In una lettera del 1986 Anna Maria Ortese scriveva a Raffaele la Capria con una suggestione: di non allontanarsi mai dal mare.
Il messaggio, conservato nell’epistolario romano dello scrittore, si riferiva non al mare fisico che dalla capitale non si scorge, ma all’idea del mare e all’idea del mondo come acqua.
Raffaele La Capria, cento anni e una decina di giorni fa, era nato vicino al mare. Tuttavia, quella liquidità che entra in tutta la sua scrittura a partire proprio da Ferito a morte, sorgerà non dall’anno zero ma dalla prima infanzia.
Sarebbe servita, cioè, la coscienza che la distesa blu del mare di Posillipo nel primo dopoguerra fosse a completamento di quella dimensione agreste in cui si era espletata l’esistenza del fanciullo La Capria. La villa era quella che il patriarca, suo nonno, aveva acquistato con i proventi del grano, arrivando ad assicurare agio e benessere a tutta la famiglia.
La coscienza di essere nato tra campagna e mare arriverà con il più classico dei tuffi in acqua.
E quel tuffo La Capria ce lo ha fatto rivivere migliaia di volte nell’arco di cento anni. Della sua scrittura colpisce la serena lucidità, una consapevolezza pacata dell’ecosistema circostante, costantemente luccicante, in cui le cose della vita galleggiano come nella più adamantina distesa blu del mare di Posillipo.
Non senza sforzo, se si ricorda La Capria per quello che è stato definito l’abbandono attivo, con la famosa analogia della anatra che nuota senza fare affiorare l’intenso sforzo di zampe palmate sotto la superficie. Un costante e sfinente lavorio sotterraneo di cui si evince la sola andatura calma, placida.
E se a questa immagine vivida lo scrittore delega il compito di spiegare il suo agire letterario, a un altro pennuto, di ben più modeste dimensioni, deve l’origine della sua vena letteraria.
La scena non potrebbe essere più semplice: il piccolo La Capria passa per quella Villa comunale che Benedetto Croce andava descrivendo più o meno negli stessi anni, con grande nostalgia di quanto già non fosse più. Qui Raffaele fa un’esperienza spiazzante che lascerebbe indifferenti la maggior parte di noi. Sulla spalla gli si posa un canarino. L’esplosione emotiva di quella semplice vicenda e l’incapacità di descriverla condividendola a casa, faranno nascere lo scrittore dal bambino, nella ferrea volontà di dare voce concreta al nugolo di sensazioni che si portava dentro.
Una carriera che si esprimerà in romanzi, sceneggiature, favole, scritti di critica, collaborazioni a livelli varissimi con la produzione culturale italiana, e che metterà sempre a nudo un amore critico per la sua città natale.
Perché se La Capria espresse una vita quasi tutta fuori dal golfo, con soggiorni in Francia, in Inghilterra, e il Seminar of literature ad Harvard oltre alla vita a Roma con Ilaria Occhini, dai suoi scritti, non mancò mai un amore che era militanza nella vita culturale di Napoli.
Non solo in opere come Ferito a Morte o la sceneggiatura de Le mani sulla Città, La Capria partenopeo e mediterraneo, ebbe sempre a cuore quella trasversalità che solo a Napoli annulla le classi sociali per rendere la città un animale il cui spirito profondo è mosso da un solo popolo, una sola anima cittadina.
In uno scritto lucido e appassionante del 1994, L’occhio di Napoli, esprime questa appartenenza alla cultura mediterranea e alla caratteristica più peculiare dell’essere napoletani, ossia la porosità propria del tufo, che è la porosità della società napoletana stessa, come se la pietra, moldata dall’acqua salina, avesse a sua volta scavato nella coscienza di un intero popolo, dandogli un livello superficiale, immediato e visibile, e un livello sotterraneo di cui catacombe e città del sottosuolo sono solo l’espressione più lampante.
Come detto, Raffaele La Capria, avrebbe compiuto 100 anni il 3 ottobre. Il centenario ha suscitato grande commozione, espressa nelle molte giornate in ricordo ed eventi culturali propriamente programmati.
Di grande rilievo, lo spettacolo che aprirà la stagione 22/23 del Teatro di Napoli. La regia di Andò quest’anno è dedicata proprio a Ferito a morte, in un ripescaggio a distanza di undici anni e anticipato in tempi non sospetti, cioè quando ad aprile/maggio del 2022 La Capria era vivo e già si pregustava la festa per i cento anni.
La sensibilità artistica di Andò, che permette allo stesso di presentare spettacoli complessi, incisivi e perfettamente calati nel tempo corrente, è fuori discussione.
La scelta di Ferito a morte come spettacolo di apertura arriva al culmine di un’estate cha ha visto la Napoli della carta stampata e del teatro, prepararsi a un centenario che era giusto si festeggiasse. Una festa della cultura, quantunque mutilata, e la messa in scena di un autore mai controverso, ineluttabile e sensibile, con una produzione sconfinata che va ben oltre il suo capolavoro.
Per questo si vuole con questo articolo iniziare una serie di scritti volti ad indagare la magnifica figura di questo scrittore mai reticente, ma che il senso comune ha sempre recintato entro limiti ben definiti, approssimativi, limitandola alla fama di poche opere.
La speranza è quella di comprendere meglio un autore che comprese perfettamente Napoli, tanto da non staccarsene mai. Tanto da non stancarsene mai.
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In copertina, Andrea Renzi in “Ferito a morte”, scatto di Lia Pasqualino
LO SPETTACOLO
Inaugurazione stagione teatrale 2022/2023
Teatro Mercadante | Napoli, Piazza Municipio
mercoledì 19 ottobre 2022 | in scena fino a domenica 30 ottobre
FERITO A MORTE
di Raffaele La Capria
adattamento Emanuele Trevi
regia Roberto Andò
con:
Andrea Renzi / Massimo
Paolo Cresta / Gaetano
Giovanni Ludeno / Ninì
Gea Martire / Sig.ra De Luca
Paolo Mazzarelli / Sasà
Aurora Quattrocchi / Nonna
Marcello Romolo / Zio Umberto
Matteo Cecchi / Cocò
Clio Cipolletta / Assuntina
Giancarlo Cosentino / Sig. De Luca
Antonio Elia / Glauco
Rebecca Furfaro / Betty
Lorenzo Parrotto / Guidino
Vincenzo Pasquariello / Cameriere
Sabatino Trombetta / Massimo da giovane
Laure Valentinelli / Carla
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
video Luca Scarzella
suono Hubert Westkemper
aiuto regia Luca Bargagna
produzione
Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival
Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale
Per saperne di più
www.teatrodinapoli.it