Negli spazi della fondazione Made in Cloister incontriamo il curatore Demetrio Paparoni e l’artista tailandese Natee Utarit per una chiacchierata sulla sua prima personale in Italia.
L’artista da sempre affronta il rapporto tra la cultura orientale e quella occidentale, le ripercussioni del colonialismo europeo su paesi asiatici e in particolar modo l’influenza della Gran Bretagna sulla società thailandese e lo fa con i materiali più disparati utilizzando l’iconografia occidentale dove va a inserire elementi di diversa provenienza storica e stilistica.
Invitato dalla fondazione a realizzare un progetto site-specific per il chiostro dopo un paio di viaggi a Napoli, Natee concepisce la mostra Déjà vu lasciandosi ispirare dal quartiere di Porta Capuana e dal vicino museo archeologico che lo porterà a realizzare un grande polittico e un’opera a mosaico dove i piedi del Buddha ci salutano e ci ricordano che in un mondo ipotetico e ideali è passato per la nostra città.
L’artista non cerca più le ragione e le cause di una conquista culturale dell’occidente sull’oriente ma un punto d’incontro tra due mondi non più così differenti nelle sue opere.
Colpito dall’accoglienza della città, dal suo calore e dai suoi forti contrasti tra antico e moderno, realizza una serie di lavori che diminuiscono drasticamente le distanze tra Bangkok e Napoli con l’aiuto degli artigiani locali, maestri della cartapesta e del mosaico.
Immagina un viaggio del Buddha a Napoli dove frammenti di mondi lontani si fondono tra loro. Così al centro del chiostro ritroviamo un’installazione con due sculture in cartapesta dove il Buddha e la copia romana del Doriforo di Policleto s’incontrano simbolicamente come culture che s’intrecciano.
Le due figure, leggere come non mai nonostante portino con sé storie di culture così importanti per lo sviluppo del pensiero, si salutano con la posizione del mudra, un saluto orientale dal significato sacro e spirituale.
Tutto nelle opere non fa che evidenziare i punti di contatto tra oriente e occidente. L’artista gioca con le scritte dei writers che ha ritrovato e fotografato in giro per la città di Napoli riprendendole per scrivere con bombolette spray versetti tratti dal Dhammapada, un canone buddista, come sul grande polittico, sei tele che riportano ricamata l’immagine settecentesca del museo e i versi scritti quasi tono su tono.
“Casa di Buddha” in scala di grigio e l’installazione al centro della sala sono di una leggerezza disarmante. Ritroviamo le stesse scritte in altre opere dorate e preziose come le superfici dei templi e su cartoline riprodotte di Napoli. Dopo tanto camminare per le strade della città, non resta che fermarci come la statua del Buddha nella grande tela dipinta “The riciclino Buddha with Vulcano” a riposo in un regno idealizzato che ricorda Napoli e la Città Ideale, un dipinto del 1400 con il Vesuvio che fa da sfondo e delle colonne che ricordano i templi thailandesi e richiamano il ritmo delle colonne del chiostro della Chiesa di S. Caterina a Formiello, scenario all’esposizione.
La mostra ci accompagnerà fino alla fine di questo 2019 e per tutto il mese di gennaio del 2020. Il lontano Oriente non è mai stato così vicino.
Antonio Conte
Per saperne di più
https://www.madeincloister.com/