Dal 27 al 29 aprile, in occasione del bimillenario di Ovidio, nella splendida cornice della Sala del Capitolo del complesso monumentale di San Domenico Maggiore di Napoli, Mda Produzioni Danza ha presentato Daphne. La danza del mito, esibizione di danza con Carlotta Bruni, Rosa Merlino e Luca Piomponi, drammaturgia e coreografia di Aurelio Gatti. Lo spettacolo intenso e suggestivo, inserito nell’ambito del Maggio dei Monumenti 2018, racconta il mito di Apollo e Dafne, narrato da Ovidio nelle “Metamorfosi”.
Apollo, avendo arrecato offesa a Eros, scatena la vendetta di quest’ultimo che decide di farlo innamorare della bellissima ninfa Dafne senza essere però ricambiato. Il Dio dell’amore crea allora due frecce: una con la punta ben acuminata fatta d’oro (destinata a infliggere ad Apollo l’amore verso Dafne) e l’altra con la punta stondata fatta di ferro (destinata a far sì che Dafne lo respinga).
È la storia di un amore mai realizzato – dice Aurelio Gatti – ma anche di un paradosso: proprio Apollo, onniveggente dio del raziocinio, non può sottrarsi alla forza di un amore cieco e incontrollabile, nonostante egli possa prevedere il futuro e il drammatico esito della sua passione. Fuga e lotta sono elementi fondamentali di questa coreografia che si concentra sui sentimenti dei personaggi, ben espressi dagli sguardi dei ballerini e dai loro corpi in movimento.
Ecco quindi che, tra i magnifici affreschi della sala di via San Domenico, dinanzi ai nostri occhi prende forma il dramma di Apollo (incarnato da un ottimo Luca Piomponi), condannato a un eterno inseguimento e a rivivere costantemente la sofferenza del rifiuto, ma anche il turbamento interiore di Dafne, divisa in un infinito e lacerante conflitto tra le sue due anime: una che vorrebbe avvicinarsi al dio, l’altra che lo respinge.
Un dualismo ben rappresentato in scena dalle due ballerine Carlotta Bruni e Rosa Merlino, somiglianti nell’aspetto e nella maestria, che interpretano la medesima ninfa con intenti e personalità perfettamente opposte.
Il climax è raggiunto quando Dafne, che ormai sta per essere ghermita, rivolge esausta una preghiera al padre, o alla madre, affinché la sua forma, causa di tanto tormento, sia tramutata in qualcos’altro.
In pochi istanti la giovinetta si irrigidisce, i piedi divengono radici, le braccia rami, il corpo si ricopre di una ruvida scorza: si sta trasformando in un albero di alloro. Apollo la raggiunge, ma è troppo tardi; riesce appena a rubarle un bacio, prima che anche la sua bocca sia ricoperta dalla corteccia. Da allora l’albero è il preferito di Apollo, che ne porta i rami come una corona.
Un mito intramontabile che il lavoro di Gatti ripropone con integrità e autenticità in una coreografia raffinata che alterna ritmi dilatati e movimenti ampi e leggeri a ritmi serrati e violenti di trepidazione, sgomento e dolore fisico. Ottima la performance in continuo divenire dei tre ballerini, interpreti perfetti di questo desiderato e desiderante dinamismo. Michele Amordeluso
In foto, una scena dello spettacolo