La nostra percezione del reale si fonda su un sincretismo di sensi, su un gioco estetico dove ogni declinazione sensibile concorre alla definizione di quella particolare percezione.
Come ricorda il Cartesio delle Meditazioni sulla filosofia prima, che fa l’esempio del braccio amputato che continua a generare un senso di dolore, la percezione di un singolo senso potrebbe risultare imprecisa, e nel momento in cui la eleviamo ad assioma per spiegare l’hic et nunc ci porta inevitabilmente all’errore.
È necessario che, oltre allo strumento della riflessione, sia l’intero comparto sensoriale a partecipare alla definizione e alla percezione del reale, abbandonando, tra l’altro, l’idea della gerarchia dei sensi.
In Autoritrarsi, l’opera nata dalla penna di Eugenio Lucrezi e la macchina fotografica di Marco de Gemmis, assistiamo a un gioco sensoriale, talvolta ironico e gioco, altre inquietante e onirico, che mira alla definizione di un istante ben preciso.
Nelle sue foto, Marco è una figura ballerina e incostante; si nasconde tra opere, angoli, paesaggi, oggetti quotidiani e superfici riflettenti, ma il suo occhi indagatore è sempre presente.
Apparentemente Marco sembra giocare con il lettore, ma, in quanto personaggio delle sue composizioni, sembra puntare a mettere in discussione il principium individuationis, fondendosi con le sue opere.
Accanto alle foto di Marco troviamo i versi di Eugenio che, anche lui, gioca a spiegare le foto alla sua destra utilizzando richiami sonori e, talvolta, fondendo italiano e inglese.
La poetica di Eugenio è caratterizzata da una dimensione sperimentale legata ai giochi di suono, riportando la parola a quella dimensione primitiva che è il suono, uno studio e una ricerca priva di fronzoli che mira alla definizione del rapporto tra la parola e la cosa.
In questo senso, i due autori ricordano la dimensione apollinea e dionisiaca dell’arte, lo sguardo indagatore e il suono abissale; ciò che è curioso, però, è che nessuno dei due incarna in maniera precisa queste due diverse spinta, ma, invece, i due giocano a scambiarsi i ruoli e a mettersi reciprocamente in discussione. In questo senso, il titolo Autoritrarsi è emblematico.
Il verbo riflessivo mostra che alla base dell’opera c’è la ricerca dell’io nel linguaggio e nell’espressione artistica, come se spettasse all’arte rispondere alla domanda: “Chi sono?”. In fin dei conti, l’arte non è che un complesso sistema di autoritratti, dove sia l’artista che il pubblico non fa altro che ricercare sé stesso.
IL LIBRO
Marco de Gemmis Eugenio Lucrezi
Oedipus 2021
pagine 96
euro 15