Museo del tesoro di San Gennaro/ “Per Grazia Ricevuta”: 120 visioni contemporanee dell’ex voto

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A Napoli, il Museo del Tesoro di San Gennaro fino al 30 settembre accoglie la mostra “Per Grazia Ricevuta. Visioni contemporanee dell’Ex Voto”, un itinerario di 120 artisti sul tema votivo attraverso i linguaggi della contemporaneità. L’esposizione è curata da Alberto Mattia Martini e prodotta da D’Uva, la mostra. Carmine Negro l’ha visitata e ci propone un excursus in due parti, di seguito, la prima.

Nelle foto di Carmine Negro, il museo, la mitra e il curatore della mostra


Quando da piccolo con mia madre ho visitato alcuni santuari campani sono rimasto colpito da alcuni spazi narrativi dove gli oggetti raccontano e diventano storie. Si tratta di pareti tappezzate da tavolette dipinte, da una moltitudine di manufatti d’argento, che riproducono cuore, braccia, gambe e altri organi interni, da oggetti personali legati a matrimoni, battesimi e cresime, da preziosi monili in oro, come anelli, catenine, bracciali dove ancora si possono cogliere i segni di chi li ha indossati. Le storie ritratte da quegli oggetti hanno la capacità di rapire perché sono cariche di memorie e attraversate dal mistero. Con il tempo ho realizzato che la memoria è raffigurata da quanto riportato su ognuno: la data, il nome dell’offerente e il luogo di provenienza mentre il mistero è rappresentato dal desiderio dell’uomo: riflettere sulla relazione con il divino e ricercare un significato più profondo nella vita.
Il termine ex-voto deriva dall’espressione latina ex voto suscepto, che significa a seguito di un voto fatto o per promessa fatta. È un’abbreviazione che indica un oggetto o una donazione offerti in segno di gratitudine per una grazia ricevuta o per un desiderio esaudito e affonda le sue radici nella storia più antica dell’umanità.
Le prime testimonianze risalgono addirittura al Paleolitico come testimoniato dalle grottedu Peche-Merle situate nella regione dei Pirenei della Francia sud-occidentale: si tratta di disegni rupestri, impronte di mani e piedi, figure di animali, quali mammut, cavalli e bisonti, realizzati oltre 20.000 anni fa da antichi Homo sapiens. Pratiche votive sono documentate in Mesopotamia, Egitto, Grecia e Roma, dove si diffondono le prime tavolette dipinte, precorritrici di quelle cristiane.
Gli scavi archeologici di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, hanno consentito il ritrovamento di un grande deposito di statue in bronzo e reperti di età etrusca e romana, databili tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C.: un’epoca di transizione tra l’Etruria e l’Impero Romano. I reperti raccontano pratiche sacre antiche, offerte votive, pellegrinaggi, devozioni e azioni di culto.
I risultati degli scavi sono stati esposti in una mostra sui bronzi di San Casciano dei bagni realizzata a Napoli nella sede del Museo Archeologico Nazionale dal 16 febbraio al 30 giugno 2024. Il ritrovamento, al di sotto del tempio romano di una precedente struttura di età etrusca, ha rivelato un microcosmo di incontri tra identità diverse, unite dalla fragilità umana e dal rispetto per l’intelligenza e la spiritualità di ciascuno[1].
Nel 1526, Napoli è stata colpita da una grave epidemia di peste, durata anni, che ha causato altissima mortalità e diffusa povertà. A questa pestilenza si sono aggiunti  terremoti ed eruzioni del Vesuvio, rendendo il 1526 uno degli anni più difficili per la città.
In tale contesto nasce il Patto tra San Gennaro e i napoletani. All’epoca Napoli è divisa in sei Sedili, 5 nobili: Porto, Nido, Montagna, Capuano e Portanova e una del Popolo. Queste istituzioni, nate per scopi amministrativi, decidono di chiedere aiuto e protezione a San Gennaro, uno dei 56 Santi Patroni della città. Il 13 gennaio del 1527 due rappresentanti per ciascuno dei Sedili si riuniscono attorno all’altare maggiore del Duomo e redigono un Patto con pubblico istrumento rogato da notar Vincenzo de Bossis: Napoli promette di erigere una magnifica cappella in onore del Santo in cambio della sua eterna protezione I presenti ritengono che San Gennaro sia presente fisicamente attraverso le sue reliquie.
È una giovane donna, Eusebia, che il 19 settembre del 305 d.C. a Pozzuoli, nel luogo della decapitazione, raccoglie il sangue del Vescovo Gennaro in due ampolle. Il re Roberto d’Angiò, sovrano del Regno di Napoli dal 1287 al 1343 ha poi fatto incastonare  le ampolle in una teca preziosa in argento dorato, usata ancora oggi nelle esposizioni pubbliche.
Le reliquie del Santo sono famose perché per tre volte l’anno: il 19 settembre, il 16 dicembre ed il sabato che precede la prima domenica di maggio, il sangue custodito nelle due ampolle si scioglie. In particolare nella solenne cerimonia religiosa del 19 settembre, i fedeli si riuniscono nel Duomo per assistere al miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro. Il passaggio dallo stato solido a quello liquido è considerato indicatore di buoni auspici per la città; al contrario, la mancata liquefazione è vista invece come presagio di eventi fortemente negativi e drammatici. San Gennaro celebre in tutto il mondo per questo miracolo, rappresenta il cuore pulsante della religiosità napoletana.
La Cappella, attraverso settecento anni di donazioni di papi, imperatori, re ma anche di semplici fedeli, ha accumulato un patrimonio di inestimabile valore. Il Tesoro di San Gennaro è un viaggio nel tempo: dalla Collana di San Gennaro, in oro, argento e pietre preziose, realizzata da Michele Dato nel 1679, che si è arricchita nel corso dei secoli di altri gioielli di diversa fattura, datazione e provenienza alla Mitra, in argento dorato, 3326 diamanti, 164 rubini, 198 smeraldi e 2 granati, creata da Matteo Treglia nel 1713.  
Con oltre 21.000 opere tra gioielli e preziosi, il Tesoro di San Gennaro è uno dei patrimoni più importanti al mondo. A differenza di altri tesori dinastici o ecclesiastici, si è mantenuto integro fin dalla sua origine grazie a un continuo processo di acquisizione e ampliamento.
Non appartiene né allo Stato né alla Chiesa, ma al Popolo di Napoli, rappresentato dalla Deputazione della Real Cappella, in virtù di un contratto stipulato circa cinquecento anni fa.
La mostra Per Grazia Ricevuta. Visioni contemporanee dell’ex voto a cura di Alberto Mattia Martini, dopo il successo riscosso a Milano, non poteva avere sede migliore per proseguire il suo percorso nella città partenopea, arricchita per l’occasione di nuove e importanti opere.
Dietro a ogni ex voto c’è una storia, un’esperienza, un desiderio o un ringraziamento, scrive il curatore Martini nel catalogo, che gli artisti hanno esplorato, affrontando concetti come gratitudine, protezione, miracolo e sopravvivenza in dialogo con un mondo sempre più complesso ed articolato[2].
Il luogo di questa esposizione è la Cappella del Santo fatta erigere dalle istituzioni dell’epoca per ottenere come grazia la protezione della città in saecula saeculorum, per i secoli dei secoli con un ex voto definito dedicatorio. I presenti ritengono che San Gennaro è fisicamente presente grazie alla presenza delle sue reliquie. (1.continua)
©Riproduzione riservata
NOTE

[1] https://www.ilmondodisuk.com/mostra-al-mann-i-bronzi-di-san-casciano-dei-bagni-una-ricerca-che-indaga-sulle-radici-della-comunita-fino-al-30-giugno/

[2] Alberto Mattia Martini Per Grazia ricevuta Catalogo Mostra Edizione D’Uva Firenze 2025 pag.10

L’INTERVISTA AL CURATORE
Alberto Mattia Martini:  ‭«L’arte è quella esperienza umana che rende tangibile l’intangibile e materiale l’immateriale»

Alberto Mattia Martini, critico d’arte e curatore della Mostra  risponde ad alcune nostre domande durante la presentazione venerdì 11 aprile 2025 alla stampa dell’esposizione Per Grazia Ricevuta.
Nel suo intervento ha parlato dell’arte come forma del tempo può chiarircelo meglio.
Perché l’arte è quella esperienza umana che rende tangibile l’intangibile, e materiale l’immateriale. Immaginate che mondo sarebbe senza le arti: senza musica, senza poesia, senza letteratura, senza arte visiva e, in seguito, senza fotografia e cinema.
Stiamo parlando di risorse immateriali.
Certo sono risorse immateriali che però, grazie all’artista, alla sua sensibilità, e al suo pensiero, diventano concrete e fruibili. Senza l’arte il nostro pianeta sarebbe tristissimo: un mondo senza immaginazione e senza sensibilità. Questa mostra vuole portarci anche in questa direzione, dove gli ex voto diventano simbolo del rapporto della sensibilità dell’artista e sé stesso. Quando crea l’artista realizza già un ex voto, instaurando allo stesso tempo un dialogo con un’altra entità superiore che ci spinge a immaginare un mondo diverso, forse migliore. Come diceva Pasolini non bisogna pensare solo alle cose concrete, materiali, al consumismo che sta rovinando un po’ le nostre società, ma occorre anche sviluppare uno spirito più sensibile, come suggerisce Klein, capace di portarci in un’altra dimensione spirituale. Paradossalmente, come dicevo prima, questa mostra è anche una riflessione sul vuoto perché l’opera d’arte non è soltanto qualcosa di materiale, ma contiene già, in sé, lo spirito dell’uomo. E questo, secondo me, è molto bello.
Quando ha ripensato questa mostra per Napoli, un tema molto vicino all’anima partenopea come ha impostato il suo lavoro?
Ho interessato molti artisti. Poiché erano 120, il lavoro è stato davvero complesso. A tutti ho chiesto una loro riflessione su questo tema e sulla visione contemporanea dell’ex voto, che accompagna la storia dell’umanità fin dalle sue origini. Attraverso questa richiesta, volevo ottenere un’interpretazione autentica e attuale di un concetto che è sempre stato universale.

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