SECONDA PARTE
… Dicevamo… Una lunga gavetta compie Anna Magnani tra gli anni venti e trenta. Ricordiamo il film “La principessa Tarkanova”, diretto da Fёdor Ozep e Mario Soldati. E, ancora, “Trenta secondi di amore” di Mario Bonnard, “Quei due” di Gennaro Righelli, “Tempo massimo” di Mario Mattioli. Ma gli anni quaranta sono quelli che la consacrano, proiettandola nella storia delle stelle.
Prima di quell’epoca, fa parte della compagnia Vergani-Cimara, diretta da Dario Niccodemi. Nel 1932 Anna e Paolo Stoppa si ritrovano a lavorare insieme nella compagnia di Antonio Gandusio, il quale ben presto si innamora della Magnani e apprezza a tal punto le sue qualità da spingerla a tentare anche la strada del cinema.
Nel 1934 passa alla rivista, accanto ai fratelli De Rege. In campo cinematografico il suo debutto è segnato dal film del 1934 “La cieca di Sorrento” di Nunzio Malasomma, nonostante nel 1928 fosse già apparsa, in un ruolo marginale, nella pellicola “Scampolo” di Augusto Genina.
A partire dal 1941, lavora con Totò in una fortunatissima serie di spettacoli, e, nello stesso anno, Vittorio De Sica le offre la possibilità di un ruolo- finalmente non secondario: è Loretta nel film “Teresa Venerdì”, arriva poi –accanto a Aldo Fabrizi- “Campo de’ fiori” dove interpreta la carnalità romanesca di una verduraia. Precedentemente aveva recitato in numerosi film dove interpretava parti di cameriera o cantante, ma con queste due pellicole riesce a imporsi per le sue eccezionali doti di interprete spiccatamente drammatica.
La sua filmografia è interminabile: lavora accanto a mostri sacri del cinema, sia con attori che con registi come Stanley Kramer, Nanni Loy, Claude Autant-Lara, con Pier Paolo Pasolini gira “Mamma Roma” mentre con Sidney Lumet “Pelle di Serpente” nel ruolo di Gioia, detta “Tortorella”. Ancora, “La carrozza d’oro” di Jean Renoir e, poi, un ricordo importante: “Bellissima” di Luchino Visconti. Rimarranno per sempre nel nostro cuore, ”Roma città aperta” e” L’amore” di Roberto Rossellini. Non sono minori le partecipazioni in “Risate di gioia” di Mario Monicelli e “Roma” di Federico Fellini.
Abbiamo citato una parte dei registi che hanno diretto la protagonista assoluta di grandi capolavori della storia del cinema. E tra gli attori che l’hanno affiancata, segnaliamo Alberto Sordi, Rossano Brazzi, Marcello Mastroianni, Enrico Maria Salerno,Giulietta Masina, Marlon Brando.
Ma la parola chiave della sua vita è: amore. Diceva: «Toglietemi tutto. La carriera, la politica, Mike Bongiorno, il festival di Sanremo. Ma l’amore no. L’amore è la pioggia, il vento, è il sole e la notte. L’amore è respiro e veleno. Certi giorni mi dico: Anna, stai attenta, questa è la cotta che ti ammazza. Perché, sì, di carattere sono eccessiva, smodata. Non mi so fermare, e ogni volta che amo mi impelago fino ai capelli. Che strazio, poi, uscirne vivi. Scappare. E’ una cosa tremenda, da urlare. Come rialzarsi dal letto e non avere più sangue. Ma poi si ricomincia ed è meraviglioso… Ho scelto questo mestiere perché avevo voglia di essere amata, di ricevere tutto l’amore che avevo sempre mendicato».
Questo bisogno naturale e spasmodico di Anna lo si leggeva nei suoi occhi. La Magnani è sempre stata contornata da donne nella sua infanzia: la nonna, le zie Dora, Maria, Rina, Olga e Italia. L’unica presenza maschile era quella dello zio Romano.
Ma gli uomini in seguito sono stati quelli che l’hanno tormentata, lei “femmina” sanguigna, a volte altera, ombrosa,a volte una dolce fanciulla. Signora amichevole e amicale, scontrosa e disponibile, melanconica e allegra.
Sembrava che gli uomini la corteggiassero per poi fare marcia indietro, forse per il suo carattere forte, oppure troppo debole? E stata amante, sposa, madre. Il 3 ottobre 1935 sposa il regista Goffredo Alessandrini, dal quale si separa nel 1940 mantenendo un rapporto di lavoro.
Il 23 ottobre 1942 dà alla luce l’uomo più importante della sua vita: il suo unico figlio, Luca, frutto di una relazione con l’attore Massino Serato (più giovane di otto anni, che l’abbandona dopo aver saputo che lei è incinta). A causa della gravidanza, la Magnani rinuncia a girare il film di Luchino Visconti, “Ossessione”, sostituita da Clara Calamai. Tra i suoi legami, quello con il giovane Gabriele Tinti e Anthony Franciosa.
La devastante storia d’amore che lascia un segno indelebile nella sua vità è la relazione con Roberto Rossellini. «Esci fuori da lì sotto che te devo menà!» tuonava la voce di Anna che rimbombava nell’Hotel Excelsior. Il personale pensava che certo la signora Magnani stesse rivolgendosi a i suoi cani, ma questo non era possibile visto l’amore per gli animali, tanto da dichiarare: « Amo le bestie perché non ti fanno male. Ho pianto una settimana quando i russi misero Laika dentro lo Sputnik, pregavo la Madonna perché la salvasse.…» .
E allora? Questa la dice lunga sul rapporto Magnani/Rossellini. «Mister Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà, e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla molto bene l’inglese, non ha dimenticato il tedesco, non riesce a farsi capire bene in francese e in italiano sa dire soltanto “ti amo”, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei». Firmato: Ingrid Bergman.
E’ l’accorata lettera segna l’inizio della fine di un rapporto burrascoso, quando Anna viene a conoscenza che nella vita del regista c’è un’altra. E immaginiamo la reazione di Nannarella. Tanto si è detto e scritto, i media andarono a nozze, descrivendo episodi inimmaginabili a volte veritieri, a volte inventati.
Le due star furono definite “Le amanti del vulcano.” Era l’anno 1948 Rossellini, sta progettando un nuovo film ambientato alle Eolie con Anna Magnani, ma, dopo la missiva e l’incontro con l’attrice svedese, il regista sceglie come interprete di “Stromboli” Ingrid Bergman.
Rossellini tronca la relazione con la Magnani per iniziarne una con la Bergman. «La loro storia d’amore si chiude con un crudele sotterfugio, il più vigliacco di tutta la carriera del regista. Una mattina, quando sono all’Hotel Excelsior, Rossellini dice che scende per portare a spasso i cani. Ma nell’atrio consegna gli animali a un cameriere, sale su un’automobile che l’aspetta con le valigie già pronte e si dirige di corsa all’aeroporto dove prende un volo per gli Stati Uniti ».
Va a raggiungere Ingrid Bergman. Apriti cielo, scandalo in tutto il mondo, Anna si sente tradita come donna, ma anche perché il progetto era stato ideato da lei insieme a Rossellini… vendetta, tremenda vendetta… La Magnani si butta in un progetto tutto suo , la location? Proprio di fronte a Stromboli… Vulcano.
I due film si assomigliano . E’ una evidente lotta a suon di pellicola, insomma un vero e proprio tsunami professionale e personale, una vera e propria guerra delle isole Eolie. L’incasso del film di Stromboli è di gran lunga superiore all’opera costruita dalla Magnani, ma lei si prende la rivincita in seguito con il già citato Oscar.
Intanto, l’America bacchettona attacca la Bergman portando la questione al senato, dove viene definita «l’apostolo della depravazione di Hollywood » e il senatore Edwin Johnson del Colorado rincara la dose, considerandola «potente distillatrice del male e cultrice del libero amore».
Forse a noi queste affermazioni potrebbero sembrare esagerate … ma visti i tempi. Anche Rossellini fu attaccato, anzi ci fu un tentativo di censura riguardante la pellicola Stromboli, ma lui era maschio, poteva forse essere meno additato…. Visti i tempi, appunto…
La meravigliosa Anna in seguito ci lascia altre sue splendide apparizioni, prima di andarsene per sempre. Vogliamo ricordarla alla fine di queste note con alcune sue frasi. “Ogni tanto fa bene essere matti, no?”. Oppure, “Non rimpiango niente e ricomincerei la vita allo stesso modo”. Ancora: “Io amo tutti gli animali. Un cane è bello, è poesia, è natura, è autentico, non mente. Io trovo che lo sguardo di un animale, la sua dolcezza, la sua stessa presenza sono veri come tutti i miracoli che ci offre ogni giorno la natura. Gli uomini, invece, che cosa ci offrono?”. “Prendono il cuore, gli stronzi, lo fanno volare e poi lo lasciano precipitare a terra – come una merda, come una foglia secca”. Così dice di “Non avere più sangue. “E’ una cosa tremenda, da urlare” – L’amore? Se io avessi trovato veramente il grande amore, avrei rinunciato a lavorare. Ah, se me lo avessero chiesto, sì. Io l’ho chiamato difetto, ma sarebbe la mia più grande ambizione, la più grande gioia, sentirmi amata. Voglio essere amata perché mi sento più protetta. Ma la felicità non è fatta per le persone troppo sensibili. Io vivo continuamente in uno stato di delusione…”.
Anna Magnani ha solo 65 anni quando muore, colpita all pancreas, nel 1973. “Se la morte mi spaventa ancora un po’ è perché vorrei che ciascuno potesse essere se stesso per poter morire in pace… Ho lottato, ho urlato alla vita, e oggi sorrido alla morte”.
Addio , nobile donna.
(2.fine)
Quando Nannarella cantò ‘O surdato ‘nnammurato
PRIMA PARTE
Come un puzzle, anzi come un Picasso, vista l’eccellenza, costruiamo un quadro di una delle figure più illustri del mondo della celluloide, del teatro, della rivista. Un viso, una figura, un nome che ti emoziona solo a pronunciarlo: Anna Magnani. Il carattere, la voce, i capelli corvini, gli sguardi, la gestualità, la carnalità dell’essere, la passionalità nel dire, del non dire, tutto ci affascina.
Amava gli animali e le persone “fuori regola”. Il figlio Luca la dipinge con le parole : «Così, dopo cena, costringe gli amici a seguirla nel suo tour di gattara notturna. Quasi una processione che cominciava con gli scavi di largo Argentina e finiva a Villa Borghese e al Galoppatoio, dove si facevano correre i cani. A Villa Borghese era un classico l’incontro con le prostitute che lavoravano lì. Tra loro e mia madre nascevano dialoghi molti simpatici e divertenti scambi di battute in un clima che oggi non esiste più».
Questa poesia, invece, fu scritta da Eduardo De Filippo dopo la morte di una delle più grandi e complete artiste del ‘900… «Confusi con la pioggia sul selciato, sono caduti gli occhi che vedevano gli occhi di Nannarella che seguivano le camminate lente sfiduciate ogni passo perduto della povera gente. Tutti i selciati di Roma hanno strillato. Le pietre del mondo li hanno uditi».
Anche Pino Daniele le dedica una canzone “Anna verrà”, mentre Paola Turci la omaggia con “Ma dimme te”. E Carmen Consoli le intitola il brano “Anna Magnani”, cantata da Adriano Celentano, infine Gianni Togni compone “Nannarè”.
Anna Magnani nasce a Roma il 7 marzo 1908 e lascia questa terra il 26 settembre 1973. Napoli adorava Nannarella e lei amava la città partenopea, era felice quando cantava brani come, “Ciccio formaggio”, “Scapricciatiello”, “Aggio perduto ‘o suonno”, ma rimane indelebile nella mente di tutti noi l’interpretazione di “‘O surdato ‘nnammurato”.
L’attrice la canta davanti alle truppe di soldati feriti, nostalgici, impauriti, emozionati, nel minifilm Rai “La sciantosa” accanto a un giovanissimo Massimo Ranieri. La scena è rimasta nella storia, lei canta con una voce rotta dall’emozione davanti a quei soldati provati dalla guerra.
E’ napoletanissima nella sua interpretazione. E anche nella pellicola “Assunta Spina” di Mario Mattioli. E’ stata sicuramente “la grande” del cinema italiano, portando la sua figura di interprete cinematografica in tutto il mondo: vince il premio Oscar come migliore attrice protagonista nel film “La rosa tatuata” dove interpreta Serafina Delle Rose a fianco di Burt Lancaster, per la regia di Daniel Mann. La Magnani mancò alla cerimonia, la statuetta fu ritirata da Marisa Pavan.
Per lo stesso ruolo, vincerà anche un Bafta quale attrice internazionale dell’anno e il Golden Globe come miglore attrice in un film drammatico. Poi tanti altri prestigiosi premi le furono tributati come Il David di Donatello, il nastro d’argento, il premio per la miglior attrice alla Mostra del cinema di Venezia per il film “L’onorevole Angelina” , diventato in seguito un vero cult, diretto da Lugi Zampa, oltre a tanti altri riconoscimenti.
Nessuno avrebbe immaginato che il simbolo della “romanità” avesse origini calabresi. “Nannarella” non ha mai conosciuto il padre. Da adulta effettua qualche ricerca, scopre che il genitore è calabrese e ha un cognome scomodo, Del Duce. Così la nostra interrompe le ricerche dichiarando ironicamente che non gli sarebbe piaciuto passare come la figlia Del Duce.
Sua madre Marina Magnani, originaria di Ravenna, affida la neonata alla nonna materna Giovanna Casadio e parte per Alessandria d’Egitto dove conosce e sposa un facoltoso austriaco. Anna, in seguito, visita la madre per recuperare un rapporto amorevole con lei, ma ben presto capisce che è inutile e ritorna in Italia.
Sua nonna le aveva già dato tutto. Viene iscritta in un collegio di monache francesi, studia il pianoforte, riceve una formazione scolastica fino alla seconda liceo.
Al rientro da Alessandria Anna decide di intraprendere la strada della recitazione. E’ il 1927 e frequenta la prestigiosa scuola di arte drammatica Eleonora Duse diretta da Silvio D’Amico, diventata nel 1935 Accademia nazionale d’arte drammatica. Una decisone che segna l’inizio della sua prestigiosa carriera e di una lunga gavetta…
(1.continua)
In foto, un’immagine di Anna Magnani