Appena pubblicata, la novità firmata dallo scrittore partenopeo Massimiliano Canzanella, con una bella copertina dell’artista Tonia Erbino, che sottolinea: «l’arte è insita nella mia natura: non c’è niente di più naturale per me che dipingere».
Il libro è scritto in napoletano con il titolo “Nun me dìcere niente“, ma c’è anche la versione inglese You don’t say che si può acquistare su Amazon.
È una scelta coerente con tutta l’esperienza di Massimiliano, da anni impegnato nella diffusione del bilinguismo nelle scuole (lingua italiana e napoletana) affinché finalmente sia abbattuta quella barriera del cosiddetto parlare bene, e i bambini, che a casa hanno la possibilità di praticare solo il dialetto, non siano più emarginati come diversi, incapaci di esprimersi correttamente. E anche perché sia tutelato il dna di una città che ai tempi del Regno comunicava solo in napoletano, persino nella politica internazionale.
Canzanella, classe 1972, è docente di lettere, trasferitosi a Glasgow (in Scozia) per amore, dove vive e lavora da diversi anni e dove, all’Università, ha creato per i suoi studenti un corso dedicato alla lingua di Eduardo De Filippo.
Il nuovo libro arriva dopo “L’ia vulè”, il suo primo romanzo del 2018, scritto interamente in partenopeo, nel quale descrive proprio la felicità attraverso il linguaggio.
You don’t say narra la vicenda di tre figlie che cercano di proteggere la loro anziana madre, Giuseppina dalla verità. Ascoltando la tragica morte del loro fratello minore Luigi, ucciso in battaglia dopo essere stato colpito da una granata, Vincenza, Patrizia ed Emilia convincono uno dei suoi compagni a confermare la loro versione inventata dei fatti: con piccole ferite da schegge, Luigi si sta sottoponendo a test medici di routine in una clinica militare a cinque stelle.
Il compagno di Luigi, Nunzio sostiene la fragile madre durante la sua malinconica veglia per il figlio morto. Come ricorda Giuseppina, lei è tormentata da rimpianti oppressivi – specialmente per il suo matrimonio, che rivede attraverso le lotte di una madre single dall’altra parte della strada, signora Consiglia. Ma nei racconti di Nunzio, Luigi diventa un personaggio altruista e impavido, ammirato e amato dalla madre morente. Uno stile visionario che segue il filo del racconto.
L’azione si svolge in un futuro distopico dove a Napoli il potere e il crimine si sono fusi nel pervasivo Ministero della Camorra, con un maggiore impatto drammatico sull’identità, i comportamenti e i destini dei personaggi.
You don’t say è già diventato un successo. Ne parliamo con l’autore.
Dov’è ambientato il romanzo?
«Nel quartiere Sanità (Rione Sanità), nel centro di Napoli».
Perché hai scelto questo posto?
«È una zona storica di Napoli, un tempo caratteristica e pulsante, e potrebbe mostrare in modo più efficace i rapidi effetti della globalizzazione sulle comunità locali più vulnerabili e sui loro singoli individui, nonché sulla società in generale. Nella storia, il perenne stato di guerra (metafora della precarietà che colpisce la vita dei giovani), la messa al bando del corteo dopo un funerale per evitare il diffondersi di sentimenti negativi come il dolore, il divieto delle fotografie (comprese quelle dei morti), sono tutti volti a rappresentare l’enorme rischio di vedere una comunità, come quella della Sanità perdere il suo vero volto e la sua identità, riducendosi così a un quartiere anonimo e senza volto. Una zona popolosa della città che può essere più facilmente controllata e sfruttata da una spietata politica dall’alto (la “politica dall’alto” che relega l’elettorato al ruolo devastante di spettatore complice), che nella storia è incarnata dal Ministero della Camorra».
Che cosa ti ha ispirato?
«Ricordo di aver letto “The seated women of Çatalhöyük” (due paffute figurine di donna rinvenute nell’insediamento neolitico di Çatalhöyük in Turchia, risalente a 9.000 anni fa). La donna seduta di Çatalhöyük è un’argilla cotta. Generalmente si ritiene rappresenti una corpulenta e fertile Dea Madre nel processo di parto mentre è seduta sul suo trono) e ho trovato assolutamente avvincente la storia della loro società egualitaria basata sulla giustizia sociale. Queste donne anziane occupavano uno status elevato e alcuni dicono che erano anche venerate e adorate come dee; dee che custodivano la “verità” in loro. Pertanto, Giuseppina Lopez rappresenta il declino delle donne in una società in cui il racconto patriarcale dell’ingiustizia si afferma attraverso la paura, la violenza e il rifiuto, compreso il rifiuto della morte come mezzo di autoconservazione e controllo».
Cosa vorresti dire ai lettori?
«Beh… – con un pizzico di ironia – Stai davvero pensando che io possa avere più di un solo lettore?».
Insomma, per saperne di più, leggetelo…
SCHEDA E INTERVISTA IN INGLESE
“Three daughters try to protect their elderly mother, Giuseppina, from the mortal shock of truth. Hearing of the tragic demise of their younger brother Luigi, killed in battle after being blasted by a grenade, his three sisters Vincenza, Patrizia and Emilia persuade one of his comrades to corroborate their fabricated version of events: with minor shrapnel wounds, Luigi is undergoing routine medical tests in a five-star military clinic. Luigi’s comrade Nunzio supports the frail mother during her forlorn vigil for her dead son. As Giuseppina reminisces, she is tormented by oppressive regrets – especially for her marriage, which she revisits through the struggles of a single mother from across the street, signora Consiglia. But in Nunzio’s tales Luigi becomes an altruistic and fearless character, admired and loved by his dying mother”.
The story takes place in a dystopian future where in Naples power and crime have merged into the pervasive Ministry of Camorra, thus having a further dramatic impact on the characters’ identities, behaviours, and fates.
“You don’t say”. A tale of tales, published on April 30th, 2020. It is already a success.
Let’s talk with the author.
Where does the story take place?
«The story is set in the Sanità district (Rione Sanità), in the city centre of Naples».
Why did you choose that place?
«As to the reasons for this choice, I would mainly say that this once distinctive and pulsating historic area of Naples could more effectively show the rapid effects of globalisation on the most vulnerable local communities and their individuals, as well as the wider society. In the story, the perennial state of war (a metaphor of the precariousness affecting the lives of the young people), the ban on the cortège after a funeral to prevent the spreading of “negative feelings” such as grief, the ban on the photographs (including those of the dead), are all aimed at portraying the huge risk of seeing a community, a Gemeinschaft such as the Sanità lose its true face and identity, thus being reduced to a faceless and anonymous quarter; merely a populous area of the city that can be more easily controlled and exploited by ruthless top down politics (the “politica dall’alto” that relegates the electorate to the devastating role of complicit spectator), which in the story is embodied by the Ministry of Camorra».
What inspired you in writing such a peculiar story?
«I remember reading about “The seated women of Çatalhöyük” (two plump women figurines unearthed in the 9,000-year-old Neolithic settlement of Çatalhöyük in Turkey) and I found the story of their egalitarian and social justice-based society absolutely compelling. These elderly women occupied a high status, and some say they were also revered and worshipped as goddesses; goddesses who held the “truth” in them. Hence Giuseppina Lopez represents the decline of women in a society where the patriarchal narrative of injustice is asserted through fear, violence, and denial, including the denial of death as a means of self-preservation and control».
What would you like to say to the readers?
«To my readers I would say… – with a hint of humour – Are you really suggesting that I may have even more than one reader?».
I mean, to find out more, read it!
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