Camminano, quelle gambe di donna in gesso. Eppure, malgrado la tenacia dei loro tacchi, in ultimo, si rassegnano alla scaltrezza della realtà, cadendo sotto il tiro incessante dei suoi colpi, crivellate dalla sofferenza. Sono i passi degli anni settanta scolpiti da Marisa Ciardiello che riempiono di memoria la luminosità dello studio ritagliato in un angolo del Vomero. Fanno tornare alla mente le lunghe marce femministe (spesso abbracciate a compromessi familiari e sociali) ma anche la determinazione di chi non si riconosce in movimenti politici, cercando l’autonomia della volontà. Mentre energia e passione artistiche si diffondono nelle sculture intorno, come riflessioni di materia.
I SOGNI IMPOSSIBILI
Il legno di un gigantesco rocchetto arrotola un filo che prova a cucire le nuvole, ovvero sogni che si rivelano impossibili. Il bronzo accenna una figura femminile in declino, alimentata dall’elettricità di una lampadina. La cera insegue la suggestione di un balletto in scena a New York dove acrobati e danzatori travestiti interpretano emozioni infernali, accanto a una ballerina con un braccio accarezzato da un cespuglio di mani, sotto lo sguardo di un direttore in grado di sorvegliare (e contemplare) la scena da una sedia a rotelle.
IL CORPO IN FRAMMENTI
Al centro dell’opera, la persona. Ne restano, a volte, solo brandelli. Intuizione già accennata da un disegno del ’65, poco dopo aver finito il suo tragitto da studentessa di scultura all’Accademia, un uomo che porta una valigia trasparente con frammenti di corpo. Che, con il passar del tempo, si moltiplicano. Così in una idea di cassetto si nasconde un testone che ostenta polvere di poesia su fronte e guancia, eredità di versi firmati Baudelaire, Neruda, Hesse. E una composizione di limoni svela sembianze da seni, materno fuoco della seduzione.
TRACCE DI NAPOLI
Oltre le tracce di umanità, il senso di angoscia per una città sempre sulla soglia della decadenza ecco finale di partita a scacchi, in mostra, nel duemila, nella chiesa di San Severo al Pendino, dove i personaggi della scacchiera reinventano protagonisti della storia di Partenope che non può raccontarsi senza un re e una regina… E quelle larve umane che spuntano su una testa maschile scavata da una scatola ammaccata rievocano il massacro delle bombe in Afghanistan, ma anche l’agonia di Napoli magnetica, odiata e amata, dalla quale separarsi non è possibile.
PASSI DI RAGAZZA
Comincia a ritrarla da ragazzina, oltre le cupole dal ponte della Sanità o tra i tesori del Museo archeologico, su grandi fogli di carta, con gessetti e pastelli regalati da zio Carlo, fratello di papà, intellettuale comunista che crede nel suo talento e la indirizza verso il liceo artistico, ancora nel palazzo della accademia (tra via Bellini e via Costantinopoli) dove frequenti saranno le sue incursioni alla cattedra di scultura, osservando chi la insegna e chi l’apprende.
La mente estesa del mondo interiore le offre spazi da decifrare. Oltre la forma, l’enigma dei pensieri. L’urgenza d’immergersi nelle pieghe di un quotidiano sorretto da dolore, contrasti, contraddizioni scavalca l’eleganza accademica della decorazione e le sollecita libertà creativa, sussurrandole oggetti di sentimenti. Non è per caso che una pentola arrugginita su un terrazzino del rifugio di Massa Lubrense si riempia di disperazione con quelle lamine trasformate in mani disperate, protese verso un’impossibile via d’uscita. Le mani. Si adagiano pure su un’ipotesi di tavolo. Inesistente, vuoto, tuttavia ben presente per sostenere espressioni diverse le dita impongono, chiedono, indicano, si sottomettono…
RISORSE INFINITE
Fuggiasche, le risorse della vita si assiepano, nervose e inquietanti, nelle fasce muscolari disegnate prima di un recente intervento alla rotula. O nel busto maschile dalle braccia mutilate che, con la schiena reclinata in avanti, sembra impegnato nella corsa verso l’ignoto, recando sulla schiena nuda ceri simbolici del rituale umano, in cerca di scampo all’affanno del vivere. Capita, però, di ritrovarle nella trincea di sagome in alluminio svuotate di contenute e orgogliose solo d’apparire. E di scoprirle, sempre, nel silenzioso vigore/rigore di Marisa. Artista, madre, compagna.
L’ARTISTA
Napoletana, si diploma in scultura agli inizi degli anni sessanta (Accademia di belle arti di Napoli, allieva di Emilio Greco). Tra i riconoscimenti Premio Lions per il disegno 1962 e Premio Gemito 1963. Le ultime mostre “Copper”, personale di monili al museo mineralogico campano di Vico Equense (2007), “Primitivismo litico” alla Biblioteca nazionale, Palazzo reale di Napoli(2008), “Certezza di ambiguit “, alla galleria d’arte spazio corrosivo, Marcianise (Caserta, 2009)
Nella foto in alto, l’artista ritratta da Nando Calabrese e, al centro, la sua scultura intitolata “Gli amanti”