali…), a suggerire anche un percorso di analisi e riflessione interiore, in cui autori cinematografici diversi per cultura di appartenenza e temperamento vengono accomunati da temi universali quali l’amore, la morte, la rabbia e la solitudine.
Lo spettatore-lettore può immergersi in un viaggio singolare e affascinante, ritrovando autentiche perle come il monologo di un arrabbiato Edward Norton sulle varie etnie che popolano New York ne "La venticinquesima ora" di Spike Lee, la disarmante confessione di un giovane Matt Dillon tossicodipendente in "Drugstore cowboy" di Gus van Sant, la riflessione disperata di un solitario Robert De Niro in "Taxi driver" di Martin Scorsese, la caustica predica ai telespettatori sulle menzogne televisive di un esagitato Peter Finch in "Quinto potere" di Sidney Lumet, il dialogo tra Marlon Brando e Maria Schneider amanti in un appartamento vuoto in "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci.
I film vengono citati nel libro con brevi passaggi, anche poche parole, sufficienti a rievocarne immagini ed emozioni uno scavo nella memoria del lettore per riportare alla luce gesti ed espressioni degli attori, all’insegna del legame indissolubile tra parlato e visivo. Per chi legge può essere divertente anche lasciarsi trasportare dal gusto della citazione e trovare quella frase amata che nel libro manca, per continuare un percorso immaginario infinito seguendo l’ispirazione della settima arte.
L’autore Le parole portano per mano lo spettatore
(ma. sca.)
Ignazio Senatore è psichiatra e psicoterapeuta, presidente e fondatore della sezione "Arte, musica, teatro, cinema e mass media" della Societ Italiana di Psichiatria. responsabile dell’ambulatorio per i disturbi del comportamento alimentare del Dipartimento di Clinica Psichiatrica dell’Universit "Federico II" di Napoli. Giornalista pubblicista, collabora alla rivista "Segnocinema" e al "Corriere del Mezzogiorno". autore di volumi dedicati al cinema e alla psicanalisi, ha organizzato diverse rassegne cinematografiche "Il cineforum del dottor Freud"; "Cinema e bioetica"; "Il cinema nella scuola, la scuola nel cinema".
Come nasce l’idea del libro?
Da psichiatra risponderei che la mia pratica clinica mi porta ad ascoltare le storie, spesso dolorose, che raccontano i miei pazienti, storie che si concentrano spesso intorno a delle frasi, a dei grumi di parole intorno alle quali, inconsapevolmente, la loro mente si è bloccata, paralizzata. Ho chiamato “sindrome di Sherazade” proprio quell’affezione che colpisce noi terapeuti, “costretti” a narrare storie ai pazienti. Da critico cinematografico direi, invece, che dalla visione di un film ognuno di noi si porta a casa un primo piano della protagonista, una scena particolarmente emozionante, il motivetto di una colonna sonora e certamente una frase che l’