Seconda parte
Dunque, Yvonne formava coppia fissa sul set cinematografico con Amedeo Nazzari. L’attore nasce a Cagliari il 10 dicembre 1907 con il nome di Salvatore Amedeo Carlo Leone Buffa, figlio di un proprietario di un pastificio che lascia il piccolo Amedeo alla giovane età di sei anni. E la madre, dopo la morte del coniuge, si trasferisce a Roma.
Il ragazzo inizia gli studi in collegio dei salesiani, ma non li finisce. La sua grande passione è il teatro. Inizia la sua storia di attore esordendo sulle tavole del palcoscenico nel 1927, con il nome d’arte di Amedeo Nazzari, ma solo qualche anno dopo l’attrice Elsa Merlini lo coinvolge in un film che lei sta girando “ Ginevra degli Almieri”. Una pellicola che passerà inosservata e Nazzari ritorna al teatro.
La sua fortuna è la sua prestanza fisica, Amedeo è bello e affascinante. Un uomo che si fa notare, e proprio grazie a queste sue qualità- oltre che per sua bravura- Anna Magnani lo impone nel cast del film “Cavalleria”. Sempre con il regista Alessandrini gira un altro film e comincia la sua ascesa. Lavora tanto, il suo volto sarà amato dal grande pubblico.
Nel 1941 verrà premiato alla Mostra di Venezia con la futura Coppa Volpi per il film “Caravaggio”, e in quell’anno il celebre lavoro cinematografico “La cena delle beffe” lo consacra definitivamente come “divo”.
Nel periodo bellico subentrano le difficoltà anche per il nostro Amedeo che deve accontentarsi di ruoli minori, ma subito dopo la fine della guerra sarà di nuovo in primo piano come in “Un giorno nella vita” di Blasetti, “Il bandito”, diretto da Alberto Lattuada al fianco di Anna Magnani e “La figlia del capitano” diretto da Mario Camerini.
Da non dimenticare “Processo alla città” del 1952 firmato dal regista Luigi Zampa: gli esterni sono girati per un progetto che trae linfa da un fatto di cronaca, il delitto Cuocolo da cui si svilupperà il primo maxidibattimento contro la camorra napoletana. Qui, Nazzari interpreta il giudice Antonio Spicacci.
La sua carriera va a gonfie vele, lavora con Federico Fellini nella storica pellicola “Le notti di Cabiria” nel 1957 e, nello stesso anno, si sposa con una attrice italo-greca Irene Genna. Poi il declino fatto di delusioni, rifiuti di copioni, piccole apparizioni in commedie all’italiana, fino a quando, all’età di settanta due anni, Amedeo Nazzari ci lascia. Muore a Roma, città che lo ha adottato, il 7 novembre del 1979.
Ma torniamo alla sua storica partner cinematografica Yvonne Sanson. La diva, che con lui raggiunge l’apice della notorietà nel genere strappalacrime, cambierà pagina per iniziare un percorso diverso nella commedia degli anni 50 anni con Walter Chiari e Silvana Pampanini.
Affiancherà, poi, Nino Taranto nella “cintura di castità” diretto da Camillo Mastrocinque. E ancora sarà in “Pane , amore e gelosia” del 1954, gioiello di Luigi Comencini, dove appare in un cameo accanto a Vittorio De Sica.
Non possiamo non citare la sua presenza l’anno successivo in “La moglie è uguale per tutti” di Giorgio Simonella che la dirige anche ne “Il campanile d’oro” con Roberto Risso e Sandra Mondaini. E il suo ruolo (secondario) in “La bella musgnaia” di Mario Camerini, dove svetta una magnifica Soghia Loren accanto a Marcello Mastroianni.
Torna a recitare da bionda con Totò in “Lo smemorato di Collegno” del 1962 per la regia di Sergio Corbucci. E’ ormai ben lontana la popolarità del filone che le ha dato notorietà e anche lei si avvia verso il tramonto della carriera con parti secondarie: ricordiamo “Il cappotto” di Alberto Lattuada, “Siamo tutti assassini” di André Cayatte, “Anima nera” di Roberto Rossellini, “Il profeta” di Dino Risi, “Il confromista” di Bernardo Bertolucci con Jean-Luois Trinignant e Stefania Sandrelli in cui diventa madre borghese.
Nel 1972 partecipa allo sceneggiato televisivo coprodotto dalla Rai, “Le avventure del barone von Trenck” poi approda, sempre in tono minore, nel thriller “A.A.A. Massaggiatrice bella presenza offresi” di Demofilo Fidani, il suo ultimo film.
Abbandona definitivamente la scena proprio negli anni in cui suoi melodrammi sono riscoperti e rivalutati dalla critica cinematografica. E si trasferisce a Bologna per stare più vicina alla sua unica figlia Gianna. Vivendo modestamente, dopo il crack finanziario negli anni sessanta. Il fisco le sta addosso, la sua fastosa villa sull’Appia antica viene pignorata e messa all’asta con tutti gli arredi.
La bellissima donna Yvonne Samson muore, a 77 anni, nella notte tra il 23 ed il 24 luglio del 2003 per un aneurisma, e viene sepolta nel cimitero di Pianoro vicino alla città che aveva scelto come rifugio, circondata dall’effetto della figlia e di pochi amici.
Per i napoletani era una donna del Sud: carnale, brillante, traditrice, amante, sposa, così come si mostrava sul grande schermo e come riappare nelle pellicole in bianco e nero mandate in onda dalle tv locali.
Molte dal centro di produzione della Rai in viale Marconi di Napoli, nato tra gli anni ’50 e ’60, ufficialmente inaugurato alla presenza del Presidente del Consiglio Amintore Fanfani il 7 marzo 1963. Ancora molto attivo, custode, proprio dal 2003, dell’Archivio storico della canzone napoletana.
Ciao Yvonne, ti ricordiamo ancora come una regina dei set passionali e tormentati, sotto il nostro cielo rischiarato dall’energia onnipresente del Vesuvio addormentato.
(2. fine)
Prima parte
Ieri come oggi. Il passato ritorna. Alla fine degli anni quaranta e anni cinquanta, Napoli era set a cielo aperto, location preferita da tanti registi. Gli esterni di “Catene”, film diretto da Raffaello Matarazzo, furono realizzati in prevalenza in un ristorante di Pozzuoli, mentre alcuni frammenti dei ricordi del passato di Rosa – la protagonista- furono ambientati al parco virgiliano.
Napoli viene riscoperta negli ultimi anni da registi come Ferzan Opzetek, che gira “Napoli velata” oppure da John Turturro che dirige “Passione”, collaborando al soggetto con lo storico musicale napoletano Federico Vacalebre. Non dimentichiamo Julia Roberts che interpreta il film “Mangia prega ama” diretto da Ryan Murphy, basato sul libro autobiografico di Elizabeth Gilbert. E ancora tanti altri propongono nei loro film scenari naturali di una bellezza straordinaria che solo Partenope sa offrire.
Negli anni addietro, le più grandi stelle internazionali come la mitica Sofia Loren, giravano tra vie e vicoletti partenopei per dare vita a sceneggiati e storiche pellicole. Con panorami mozzafiato e inquadrature sul golfo dall’alto della collina di Possillipo: intere pellicole venivano consumate per poi diventare le classiche “pizze” distribuite in tutt’Italia, paesini compresi, dove la proiezione diventava un evento che coinvolgeva tutta la comunità, e quando fuori all’entrate dei “cinemetti” di provincia, degli oratori, oppure delle sale cinematografiche, venivano affissi i grandi manifesti che mostravano il volto afflitto, piangente, sofferto della diva del momento, il pubblico accorreva a frotte, portandosi da casa le sedie in paglia.
Una delle attrici che richiamava l’attenzione della gente era la bellissima Yvonne Sanson, habituée dei set napoletani. Capelli bruni, fisico statuario, viso con tratti somatici tipicamente mediterranei, sguardo altero, sensuale.
La Sanson nacque nella garbata Salonicco (in Grecia) il 29 agosto del 1925 da madre greca e padre francese di origini russe. Nel 1943 la famiglia scappò in Italia dove Yvonne completò gli studi in un istituto di suore cattoliche. Poi, quando Roma fu liberata, iniziò a lavorare come indossatrice per alcune sartorie, come era d’uso a quell’epoca. E fu notata da un produttore che, affascinato dalla sua prorompente bellezza, le propose la strada del cinema.
Yvonne inizia la carriera con piccolissimi ruoli nei film La grande aurora (1946) di Giuseppe Maria Scotese accanto a Rossano Brazzi e Aquila bera (dello stesso anno) di Riccardo Freda, tratto da un racconto di Puskin, con Rossano Brazzi e Gino Cervi.
Sono gli anni in cui i nuovi consumi culturali incontrano il continente sconosciuto delle donne del decennio e il melò dei registi “incatenati”.
Poi arriva la prima importante interpretazione che le viene affidato dal regista Alberto Lattuada nel film Il delitto di Giovanni Episcopo, tratto dal romanzo di Gabriele D’Annunzio, dove Yvonne interpreta Ginevra Canale, femme fatale che affianca attori del calibro di Aldo Fabrizi e Roldano Lupi. Una pellicola fece che la svelò al grande pubblico.
Per il suo accento la Sanson verrà doppiata in quasi tutti i suoi film da Dhia Cristiani, attrice diplomata al Centro sperimentale di cinematografia, che in seguito oltre alla Sanson, doppierà molte star del cinema come Gina Lollobrigida, Silvana Pampanini, prestando la sua voce anche a Anne Baxter, Olivia de Havilland, Cyd Charisse, Ester Williams.
Da questo film in poi, arrivano subito altre occasioni importanti come “Il cavaliere misterioso” dove interpreta Caterina II di Russia con Vittorio Gassman, Gianna Maria Canale e Maria Mercader. L’anno successivo è protagonista del film “Campane a martello” di Luigi Zampa in cui recitano anche Eduardo De Filippo e Gina Lollobrigida.
Nello stesso anno appare accanto a Totò nella commedia “L’imperatore di Capri” di Luigi Comencini. Lei è Sonia Bulgarov, ospite di un albergo napoletano dove lavora come cameriere Antonio De Fazio (Totò) e, scambiandolo per il Bey Khan di Agapur, l’uomo più ricco del mondo, gli dà un appuntamento, invitandolo sull’isola azzurra.Totò dovrà affrontare varie peripezie, coronate, però, dal lieto fine.
Ma la popolarità di Yvonne esploderà grazie ai film melodrammatici, con il già citato “Catene”, “Tormento”, “I figli di nessuno”, “Chi è senza peccato”, “Torna”. Con Amedeo Nazzari girerà quasi tutti i film strappalacrime: i due attori diventeranno insieme la coppia di un filone poco apprezzato dalla critica ma dall’immenso successo commerciale. E proprio il melodramma fu la fortuna della Titanus- storica casa cinematografica italiana, fondata nel 1904 a Napoli, ma anche di tanti altri produttori.
(1. continua)
In foto, Yvonne Sanson sul set cinematografico made in Naples