Otto magnifici racconti compongono la raccolta “Napoli appesa a un filo” (Iemme edizioni, pg. 125, euro 12,90, in foto la copertina) dello scrittore Francesco Costa, e inaugurano la collana diretta da Nando Vitali “Pantone/Neon 808”.
Otto racconti fulminanti caratterizzati dalla sempre elegante e densa scrittura del napoletano Francesco Costa, scrittore e sceneggiatore cinematografico consolidato nel panorama nazionale (con la sceneggiatura del film “L’altra donna”, regia di Peter Del Monte ha conquistato nel 1980 il Premio Speciale della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia). Alcuni suoi romanzi come “La Volpe a tre zampe” (Rizzoli BUR), “L’imbroglio nel lenzuolo” (Salani), sono stati trasposti per il cinema, rispettivamente con la regia di Sandro Dionisio e Alfonso Arau; per “L’imbroglio nel lenzuolo” la protagonista è stata Maria Grazia Cucinotta, insieme a Geraldine Chaplin e Anne Parillaud. I suoi romanzi, tutti ambientati a Napoli e in particolare nei Campi Flegrei, sono caratterizzati da una scrittura elegante ma nello stesso tempo concitata e immaginifica e sono tradotti in Germania, Spagna, Grecia, Giappone. In primavera uscir  un nuovo romanzo per la casa editrice Bompiani.

Francesco Costa può dirsi, dunque, scrittore poliedrico,
egli ha attraversato diversi ambiti di scrittura, dalla critica cinematografica al romanzo, dalle sceneggiature cinematografiche ai romanzi e racconti per ragazzi, sempre con grande fascinazione narrativa, oggi questa nuova pubblicazione che dedica alla forma del racconto a cui non è nuovo, poich è la stessa forma che ha caratterizzato i suoi esordi nella narrativa.

I racconti di “Napoli appesa a un filo” sono particolarissimi per molti versi
i protagonisti hanno tutti lo stesso cognome Amoroso (inteso probabilmente come un atto d’amore verso Napoli). Scrive Francesco Costa «I protagonisti di questi racconti si chiamano Amoroso, portano tutti lo stesso cognome, perch qualunque sia l’et  di un napoletano, nella sua vita è l’amore a farla da padrone».

Questi personaggi, in varie forme e modalit , sono letteralmente o metaforicamente sospesi in aria a un immaginario filo.
Chi è appeso a testa in giù a causa di finzione teatrale, chi in bilico su un cornicione, chi rinchiuso in una ascensore bloccata e ferma a mezz’aria, chi immagina di essere tra le braccia del suo angelo custode sorvolando Napoli di notte o, ancora, è una ragazzina imberbe e complessata che vuole lanciarsi dal balcone o, più semplicemente, ha un tacco rotto ed è costretta a camminare “sospesa” su un solo piede, oppure è un camorrista che sar  impiccato dal suo lacchè la metafora è di grande impatto sociale e letterario.
Ognuno di questi “Amoroso” (uomini e donne) è in uno stato di sospensione a raccontare in prima persona la propria esistenza, colta nel momento contingente, mentre intorno e al di sotto brulica una citt  bella e dannata, sovrastata da un vulcano immanente e forse terrificante, piena di contraddizioni e fascini, affollata di altri personaggi che fanno da sfondo e nello stesso tempo ne sono cornice, ed essa stessa magmatica protagonista.
Narrati con una voce in prima persona, si diceva, tutti i racconti, pur profondamente diversi, sono stretti l’uno all’altro da questo file rouge metaforico, quasi una partitura unica, una suite musicale che li abbraccia e li fa muovere sul palcoscenico della vita con, a nostro avviso, una possente cifra teatrale. Poich questo monologare in prima persona con un immaginario e/o sottinteso pubblico che ascolta attento e osserva, come in una platea teatrale, le evoluzioni vitali di questi personaggi, dona a loro stessi, alle loro storie, quel grande senso di finzione che riflette e racconta la vita stessa, e in ciò consiste la grande parabola del teatro. Ma Francesco Costa non si ferma a questo, con i racconti contenuti nella raccolta dimostra di essere profondo conoscitore degli “umani” dei loro pregi e dei loro difetti più intimi, che tratteggia con ironia feroce e comicit  sottesa.
Egli infonde un soffio di vita vera nei suoi personaggi, talvolta turpe, talaltra negletta, oppure struggente ma sempre guardata con occhio reale, anche cinico o crudele, come può essere, appunto, la vita. Le storie che racconta, con vera maestria e con quella “esperienza” e “sintesi” di scrittura che le rende simili a un carillon preciso e senza sbavature, pur avendo uno straordinario cot surreale, a tratti onirico, sono permeate dalla irridente molla dell’ironia, appunto. Ma s’intuisce anche che lo scrittore li ama questi uomini e queste donne, in fondo pieni di errori come tutti gli umani, sospesi al pari degli equilibristi sul crinale dell’esistenza, con un piede sulla terra e uno quasi nell’aldil , li coccola nel cesello dei loro pregi e difetti, li assolve nel donargli una flebile speranza nel futuro o un generoso oblio di s e infine li tratta con una grande pietas.
Personaggi, esseri umani, in attesa di un improbabile “Godot” che venga a salvarli, che recida il filo della sospensione e l            6     i riporti con i piedi per terra. Storie raccontate con la mano felice dello scrittore di razza che hanno una grande forza visiva si fanno leggere tutto d’un fiato.

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