« …Alla Sanità negli ultimi anni sono stati presi dall’arteteca del fare. Catacombe restaurate, teatri, orchestre, laboratori… Un gesto segue l’altro secondo la benefica catena della consequenzialità…». La dimensione di ciò che aspetta il lettore risiede soprattutto in questo passaggio tratto dalla prefazione di Silvio Perrella: La cantata dei pastori del Rione Sanità. Razzullo e Peppeniello veri lumi contro l’Ombre, scritti di Pietro Gargano e Bruno Forte – Edizioni San Gennaro, pagg. 109, euro 20.
«Il Rione Sanità… pur essendo perennemente povero offre aria buona e miracoli di santi e di cristiani», comincia così Pietro Gargano in questo viaggio che parte nel XVI secolo. In questo angolo di mondo si alternano figure, cose, tempi, Napoli è una scena teatrale, in questo simbolico regno del sole di cui Partenope diviene ombelico ideale, ‘a Cantata, ‘o presepio, rappresentano l’espressione più antica di questa scena.
Il modello-Sanità è una comunità in cammino, dove futuro, solidarietà e bontà sono gli ingredienti unificanti. Pietre, chiese solenni e bassi scavati nel tufo, tra palazzi patrizi e case traballanti, rappresentano la cornice di questa realtà unica ed originale.
Questa versione della Cantata dei Pastori 2018 prevede due appuntamenti: basilica di Santa Maria e carcere di Poggioreale. E come nella versione originale di Perrucci mette in scena il Bene e il Male, gli Angeli e i Demoni.
Prima di arrivare all’allestimento della Cantata è stata messa in piedi la cooperativa “La paranza”, formata da ragazzi che guidano i visitatori nelle Catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso.
Decine di migliaia di firme sono state raccolte ed inviate a papa Francesco poiché le straordinarie ricadute economiche e sociali che ripagano tanto lavoro volevano sottrarre alla gestione locale le Catacombe: 50 posti di lavoro, 34 guide e 16 addetti alla manutenzione, riconoscimento nella Attraction Trend Index (TripAdvisor), fuoriuscita dall’isolamento culturale del quartiere. Tutti motivi “catturati” dalla santa sede per metterci le mani sopra (pretendevano il 50 per cento degli incassi).
Al vanto e all’orgoglio locale, fatto di fatica e buoni propositi, si contrappone la visione esclusivamente utilitaristica della burocrazia ecclesiastica romana che predilige un modello redditivo, a tratti ancora più spietato del privato, senza mettere niente di suo e senza conoscere luoghi, storie, passioni e credenze religiose.
Seguono i tre atti della “Cantata dei Pastori”. Chiude questo lavoro editoriale Bruno Forte, con il “presepe barocco” – Dire il Vangelo in dialetto.
Il co-autore lo etichetta come “un campionario di umanità”. Si accenna alla vita popolare della Napoli barocca, dal letterato all’arrotino, dal capopopolo al burattinaio, dalla ballerina col “putipù”, il tamburello, il bruttone, il tarallaro.
I protagonisti del presepe del settecento sono sostanzialmente due: il divino e l’umano. Il primo è rappresentato da Maria, Giuseppe, il bambino, il bue e l’asinello. Mentre il secondo dall’angelo annunciatore, i Magi e l’umanità indifferente o distratta.
Questo libro fa vivere fondamentalmente tradizione e religione, credenze e figure mistiche, il tutto è contornato da tanta umanità, solidarietà e sentimenti. Ma anche dalla crudeltà della povertà. Insomma, le due Napoli, la patrizia e la plebea, i ricchi e i poveri, i letterati e gli ignoranti. A parti invertite, oggi diremmo la Napoli borghese e quella proletaria.
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