I problemi dello sviluppo diseguale del Mezzogiorno e le relative azioni adottate sono stati, nel corso dei decenni e con esiti alterni, al centro del dibattito politico ed economico.
Il proposito di colmare il divario tra le due Italie ha costituito il fulcro della cosiddetta politica degli interventi straordinari, avviata nel dopoguerra attraverso lo strumento della Cassa per il Mezzogiorno.
POLI DI SVILUPPO
Sulla base del presupposto dominante nella letteratura economica classica che imputava il ritardo economico all’assenza dei prerequisiti della crescita, si realizza una prima fase di interventi finalizzati alla creazione di adeguate infrastrutture ( strade, ponti, bonifiche, acquedotti, ferrovie), premessa per il decollo di un processo di industrializzazione, che avr poi avvio sul finire dagli anni ’50 e nei primi anni ’60, ma con una caratteristica ben precisa promuovere un intenso sviluppo industriale e agricolo concentrandolo semplicemente in alcune zone individuate come “poli di sviluppo”.
Quelle scelte di politica economica adottate per porre rimedio all'”arretratezza” economica delle regioni meridionali, attraverso una fase di accelerata industrializzazione regolata dall’intervento statale, si dimostreranno largamente incapaci di superare il differenziale di sviluppo, aprendo addirittura la strada a un ulteriore approfondimento delle distanze socio-economiche all’interno dello stesso Mezzogiorno.
Non è compito di queste brevi note seguire l’evoluzione del dibattito sviluppatosi intorno al binomio sviluppo/sottosviluppo, approfondire le modalit , le incongruenze, i ritardi dell’azione realizzatasi nel corso di qualche decennio. sufficiente qui registrare che il fiume di denaro riversatosi nel Mezzogiorno nel corso degli anni ha lasciato aperto il problema. significativo ricordare un solo dato il tasso di occupazione nel Sud che era, nel 1951, all’81% del Centro-Nord, subiva, paradossalmente, un regresso nel tempo per giungere dopo quasi un sessantennio, nel 2009, al 68,9%.
CRSI DEL MODELLO INDUSTRIALE
L’affermarsi della globalizzazione segna una svolta negli scenari economici a tutti i livelli. La libera circolazione dei capitali si accompagna a una politica di deregulation. Lo Stato, secondo il paradigma liberista, cede il passo nel ruolo di agente primario dell’economia. Le politiche neoliberiste, infatti, si affidano a un nuovo moloch, il mercato, che, secondo l’assunto smithiano della mano invisibile, si erge a supremo regolatore delle scelte economiche.
In Italia la crisi del modello industriale di tipo fordista, basato su alta intensit di lavoro e bassa tecnologia, prende le forme di un’accentuata smobilitazione e riduzione della base produttiva soprattutto in quei settori (informatica, elettromeccanica, chimica) che erano stati tra quelli di punta del comparto industriale del Paese, provocando, sia detto per inciso, anche un progressivo ridimensionamento del ruolo e della forza del movimento operaio.
MERIDIONALIZZAZIONE DEL NORD
L’imporsi, inoltre, di un massiccio fenomeno migratorio, che interesser in modo crescente il nostro Paese, le condizioni e i modelli di vita indotti anche dalle nuove dinamiche nel rapporto centro-periferia contribuiranno al determinarsi nelle aree più ricche del Paese di condizioni e fenomeni che, per lungo tempo, erano stati tratti caratteristici del Mezzogiorno. Si evidenzia un nuovo fenomeno la “meridionalizzazione” del Nord.
In questa cornice e sulla scia della teorie sventolate dalla Lega Nord nell’ultimo quindicennio, si è diffusa l’idea, che ha fatto breccia anche in molti meridionali, che il Sud, nonostante le colossali risorse ivi trasferite, rappresenterebbe un ostacolo permanente allo sviluppo del Paese, essendo fonte di enormi sprechi. Una politica bollata come puro assistenzialismo avrebbe indotto, tra l’altro, sia l’imprenditoria sia le stesse popolazioni a contare solo sugli aiuti dello Stato, condannando la societ meridionale a una perenne incapacit di contare sulle proprie forze per creare nuove e migliori condizioni di vita. Il Sud, dunque, come modello di una “societ abortiva”, che impedirebbe alle zone economicamente meglio attrezzate del Paese di affrontare e vincere la sfida della crescita nel mondo globalizzato.
Su queste idee, la Lega ha costruito in questi anni il proprio consenso attraverso la bandiera del federalismo che assumeva più i caratteri di una chiusura egoistica fino a diventare l’idea di una vera e propria recessione. La convinzione di un Nord pronto a riprendere la via della crescita appena libero dalla zavorra costituita dal Sud non trova, però, conferma nei dati presentati dalla Svimez nel suo ultimo Rapporto. In essi, infatti, si evidenzia che, anche prima degli ultimissimi anni dominati dalla crisi finanziaria internazionale, parametri come prodotto pro capite e produttivit del lavoro presentano un andamento decrescente nelle regioni del Nord come in quelle del Sud.
I dati contenuti nel Rapporto evidenziano, inoltre, una grave crisi occup 6 è« « o è á « s pt B L libri n e B link B B d d B d d « B pG B B «7 B e « B E B B èMODE B H l è NO è B B» OJ B e
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èî B B ï è B ï B î B î ïè è B ï«è B ï B è BáØ ïî B x îè B ï B èè B è î B ea B B azionale, dovuta alla scarsit di investimenti, abbattutasi sulle regioni meridionali dove, infatti, la disoccupazione giovanile, in particolare tra i 15 e i 24 anni, risulta essere il doppio che al Nord. La crisi finanziaria partita nel 2008, poi, ha ridotto ulteriormente il ruolo e la forza dell’economia meridionale con una perdita del 60% sul totale dei posti di lavoro persi nel Paese, bench solo meno di un terzo dell’occupazione nazionale sia concentrato nel Sud.
Ormai le quasi uniche risorse destinate al Sud sono quelle provenienti dai Fondi Europei che hanno il limite di essere concessi su progetti di massima, proposti dallesingole Regioni senza essere finalizzati a un organico piano di sviluppo e che le stesse Regioni sono incapaci di utilizzare proficuamente tanto che dei 47 miliardi del Programma 2007-2013 risultano spesi, al 2011, poco più del 10%.
TSUNAMI DEMOGRAFICO
Va aggiunto che i dati contenuti nell’ultimo Rapporto Svimez, sono ulteriormente allarmanti per il Sud è previsto un significativo decremento della popolazione complessiva. Si parla di “tsunami demografico” che, in assenza di adeguate politiche sociali di sostegno determinano un esodo sempre più preoccupante di giovani anche di quelli con maggiore qualificazione.
Utilizzando lo schema di Manlio Rossi Doria dell’osso e della polpa, che era stato alla base dell’intervento straordinario per Poli di sviluppo, potremmo amaramente concludere che, di questo passo, tutto il Mezzogiorno, dove sempre più si allargano le sacche di povert , si ridurr a osso.
Se sul piano economico e sociale, il Paese intero sembra quindi avviato a un lento declino, la risposta non può che ripartire dalla lezione dei grandi meridionalisti per i quali la risoluzione dei problemi del Mezzogiorno costituiva il perno del processo di crescita unitario del Paese.
Ma nel mondo globalizzato i processi di interdipendenza si rafforzano e nessuna area economica, dunque anche il Sud, potr competere sul mercato internazionale affidandosi al basso costo dei salari e su prodotti a basso contenuto tecnologico.
innanzitutto fondamentale uno sforzo per avviare una politica di rilancio e di messa in valore delle potenzialit dell’area meridionale in una dimensione europea, anche perch le decisioni avvengono sempre di più a livello sovranazionale e velleitarie appaiono le politiche protezionistiche. Se il Sud può costituire un formidabile volano per la crescita dell’economia nazionale, allora bisogner individuare nuove strade anche puntando ad attirare anche nel Mezzogiorno capitali stranieri che possono allargare la base produttiva.
Se da più parti si è sostenuto che il futuro sar basato sulla crescita del settore dei servizi piuttosto che sull’industria, non ci sembra, però, che la tanto decantata vocazione turistica del Sud possa essere, da sola, una strada per il definitivo sviluppo delle nostre regioni meridionali.
NUOVE GENERAZIONI COME RISORSA
Le ricette indicate per far ripartire il Mezzogiorno sono diverse fiscalit di vantaggio e/o creazione di una zona franca, energie alternative, valorizzazione del ruolo di centro naturale del traffico marittimo.
Pensiamo al riguardo che sia fondamentale individuare e adottare politiche che possano valorizzare il capitale umano, migliorare le condizioni sociali, puntando innanzitutto sulle nuove generazioni attraverso investimenti nella ricerca e nell’istruzione, penalizzate in questi anni dalle sciagurate politiche adottate dai governi della destra.
Premessa indispensabile per far ciò è anche un’altra grande battaglia civile, culturale e politica, che qui accenniamo soltanto lo smantellamento di quelle zone grigie, intreccio e commistione tra criminalit organizzata e comitati politico-affaristici che è stata una costante che ha accompagnato in tutti questi anni la vita delle regioni meridionali e da cui oggi non sembrano ormai immuni neanche diverse zone del Centro-Nord.
Questa sar la prima sfida che una vera forza riformatrice dovr affrontare se vorr porsi consapevolmente e coerentemente alla guida di un’azione di ripresa e di crescita che unisca le varie zone del Paese in un progetto di sviluppo europeo.
Nella foto in alto, Napoli vista da Daniela Trabucco