Il sipario si apre su un taxi giallo che per primo introdurrà l’ingegner Cazzaniga negli ingorghi stradali ed esistenziali di Napoli. Il taxi sarà anche la macchina del tempo per lo spettatore che, alla vista di quell’auto gialla, inizierà, inevitabilmente, a riprodurre nella propria memoria immagini, suoni e scene di una Napoli lontana, non troppo né troppo poco, e allo stesso tempo sovrapporrà allo spettacolo in scena le immagini cinematografiche e le pagine scritte dalle quali è nato l’adattamento teatrale di Geppy Gleijeses.
La splendida scenografia, curata da Roberto Crea, riproduce la facciata del palazzo dello Spagnolo, facendone cornice assolutamente naturale dei vari momenti , in una sequenza di “quadri” che richiamano sì gli sketch cinematografici ma non come banale riproduzione, ma dando loro una dimensione più calda, quella linfa vitale che il Teatro, quello fatto bene, può aggiungere ad un testo così radicato nella cultura e nella storia di Napoli.
Un’operazione di questo genere avrebbe fatto tremare i polsi ai più, ma va riconosciuto a Gleijeses e Alessandro Siani che con Sonia Mormone e la loro Best Live hanno coprodotto lo spettacolo, la capacità di affrontare la sfida, il coraggio di mettersi in gioco, virtù sempre più rara a teatro.
Geppy Gleijeses affronta e vince alla grande anche la sfida di ricoprire il ruolo che fu di Luciano De Crescenzo, interpretando un professor Bellavista assai convincente nel suo essere sornione, ammiccante, un napoletano alle prese con la destrutturazione dei luoghi comuni sulla napoletanità, mostrandoli ai discepoli ( e al pubblico) nel Bene e nel Male, alternando momenti di poesia ( come il passo in cui descrive le case di Napoli legate l’una all’altra dalle corde tese ) ad altri di crudo realismo ( come il dialogo con il camorrista) e mantenendo in entrambi i registri una leggerezza che consente allo spettatore di “sentire” lo spettacolo. Una leggerezza ( di calviniana memoria verrebbe da dire ) che probabilmente derivava a De Crescenzo dall’approccio filosofico e che Gleijeses utilizza molto bene tra le chiavi di lettura registica.
Ottime prove quelle rese da Marisa Laurito nel ruolo della moglie di Bellavista e da Benedetto Casillo, nel ruolo che interpretò anche nel film. Nunzia Schiano si conferma, ancora una volta, attrice di razza e caratterista notevole nel ruolo di Rachelina e della cliente del bancolotto. La Schiano affronta, per esempio, una scena cult come quella della lavastoviglie e riesce a farne non una mera riproduzione ma una piccola perla. Bravo Gino De Luca nella sua prova poliedrica, interpreta infatti Luigino, il Guappo, il Vigile e l’impiegato del Bancolotto.
Bravo anche Gianluca Ferrato, alle prese con un ingegner Cazzaniga per noi riconducibile ad un fantastico Renato Scarpa cinematografico, che rende il personaggio senza timori reverenziali dando infatti una prova convincente.
Salvatore Misticone si manifesta di volta in volta come il camorrista Core ‘ngrato, il signore del Cavalluccio Rosso ( ricordiamo a tal proposito che Riccardo Pazzaglia oltre ad essere tra gli interpreti fu anche cosceneggiatore del film) e il Cavaliere, riuscendo a conferire ad ogni personaggio tratti di rilievo, cosa niente affatto semplice.
Un lavoro corale, in cui anche Vittorio Ciorcalo, Patrizia Capuano, Elisabetta Mirra, Gregorio de Paola, Agostino Pannone, Ester Gatta e Brunella de Feudis danno un contributo per renderlo una sfida accettata e vinta.
Da martedì 18 dicembre sarà in programma al Teatro Diana di Napoli dove resterà fino al 6 gennaio 2019, per poi approdare al Quirino Vittorio Gassman di Roma (15 gennaio- 6 febbraio) e proseguire in tutta Italia.