Direttamente dal Duomo di Siracusa arriva a Napoli nel complesso monumentale di Donnaregina il “San Zosimo” (foto) dell’artista siciliano Antonello da Messina, per la prima volta esposto fuori dai confini isolani grazie al prestito dall’Arcidiocesi siracusana. Un’occasione unica per conoscere la splendida opera giovanile di uno degli esponenti principali della pittura meridionale quattrocentesca.
L’allestimento mette in luce l’accuratezza dei dettagli e la luminosità del fondo oro, tipica quinta per le figure sacre dell’epoca, nonché la resa volumetrica e spaziale del corpo che sembra uscire fuori dalla tavola, leggermente messo di tre quarti con il bastone pastorale che disegna una linea impercettibilmente obliqua.
La storia di Zosimo lo vede come un giovane monaco che ebbe l’unico compito di stare a guardia della tomba di Santa Lucia a Siracusa, perché ritenuto poco adatto per mansioni più impegnative. Ma grazie alla lungimiranza del Vescovo, fu designato Abate del monastero dimostrando la sua saggezza e la sua umiltà al punto da diventare poi Vescovo stesso della diocesi.
Ma San Zosimo non è solo. Accanto, infatti, è esposta la grande “Deposizione dalla croce” (foto in basso) del suo maestro Colantonio (prestata dal Museo di Capodimonte), di ispirazione fiamminga.
Della vita del pittore messinese non si sa molto. Venne a Napoli per la sua formazione apprendendo la minuziosità dei fiamminghi e il naturalismo della pittura provenzale, ma non sappiamo se studiò anche nella sua terra. Inoltre le sue opere conosciute risalgono tutte a dopo il 1460 ma, essendo nato nel 1430, c’è dunque un vuoto di 30 anni di cui si sa pochissimo. Sicuramente andare a bottega da Colantonio segnò definitivamente il suo stile, un maestro che lasciò le sue opere in alcune delle maggiori chiese di Napoli e in cui si possono riconoscere alcuni tratti anche dello stesso Antonello. Niccolò Antonio definito uno dei più grandi copisti del suo tempo ma la cui fama fu oscurata proprio dal suo allievo.
Spazio, luce, centralità umana. Questi i temi per sviluppare il dialogo tra gli esponenti rinascimentali e l’arte contemporanea di Ettore Spalletti (foto sotto), che a Donnaregina completa l’esposizione con un’opera del 2011, un dittico di colore rosa su tavola, gentilmente prestato dalla collezionista Lia Rumma.
Secondo l’impostazione del connubio creato, il filo conduttore è l’idea della spazialità e dell’aura come elementi decontestualizzati dall’arte antica e resi astratti. Non c’è profondità, se non quella accennata dalla cornice in foglia oro, non subito percepita. L’opera è come sospesa, minimale e vuole rimandare alla dimensione spirituale. Ettore Spalletti è noto in tutto il mondo sin dagli anni ‘70 per le sue cromie stratificate, i suoi volumi, i suoi spazi rigorosi e precisi che accolgono il pubblico e lo mettono al centro.
La condivisione di spazi espositivi tra antico e contemporaneo è qualcosa che viene sperimentato già da parecchio, soprattutto quando lo spazio in questione è un monumento-gioiello. E spesso sono raffronti sani e ben riusciti, quando non si tratta di “riempire” i vuoti e basta (vedi, purtroppo, la mostra di Bill Viola recentemente a Napoli). A Donnaregina la luce la fa sicuramente da padrona e la ricerca del colore accomuna i tre artisti così distanti nel tempo, anche se forse l’incisività della proposta vacilla al cospetto dell’unicità della maestria di un’opera come il San Zosimo, che anche da sola valrebbe sicuramente l’esposizione.
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Mostra aperta fino al 15 febbraio 2023
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