La cultura internazionale deve molto a Napoli almeno quanto il contrario. Oltre le vicende legate a Wilde e alle sue passioni nelle ville di Posillipo, numerose occorrenze, e capolavori e correnti di pensiero hanno messo radici profonde nelle dinamiche culturali internazionali non prima di averle messe sulla terra bruciata del Vesuvio.
Non si parla qua solo della usata e abusata ginestra del Leopardi, abbarbicata al terreno ostile di una volgarizzazione stupefacente.
Ci si riferisce piuttosto al sottaciuto Ibsen e i suoi spettri, o a Shelley che fa nascere a Napoli il suo dottor Frankenstein. Si parla del giovane Adorno capace di trovare, da una visita al Vesuvio, la verve che lo porterà a costruire una non trascurabile critica al mondo capitalistico in cui con tanta voracità sguazziamo.
Sotto un segno simile nascono le peregrinazioni campane di Marguerite Yourcenar, frequentatrice dell’Italia da piccolissima, poi da giovane e ancora da anziana. A Trentova, nel nostro Cilento, ho parlato con due persone che giurano di averla incontrata, di ricordarla. E io non ho nessun motivo per dubitare della parola di questi gentiluomini. Ma non solo.
In particolare ci interessa qui la vacanza che fece nel 1938. Il quadro è il seguente.
Manca un anno e poco più all’invasione della Polonia e Hitler ha appena visitato Napoli. La città è ancora addobbata per l’occasione.
Marguerite passa per una Napoli attraversata dal segno della svastica in quel gioco al rialzo che è la manifestazione di popolarità di ogni dittatura. Qui fa scalo prima di spostarsi sulle isole e poi a Sorrento.
I documenti ci dicono che la scrittrice, con già una carriera di una decina d’anni nelle lettere e con già avviati i lavori che porteranno alle Memorie di Adriano, sta lavorando ad un romanzo ambientato in Curlandia all’epoca delle lotte tra prussiani e bolscevichi.
Il colpo di grazia, quindi, viene scritto quasi interamente nella penisola sorrentina. Quella della lotta nelle regioni baltiche per il controllo dei territori tra prussiani e bolscevichi è storia quasi dimenticata.
Yourcenar ci racconta una vicenda umana, umanissima, che nello sciogliersi gradualmente sulla pagina, ricorda le vicende di quella parte d’Europa che in questi mesi tiene banco sui giornali.
Una prosa lucida, densa, che ricorda in abbozzo quella straordinaria capacità espositiva che tiene il lettore incollato alla pagina, propria anche de Le Memorie.
Tutto è narrato con gli occhi di un ventenne prussiano, uomo da totalitarismo, che ritorna in veste da soldato in un territorio a lui conosciuto, quello che gli ha dato i secondi natali attraverso una adolescenza passata sullo sfondo della guerra mondiale.
Al centro del libro, la vita di tre giovani, due uomini e una donna, costretti loro malgrado a un gioco di sentimenti inesprimibili con sullo sfondo la durezza di una guerra senza quartiere, che costringerà il mondo cui erano abituati a spegnersi gradualmente, in una ineludibile oscurità dai bagliori metallici.
Oscurità che la girandola di sentimenti messi sulla pagina costringe a tenere sempre ben presente, protagonista insieme agli umani che animano la vicenda.
Un libro sull’amicizia e sull’amore, soprattutto in quelle dinamiche che ne impediscono l’espressione, caricando enfaticamente ogni secondo di vita, in una forma tanto forte da poter solamente essere annullata, pena la non sopravvivenza.
La prima persona, stile narrativo prediletto per la capacità che ha di far sparire tra le pieghe l’autore, ci catapulta senza sforzo tra i giovani uomini e donne che vissero quegli anni perduti a cavallo tra le due Guerre.
Quella generazione di uomini, ancora, che Vonnegut nel suo Mattatoio n.5 definirà come bambini rapiti dal pifferaio magico capaci di bagnare con il loro sangue le sorti di un secolo brutale.
Marguerite non lascia niente al caso, analizza la forma dello spirito umano, uguale in ogni tempo, con una onestà tale da far sembrare puliti sentimenti atroci.
La sfida, colta dalle pagine, è quella di far passare punti di vista desueti e non condivisibili, mettendo a nudo la complessa composizione dell’animo umano quando si confronta con eventi tanto rapidi e meschini da non poter essere capiti se non a posteriori.
Scritto in immersione in un territorio aspro e dolcissimo come quello della costiera, Marguerite ci porta a conoscenza di storie che apparentemente nulla hanno a che vedere con l’estate campana. Tuttavia il lettore potrà cogliere a tratti una vitalità che non faticherà a riconoscere come propria del fecondo territorio in cui il libro fu scritto.
Un territorio color del miele, diversissimo dalle lande baltiche ma che ci dà, in questa occasione, uno dei libri più affascinanti che mente umana abbia mai prodotto.
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In alto, Marguerite Yourcenar, foto di Bernhard De Grendel. This file is licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license