«Le parole ci aiutano a capire chi siamo e il mondo in cui viviamo. In Italia non è la lingua a godere di poca salute, ma quelli che la parlano. Difficile correggere gli errori negli adulti, la chiave è a scuola nella formazione dei docenti». Lo afferma Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca.
Secondo un’indagine Ocse-Pisa (Programme for International Student Assessment), gli studenti italiani sono tra i peggiori, soprattutto coloro che frequentano istituti tecnici. Non sanno più leggere e presentano grosse difficoltà nella comprensione dei testi, in particolar modo nelle regioni del Sud, dove molti non raggiungono neppure il livello minimo di conoscenza, e altri hanno difficoltà con gli aspetti base della lettura.
Stando ai risultati resi noti dall’indagine Ocse-Pisa, in Europa, i migliori sono quelli scandinavi, insieme all’Estonia e alla Polonia. Per quanto riguarda l’Italia, in lettura siamo dieci punti sotto la media rispetto agli altri Paesi.
A livello nazionale allievi che presentano forti difficoltà nella comprensione di un testo sono in media il 25 per cento: uno su quattro. C’è un divario tra Nord e Sud. Gli studenti delle aree settentrionali ottengono i risultati migliori, mentre i loro coetanei delle aree del Sud sono quelli che presentano le maggiori difficoltà.
Differenze tra liceali, che ottengono i risultati migliori, e i ragazzi degli Istituti tecnici e professionali. Il corretto uso della lingua viene danneggiato anche dal linguaggio rapido e abbreviato dei social network, diffuso in particolare fra i più giovani. È un modo ridotto che sicuramente non serve a migliorare le capacità dell’alunno. Affidarsi completamente agli strumenti non umani per la scrittura porta ad un ritardo nell’acquisizione delle capacità personali e cognitive.
Questi problemi, però, non riguardano soltanto i giovani. Si parla anche di analfabetismo funzionale, che riguarda circa la metà degli italiani, come sottolineava il linguista Tullio De Mauro che parlava di un popolo di analfabeti. Persone che, nonostante siano state istruite e sappiano leggere e scrivere, non sono più in grado di usare la lettura, la scrittura e la capacità di calcolo per il proprio sviluppo cognitivo e quello della comunità, per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità.
E di certo la televisione non aiuta. Se a partire dal dopoguerra ha avuto il merito di diffondere l’italiano nelle famiglie del nostro Paese e anche la parola scritta con l’indimenticabile maestro di tutti, Alberto Manzi, che ha insegnato a leggere e a scrivere a tanti grazie al programma televisivo “Non è mai troppo tardi“, adesso con i troppi talk show demenziali spinge a non pensare. Quindi, a non capire.
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